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Tra cronaca e storia: Casa-museo e convento “La Solitude” a Evry in Francia, un luogo “senza tempo”

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Nell’Ile de France, vicine alla città di Parigi, ci sono delle dimore storiche che esulano dai tradizionali itinerari turistici ma che meritano però di essere visitate. Fra queste l’abitazione settecentesca che ospitò il generale José de San Martin, il presbitero Théodore Marie Ratisbonne e l’abbé René Laurentin

[ Immagine satellitare di Grand Bourg a Evry Courcouronnes – © courtesy of Google Maps ]

di GianAngelo Pistoia
Layout Viviana Fontanari


 

NordEst – A Grand Bourg nel comune francese di Évry-Courcouronnes, a pochi chilometri da Parigi, si trova una casa-museo che è stata dimora in epoche diverse di tre illustri personaggi: il generale José de San Martin, il presbitero Théodore Marie Ratisbonne e l’abbé René Laurentin. Questa abitazione settecentesca, circondata da un ampio parco, non è però aperta al pubblico in quanto ora ospita un convento contemplativo della Congregazione religiosa di “Notre Dame de Sion”.

[ Convento “La Solitude” a Grand Bourg – © courtesy of K.E.A./Google Maps ]
Forse molti non sanno chi erano questi importanti inquilini e quindi, avvalendomi anche di “wikipedia”, cercherò di tratteggiare un loro breve ritratto. José de San Martin (1778-1850) è stato un generale argentino, le cui campagne militari furono decisive per l’indipendenza dalla Spagna di Argentina, Cile e Perù. Compì gli studi militari in Spagna e, una volta entrato nell’esercito spagnolo combatté in Nordafrica contro Napoleone, impegnandosi nella guerra d’indipendenza spagnola nelle battaglie di Bailén e dell’Albuera. Assegnato con il grado di tenente colonnello a un reggimento di Buenos Aires, concepì il piano di emancipazione delle colonie sudamericane dalla madrepatria; realizzò l’indipendenza argentina e successivamente combatté per quelle del Perù e a seguire del Cile.

[ José de San Martin – © Narciso Desmadryl – Wikimedia Commons ]
La sua brillante carriera militare si interruppe però nel 1824. A Buenos Aires venne accusato di cospirazione; sono i giorni del conflitto fra coloro che vorrebbero istituire in Argentina uno stato federalista e chi vorrebbe mantenere la centralità del nuovo stato. José de San Martín è costretto all’esilio e lascia l’Argentina con la figlia per la Francia il 10 febbraio 1824; dopo lo sbarco a Le Havre, si stabilisce dapprima a Londra, poi a Bruxelles ed infine a Parigi. Nella capitale francese affittò un appartamento in rue de la Provence vicino all’Opera. Solo nel 1834, grazie anche all’aiuto del banchiere e mecenate spagnolo Alejandro Aguado, acquistò una casa di campagna a Grand Bourg nel comune di Evry a soli 25 chilometri da Parigi.

[ Casa del generale José San Martin a Grand Bourg – © courtesy of Notre Dame de Sion ]
L’abitazione era una casa di tre piani e un seminterrato. Al piano terra c’erano il soggiorno, la sala da pranzo e la cucina, al primo piano c’erano cinque camere da letto ed altre tre per i domestici erano situate invece nel piano mansardato. La casa era circondata da un grande parco che racchiudeva anche un frutteto, un giardino e una serra e dove il generale José de San Martín praticava i suoi hobby per la floricoltura e l’orticoltura. Nel parco si trovavano pure una stalla e alcune piccole dépendance. Il generale con la sua famiglia trascorse in questa residenza gran parte del suo esilio. Nel 1848 la situazione politica francese era però in subbuglio – fu infatti proclamata la Seconda Repubblica – e il generale preferì vendere la sua proprietà di Grand Bourg e si trasferì a Boulogne-sur-Mer dove morì il 17 agosto 1850. José de San Martín è considerato insieme a Simón Bolívar tra gli artefici più importanti della fine della colonizzazione spagnola in America Latina; l’Argentina lo onora come Padre della Patria e lo considera eroe nazionale; il Perù gli riconosce il titolo di “Liberatore del Paese”, “Fondatore della Repubblica” e “Generalissimo”; l’esercito del Cile gli riconosce il grado di Capitano Generale. Questo affetto è espresso in modo tangibile sul muro perimetrale di entrata della casa-museo di Grand Bourg ricoperto di targhe apposte da istituzioni argentine, peruviane e cilene che commemorano il passaggio di Don José in questo ameno borgo francese bagnato dalla Senna.

