NordEst

Tripoli, Milizia spara sulla folla (DIRETTA)

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Spari sulla folla (Adnkronos) – L’aeroporto internazionale di Maatiqa, nella capitale libica, è caduto nelle mani dei manifestanti. Le forze fedeli a Gheddafi fanno fuoco contro i rivoltosi. Cinque morti. Gli insorti conquistano anche Misurata e al-Zawiyah, Bengasi in festa. Uno dei figli del Colonnello: "Moriremo nel paese’. Gheddafi: la rivolta una farsa di ragazzini drogati da Al Qaeda. E minaccia: "Stop ai flussi di petrolio se la situazione peggiora". "Il leader libico pronto a fuggire con un jet privato". Giornalisti italiani aggrediti. Stasera rientrano altri connazionali. Un testimone: "Abbiamo avuto paura". Libici scavano fosse comuni (VIDEO), Giovanardi: "Una bufala". Maroni: ‘Possiamo fronteggiare l’emergenza, ma non per tanto’. Su Internet i video delle proteste. Maghreb in rivolta MAPPA. Partecipa al FORUM. La DIRETTA DI AL JAZEERA.

LA DIRETTA TV DI AL JAZEERA:

Altre notizie in diretta sulla rivolta araba:
?"The Libyan hospitals in Benghazi are in
urgent need for blood donations  and medical
supplies , this is an international SOS". 


RAI.tv
Cnn.com
LaStampa.it
Gooogle int.

La polizia è schierata L’aeroporto internazionale di Maatiqa, a Tripoli, e’ caduto nelle mani dei manifestanti. Secondo la tv araba ‘al-Jazeera’ i militari che sono presenti al suo interno hanno aderito alla rivolta contro Muammar Gheddafi. Le forze di sicurezza fedeli a Gheddafi hanno sparato sui manifestanti in diverse zone di Tripoli. Secondo la tv ‘al-Arabiya’, gli scontri più violenti sono nel quartiere di Zanjur, ma anche nella zona di Suq al-Jumua la polizia avrebbe fatto fuoco contro i dimostranti. Il bilancio al momento è di cinque morti.

La polizia è schierata da venerdì mattina fuori dalle moschee della capitale, con l’obiettivo di sopprimere ogni tentativo di protesta dopo la preghiera islamica. I gruppi di opposizione libici hanno infatti proclamato per oggi una serie di manifestazioni contro il regime di Muammar Gheddafi mentre il regime ha inviato ai cittadini messaggi sms in cui si afferma che le proteste contro Gheddafi sono vietate. Altri messaggi vietano alla gente di "guardare i canali satellitari, come al Jazeera, che diffondono voci e incitano il popolo a spargere il sangue dei musulmani".

E’ in festa Bengasi, la seconda città per grandezza della Libia, dove i manifestanti pro-democrazia stanno celebrando il controllo dell’amministrazione locale. Bengasi è attualmente governata da un comitato di giudici e di avvocati, che hanno rivolto un appello urgente agli abitanti affinché ritornino al lavoro. "Manterremo gli impegni presi dalla Libia con le compagnie petrolifere e per il funzionamento dei terminal petroliferi" ha reso noto la direzione temporanea dei rivoltosi libici che controllano Bengasi. La direzione temporanea si è detta inoltre contraria alla possibilità di un intervento di militari stranieri nel paese, anche solo per motivi umanitari. Il consiglio si è pronunciato contro ogni tipo di interferenza straniera nella crisi in corso in Libia.

Completamente in mano ai manifestanti anche le città di al-Zawiyah e di Misurata. Lo riferisce ‘al-Arabiya’ che cita testimoni nelle due città libiche. Secondo i siti dell’opposizione, questa mattina le forze fedeli a Gheddafi hanno condotto un solo attacco contro al-Zawiyah e sono ancora fuori dalla città.

La tv pubblica di Tripoli –
Ha annunciato che le autorità libiche hanno aumentato gli stipendi dei dipendenti pubblici in Libia, come promesso nei giorni scorsi da Gheddafi, e "sono stati aumentati anche i sussidi alle famiglie numerose del paese". In particolare, il governo della Libia ha stanziato 550 dinari, pari a 400 dollari, per ogni famiglia. L’obiettivo, dichiarato da Tripoli, è quello di aiutare il popolo a far fronte all’aumento dei prezzi del cibo. Aumenteranno del 150 per cento, invece, gli stipendi di alcuni lavoratori del pubblico impiego, come ha precisato la tv di stato libica.

Attualmente è in corso in Libia un tentativo di dare una nuova direzione politica al paese, che possa sostituire il regime. Secondo quanto riferisce ‘al-Jazeera’, personalità politiche della Cirenaica e della Tripolitania, tra cui anche i membri del governo libico passati con i manifestanti, stanno trattando in queste ore con i capi tribù e i leader della rivolta per formare una nuova direzione politica del paese.

Per protesta contro il regime di Muammar Gheddafi il procuratore generale libico, Abdelrahman Al-Abbar, ha annunciato le sue dimissioni. In un videomessaggio diffuso da ‘al-Jazeera’, il procuratore ha affermato: "Mi dimetto perché non posso accettare che sia stato versato tutto questo sangue del mio popolo".

La famiglia Gheddafi –
Intende continuare a "vivere e morire in Libia". Lo ha detto Seifulislam Gheddafi, figlio e delfino del colonnello Muammar Gheddafi, in un’intervista al canale CnnTurk. A una domanda del giornalista sull’ipotesi che la famiglia abbia un "piano B" se i manifestanti dovessero avere la meglio, Seifulislam ha risposto: "Il piano A e’ vivere e morire in Libia, il piano B vivere e morire in Libia, il piano C vivere e morire in Libia".

