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Imu sugli impianti di risalita: la preoccupazione del settore

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Una sentenza della Corte Suprema di Cassazione rischia di mettere in ginocchio le società che gestiscono gli impianti di risalita di tutta Italia (e quindi anche quelle trentine) obbligandole a pagare l’ Imu

seggiovia

Nordest – Una questione che preoccupa gli impianti. In assenza di una soluzione politica concreta, potrebbe produrre un effetto domino su tutte le altre aziende del settore.  Si tratta di cifre che variano dai 25 mila euro all’anno per una seggiovia a sei posti ai 50 mila per una telecabina a otto posti. Per i bilanci di queste società, già in condizioni di sofferenza e soggetti all’imprevedibilità delle condizioni meteo, si tratta di un salasso insostenibile, con ripercussioni negative sull’intero comparto, strategico per l’economia turistica della montagna.

L’allarme arriva da Belluno, dove il presidente nazionale di Anef (l’associazione nazionale esercenti funiviari), Valeria Ghezzi, e il presidente veneto della stessa associazione, Renzo Minella, hanno tenuto un’assemblea straordinaria per aprire un confronto con i senatori, i parlamentari e i consiglieri regionali della provincia veneta.

La sentenza che spaventa i gestori degli impianti a fune è quella che porta il numero 4541 e che è stata depositata del 21 gennaio 2015. Una sentenza che riguarda un ricorso che è stato presentato dell’Agenzia del Territorio – Agenzia delle Entrate contro la società Funivia Arabba Marmolada – Sofma Spa.

“Siamo ovviamente disponibili a pagare l’ Imu sulle attività commerciali – conferma Valeria Ghezzi – ma non sugli impianti di risalita: sarebbe come tassare le ferrovie dello stato per le rotaie”.

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