[ Portone d’ingresso del convento “La Solitude” – © courtesy of Google Maps – Dulce Rojas ]
Théodore Marie Ratisbonne (1802-1884) è stato il secondo inquilino illustre che soggiornò per brevi periodi nella casa di Grand Bourg a Evry e che chiamò “La Solitude” appunto perché era immersa nella tranquilla e silenziosa campagna dell’Ile de France. Théodore nato in Alsazia da una ricca famiglia di banchieri ebraici, studiò legge ed esercitò la professione di avvocato nella città di Colmar. Iniziò ad avvicinarsi al cattolicesimo grazie all’influenza del teologo e filosofo Louis Bautain e il 14 aprile del 1828 venne battezzato. Nel 1830 fu ordinato sacerdote. Divenne quindi professore presso il seminario minore di Strasburgo, poi vice rettore della cattedrale cittadina e fu attivo nella sua diocesi fino al 1840. Si trasferì quindi a Parigi. Nel 1842 suo fratello Alphonse, libero pensatore, vagamente deista (specialmente dopo l’ordinazione sacerdotale del fratello) ma molto ostile alla Chiesa cattolica, si convertì in modo repentino e prodigioso in seguito all’apparizione dell’Immacolata nella basilica di Sant’Andrea delle Fratte a Roma. Fu lui in seguito a consigliare a Théodore di aprire delle scuole per l’educazione della gioventù ebraica. Anche Théodore venne a Roma in quello stesso anno e fu ricevuto da papa Gregorio XVI che lo nominò cavaliere dell’Ordine di san Silvestro Papa. Il pontefice ebbe modo anche di congratularsi con lui per il suo libro “Histoire de saint Bernard et de son siècle” e lo incoraggiò a continuare nella sua opera di conversione degli ebrei.


[ Théodore Marie Ratisbonne – © Wikimedia Commons – Alexandre Feret ]
Théodore Marie Ratisbonne dopo il suo ritorno a Parigi nel 1843, fondò la Congregazione delle Religiose di “Notre Dame de Sion”, destinata all’apostolato missionario nei confronti del mondo ebraico, congregazione di cui divenne superiore generale. Spinto in questo dal fratello padre Alfonso che gli raccomandò di prendersi cura degli ebrei giunti dall’Europa centrale od orientale. L’opera venne iniziata con due alsaziane, Sofie Stouhlen e Louise Weywada che abitarono per un breve periodo anche presso la casa “La Solitude” di Grand Bourg. Théodore Marie Ratisbonne sempre ad Evry coadiuvato da queste religiose aprì una prima scuola per dare un’educazione cristiana ai figli di ebrei che si erano convertiti alla fede cattolica. La Congregazione ricevette il pontificio decreto di lode l’8 settembre 1863 e la sua “Regola” venne approvata definitivamente dalla Santa Sede il 14 dicembre 1874. Nel frattempo Théodore aprì altre case, in Francia anzitutto (1847), poi a Gerusalemme (1856) sempre con il sostegno del fratello padre Alfonso. Nel 1870 lasciò la direzione dell’Istituto delle Religiose di “Notre Dame de Sion” e si dedicò alla cura e al sostegno della fede delle madri cristiane. Per questo fondò, insieme alla signora Josson de Bilhem, l’Arciconfraternita delle Madri Cristiane, presto diffusa in tutto il mondo. Fu molto stimato dai papi Pio IX e Leone XIII il quale lo nominò protonotario apostolico. Morì nella capitale francese il 10 gennaio 1884 assistito dall’arcivescovo di Parigi Joseph Hippolyte Guiber e fu sepolto nel cimitero attiguo alla sua casa di campagna “La Solitude” a Grand Bourg. Purtroppo non poté vedere realizzati alcuni progetti a cui teneva molto: l’apertura di una casa delle Religiose di “Notre Dame de Sion” a Roma che avverrà anni dopo e la creazione di un ramo di Suore Contemplative all’interno della Congregazione che nascerà nel 1926 proprio nella casa “La Solitude” a Grand Bourg.