Saifulislam, avrebbe chiesto aiuto all’ex primo ministro britannico Tony Blair per mettere fine alla rivolta popolare in corso nel Paese nordafricano. E’ quanto afferma uno stretto alleato del secondogenito del colonnello libico che al ‘Mail’ definisce l’esponente britannico come un ‘buon amico’ del regime libico e ricorda che ‘fino allo scorso anno Tony Blair aveva incontri con il leader’.

Secondo Orlando Fernandez Medina, ex governatore dello stato di Lara, nel nord-ovest del Venezuela, citato dal ‘Telegraph’, uno dei figli di Gheddafi sarebbe da due giorni sull’isola venezuelana di Margarita. La fonte, che non precisa quale figlio del Colonnello si troverebbe nel paese dell’America Latina, afferma che la circostanza spiegherebbe le recenti frasi del ministro degli Esteri britannico William Hague, che nei giorni scorsi ha dichiarato che lo stesso Gheddafi avrebbe cercato rifugio in Venezuela.

Mentre il più giovane dei figli del raìs, Saif al-Arab, si sarebbe unito alla rivolta contro il regime guidato dal padre per 41 anni. E’ quanto scrivono oggi i media iraniani. L’agenzia di stampa Irna precisa che Saif al-Arab era stato inviato dal padre per aiutare le forze di sicurezza a reprimere i manifestanti pro-democrazia nell’est della Libia, ma una volta giunto a Bengasi si sarebbe unito ai rivoltosi. Considerato quello con il profilo più basso tra i figli di Gheddafi, Saif al-Arab ha anche dichiarato che suo padre potrebbe suicidarsi o rifugiarsi in America Latina. Secondo quanto scrive ‘Press Tv’, Saif al-Arab avrebbe avuto l’appoggio di truppe da combattimento ed equipaggiamento militare per rafforzare la rivolta.

Tragico il primo bilancio 
Diecimila morti. Tante sarebbero le vittime in Libia dall’inizio delle proteste contro il leader Muammar Gheddafi. E’ il tragico bilancio fornito da un esponente arabo del Tribunale Penale Internazionale (Tpi), interpellato dall’emittente satellitare al-Arabiya. Secondo la fonte, i feriti sarebbero oltre 50mila e sarebbe in corso una fuga di massa attraverso il confine con l’Algeria. L’esponente del Tpi ritiene che la situazione possa degenerare e arriva a ipotizzare che Gheddafi decida di usare armi chimiche per sedare la protesta.

Intanto continua a crescere il numero di militari che voltano le spalle al regime di Muammar Gheddafi. E’ di stamattina la notizia di due piloti che per non eseguire l’ordine di bombardare Bengasi, si sono lanciati col paracadute e hanno lasciato precipitare l’aereo. Il fatto, riportato dal sito del quotidiano libico ‘Quryna’ considerato vicino a Seifulislam Gheddafi, è avvenuto ovest di Adjabiya.

(Fermo immagine dal video di OneDayOnEarth.org)

Fonti militari hanno confermato la notizia, sostenendo che il caccia, del tipo Sukhoi 22 di fabbricazione russa, era decollato da Tripoli. "I due piloti a bordo, Abdel Salam Atiya al-Abdali e Ali Omar Gheddafi – ha spiegato un colonnello dell’aviazione – si sono rifiutati di eseguire l’ordine di bombardare Bengasi e hanno fatto precipitare il velivolo dopo essersi lanciati con il paracadute".

Anche le unità dell’esercito libico dispiegate nella provincia di Jabal al-Akhdar, nella Cirenaica, sono passate con i manifestanti , riferisce la tv araba ‘al-Jazeera’. Mentre il direttore della fondazione Gheddafi, che fa capo al figlio del rais Seifulislam, ha annunciato di aver rassegnato le sue dimissioni "sgomento per le violenze perpetrate".

Nuove defezioni, inoltre, nel corpo diplomatico libico in segno di sostegno alla popolazione. Dopo i casi in Cina, Regno Unito, Polonia, India, Indonesia e Svezia, si è dimesso anche Salaheddin El Bishari, ambasciatore libico in Indonesia, secondo quanto scrive il Jakarta Post.

E un appello è stato rivolto dal Movimento islamico per il cambiamento in Libia all’aviazione perché prenda coraggio e, invece di lanciare bombe sui manifestanti, bombardi il compound militare di Gheddafi a Bab al-Azizia, ‘tagliando la testa del serpente’. Rilanciato dal quotidiano pan-arabo Asharq Al-Awsat, nel testo scritto dal Movimento islamico si lancia anche un appello agli Stati arabi e alla comunità internazionale affinché intervengano in aiuto dei manifestanti in quanto Gheddafi sta distruggendo il Paese, il suo popolo, le infrastrutture dello Stato piuttosto che mantenere il potere.

Intanto nel pomeriggio le autorità maltesi hanno negato l’atterraggio presso lo scalo internazionale dell’isola a un volo ATR 42 della compagnia di bandiera libica, arrivato in modo inatteso sui cieli di Malta. L’aereo, che trasportava 14 persone, ha continuato ad aggirarsi per circa 20 minuti a sud di Malta, riprovando più volte a chiedere il permesso per l’atterraggio. Alla fine il pilota ha deciso di tornare indietro. Secondo il ‘Times of Malta’ a bordo ci sarebbe stata anche la figlia di Gheddafi, Aisha. Ma da La Valletta fanno sapere che "non ci sono informazioni" sulla presenza della figlia del leader libico sul volo che ha cercato di atterrare a Malta.
All’inizio della settimana le autorità libanesi hanno negato l’atterraggio a un jet privato proveniente dalla Libia che trasportava Aline Skaff, moglie di Hannibal, un altro figlio di Gheddafi.

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