[ Convento “La Solitude” a Grand Bourg – © courtesy of Notre Dame de Sion ]
Fu nel 1910 che madre Christine, allora superiora della casa di Sion a San José in Costa Rica, ricevette da Dio una chiamata alla vita contemplativa e capì che spettava proprio a lei realizzare il desiderio di padre Théodore Marie Ratisbonne. Ci vollero però degli anni per attuare questo progetto religioso. Infatti solo il 31 ottobre 1926, tre suore che già insegnavano nel Collegio di Grand Bourg ad Evry, si separarono dalla comunità apostolica per iniziare la vita contemplativa: assieme a madre Christine c’erano madre Désirée e madre Marie. Trovarono rifugio dapprima in alcuni vani della casa “La Solitude” attigua al collegio. Dopo alcuni mesi trascorsi a Grand Bourg, la piccola comunità contemplativa si trasferì a Lione, sulla collina di Fourvière. Qui la comunità si allargò accogliendo quattro nuove sorelle. Per tre anni vissero una vita semplice, di preghiera e felice. Improvvisamente, nella notte tra 13 e il 14 novembre 1930, la collina franò e il convento fu immediatamente evacuato. Nell’aprile del 1931 la comunità ritornò a Grand Bourg e si stabilì definitivamente nella casa “La Solitude” che già era stata la dimora del generale José de San Martin e poi del presbitero Théodore Marie Ratisbonne. Da allora l’appellativo “La Solitude” – che ben rappresenta l’ideale di riservatezza a cui le suore aspirano – sarà esteso all’intero ramo contemplativo della Congregazione delle Religiose di “Notre Dame de Sion”. Attualmente sono cinque le Comunità di suore contemplative sparse per il mondo (due in Francia, due in Brasile e una in Israele) composte da circa quaranta religiose che trascorrono la loro vita quotidiana pregando e svolgendo piccole mansioni artigianali.

[ Suore contemplative nel convento “La Solitude” a Grand Bourg – © courtesy of Notre Dame de Sion ]
Riannodo ora il filo del mio discorso. Il terzo ospite illustre che ha scelto di vivere a Grand Bourg in una dépendance ubicata nell’ampio parco del convento “La Solitude” è stato l’abbé René Laurentin (1917-2017). Per molti anni ha affiancato spiritualmente le suore contemplative ivi residenti e quindi anche mia zia, la primierotta suor Colomba, che nel convento francese ha trascorso tutta la sua vita consacrata. Grazie a lei ho conosciuto René Laurentin. Ho avuto l’opportunità di incontrarlo diverse volte e ho potuto apprezzare la sua disponibilità, l’affabilità ed anche la cultura. È stato proprio Laurentin – teologo, biblista, unanimemente considerato il più autorevole mariologo del XX secolo – che in un’intervista rilasciatami nel febbraio del 1996 ha ripercorso gli eventi salienti della sua vita, dedicata interamente alla Madonna.

 

«Sono nato a Tours nel 1917 da una famiglia borghese. Nel 1934, dopo essermi diplomato all’Istituto di Santa Maria di Chole, entrai nel seminario di Parigi dove mi specializzai in filosofia e teologia. Ho conseguito la laurea in filosofia all’Università della Sorbona nel 1938. Stavo studiando teologia quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e venni arruolato, quale ufficiale, nell’esercito francese». Fatto prigioniero dai tedeschi, René Laurentin, fu internato in un campo di concentramento in Germania per ben cinque anni e per questo motivo le vennero conferite la “Croce di Guerra” e la “Legione d’Onore” dallo Stato Francese. «Subito dopo il mio rientro in Francia ripresi alla Sorbona gli studi interrotti in teologia e mi laureai nel 1946. Quello fu un anno importante per me – affermò René Laurentin – perché proprio l’8 dicembre, il giorno dedicato all’Immacolata Concezione, fui ordinato sacerdote a Parigi dal vescovo Blanchet». Negli anni successivi, dopo aver conseguito dei dottorati in mariologia e teologia, gli venne affidata la cattedra di teologia, dapprima all’Università Cattolica di Angers e poi in quella di Parigi. In Italia comincia ad essere conosciuto agli inizi degli anni Sessanta per aver seguito come “perito” ed anche come corrispondente del quotidiano parigino “Le Figaro” i lavori del Concilio Vaticano II.

[ René Laurentin nel convento “La Solitude” a Grand Bourg – © GianAngelo Pistoia ]
Formatosi sulla teologia classica, Laurentin non era affatto incline alle apparizioni e a questo proposito era solito affermare: «non sono stato io a cercarle. Sono venute loro a cercare me». Infatti nel 1954, il vescovo di Tarbes e Lourdes, monsignor Théas, chiese a René Laurentin di studiare i fatti di Massabielle, sui quali erano ancora ben vive le polemiche. «Sembrava – puntualizzò Laurentin – un’impresa accessibile, dai contorni di una normale ricerca scientifica. Invece si rivelò subito di una complessità incredibile, anche per l’opposizione di certi ambienti pregiudizialmente contrari a fenomeni che hanno a che fare col soprannaturale. A un certo punto mi trovai bersagliato da centinaia di articoli “contro”. Ma non mi lasciai intimidire, anzi questo fatto mi stimolò ad approfondire, indagare, scavare, girando da un archivio all’altro.

E proprio sul terreno scientifico sgretolai obiezioni, falsità e calunnie: con un’opera di ben trenta volumi che suscitò l’interesse anche tra i non addetti ai lavori». Da allora, fino alla sua morte avvenuta a 99 anni nel 2017, non si è più fermato. Prete, giornalista, storico, René Laurentin ha scritto più di cento libri sulle apparizioni mariane, centinaia di articoli e la Beata Vergine niente poteva fare o dire che lui non lo sapesse. Dalle Filippine all’Australia bastava che qualcuno sussurrasse di aver visto la Madonna e Laurentin, finché la salute lo ha sorretto, partiva con la sua valigia “Sos Vierge”. «Per un teologo occuparsi di apparizioni è fonte di tribolazioni, per non dire di calamità – affermò Laurentin ma poi aggiunse – questi eventi agiscono sul bisogno di religiosità del nostro tempo e il Divino si può manifestare nelle forme più diverse, che devono essere vagliate, ma senza pregiudizi.

La fede si sta spegnendo e la Madonna è una madre che va per il mondo a riaccendere la speranza. Quella della Madonna è una fede che non si può perdere, che ha superato ogni crisi. É un culto semplice e umile. La gente per amarla e per pregarla non ha bisogno di libri né di parrocchie. La Madonna è vicina a noi, è la femmina, è l’eterna madre, il fenomeno più democratico e moderno della religiosità. Nei santuari mariani il contadino si confonde con il letterato. Nel mondo troppi fedeli soffrono di solitudine. E allora cercano i santuari. Perché il santuario è spirito ma anche corpo. È lacrime, digiuni e marce. Il santuario è gesti. La fede deve esprimersi attraverso i gesti».

[ René Laurentin nel convento “La Solitude” a Grand Bourg – © GianAngelo Pistoia ]
Consiglio a coloro che hanno programmato un viaggio di piacere a Parigi di visitare oltre alle immancabili mete culturali della “Ville Lumière” anche quelle dimore storiche che esulano dai tradizionali itinerari turistici e di cui l’Ile de France è ricca. Soffermandosi magari davanti al portone del convento “La Solitude” di Grand Bourg ad Evry e chiedendo alle suore contemplative di “Notre Dame de Sion” di poter visitare la casa-museo che ospitò il generale José de San Martin, il presbitero Théodore Marie Ratisbonne e l’abbé René Laurentin.

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