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Dolomiti, a cinque anni da ‘Vaia’: il bosco rinasce, ma il bostrico incombe (VIDEO)

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“Prima venne la polvere. Le condizioni del tempo continuavano ad essere bizzarre e proibitive: dieci decimi di nubi all’altezza di 200 metri e raffiche di vento della forza di un uragano. Le piante si piegavano pericolosamente sotto il vento, e rami spezzati erano sparsi in mezzo alla strada.” Avevo iniziato il libro “Immagini per non dimenticare” con la frase tratta da The wind from nowhere (in italiano ‘Vento dal nulla’), dello scrittore James G. Ballard, uno dei principali autori di fantascienza del filone catastrofistico dei primi anni Sessanta perché ben descriveva quello che erano stati i prodromi della tempesta Vaia

Istantanee di Vaia 2018. In copertina e in basso, la ‘putrella’ che faceva parte dell’impalcato del ponte della strada forestale Dismoni – Pian del Termen sulla Val del Diaol a quota 1360, ha percorso 960 metri ed è stata ritrovata accartocciata attorno ad un albero, poco a monte della confluenza del rio nel Torrente Cismon [ph EFG]

Uno dei molti cantieri boschivi del NordEst, post emergenza Vaia nel 2018. Oggi è il bostrico a preoccupare, 5 anni dopo

 

di Ervino Filippi Gilli

NordEst – A cinque anni di distanza, sintetizzare cosa sia avvenuto tra il 28 ed il 29 ottobre 2018, tra le Dolomiti e il NordEst alpino,  è possibile ma certamente non facile. Si è trattato di un evento atmosferico molto severo che si è caratterizzato oltreché per le intense precipitazioni, soprattutto per le fortissime raffiche di vento.



La pioggia caduta in poche ore

Sicuramente le precipitazioni sono state superiori a quelle dell’alluvione del 1966: è bene ricordare però che mentre durante l’alluvione del 1966 è piovuto per 2 giorni, le piogge di Vaia sono durate tre giornate.

Stazione
1966
2018
Caoria
310,4
353,8
Canal San Bovo
307,3
339,2
San Martino di Castrozza
228,6
362,2
Tonadico (stazione distrutta durante la piena)
230,0
379,4
Passo Cereda
491,6
606,0

Il Vento

Nelle valli di Primiero e del Vanoi la componente Vento è stata quella che indubbiamente ha caratterizzato l’evento del 29 ottobre: si è trattato di un fortissimo vento legato a differenziali di pressione atmosferica, senza però grandi fenomeni vorticosi (e ciò spiega il fatto che nelle plaghe abbattute le piante abbiano, più o meno, la stessa direzione di caduta).

Le piante potevano resistere?

Gli alberi come noto resistono al vento in funzione di una serie di fattori tra cui la forma della chiome, dell’apparato radicale, ecc. La soglia di resistenza al vento è stata calcolata da Virot nel 2016 in circa 94-100 km/h, o circa 26 m/secondo per il singolo albero e può salire secondo Gardiner (2013) fino a circa 150 km/h , ovvero circa 42 m/s, per boschi particolarmente resistenti. Come vedremo in seguito le piante non sarebbero state in grado di resistere ai venti di Vaia

Quanto forti sono state le raffiche

Secondo i dati pubblicati dall’Associazione Meteo Triveneto che dispone di una stazione a Passo Rolle, tra le 19 e le 20 del 29 ottobre la velocità delle raffiche ha raggiunto il picco massimo di 217.3 km/ora mentre tra le 20 e le 21 dello stesso giorno il picco è stato di 193.1 km/ora. Le folate venivano da SUD-EST. Anche le altre stazioni dotate di anemometri hanno registrato dati interessanti: a Cima Tognola 169 km/ora (poi verso le 21 il palo è caduto), la stazione M3V a Punta Ces registrava 167 km/ora di punta massima fino a quando verso le 18,30 sono volate via sia le coppette dello strumento sia l’asta della direzione del vento (e quindi manca la folata decisiva tra le 20 e le 21).

Gli effetti

Si diceva in precedenza che il vento la ha fatta da padrone, ma anche i torrenti hanno fatto la loro parte; giusto per citarne solo tre: la colata detritica della Val del Diaol che ha anche interrotto la strada per San Martino, il torrente Cismon che ha eroso quella della “Piana” sopra Siror, il Torrente Canali che ha interrotto le comunicazioni con le strutture recettive dell’alta valle.

Il vento. In tutta la Provincia, a fronte di una superficie colpita di 19.800 ettari, sono stati abbattuti 4.100.000 mc di legname. Nelle nostre valli sono stati atterrati circa 2000 ettari di bosco causando un volume di schianti quasi egualmente ripartito tra la valle del Vanoi (236.000 mc) ed il Primiero (294.000 mc) – sei volte di più che durante il 1966 quando vennero abbattuti circa 90.000 mc di cui 33.000 nel Comune di Canal San Bovo e 57.000 in valle di Primiero; a questa massa si devono aggiungere tutte quelle piante sparse (singole od a piccoli gruppi) di difficile quantificazione volumetrica proprio perché diffuse a macchia di leopardo sul territorio. Questo di Vaia non è un evento così infrequente in Europa e, come da altre parti del nostro continente, ha come strascico una emergenza fitosanitaria legata alle pullulazioni di insetti quali l’Ips tipographus (meglio noto come bostrico) ma non solo.ù






Dove ha colpito il bostrico

Sicuramente l’insetto ha colpito tutti i margini delle “fratte” di Vaia allargandole notevolmente ma anche in aree dove non si erano verificati grandi quantità di schianti (e basti solo pensare al versante sinistro del torrente Cismon tra Siror e Pettina). Questa proliferazione ha fatto sì che, secondo il Piano Bostrico redatto dalla PAT, siano stati danneggiati – nel periodo 2019-2022 – oltre 360.000 mc di legname; e l’infestazione non è ancora finita.


Il bosco rinasce lentamente

La rinascita oltre le ferite. Le foreste trentine fanno i conti con i traumi e i cambiamenti climatici. Da una parte ci sono le tracce della devastazione. Dall’altra i segni della “riconquista” del bosco, grazie all’importante opera di ripristino portata avanti dalla Provincia e coordinata dall’assessorato all’agricoltura, foreste, caccia e pesca. Un’attività che si traduce in 400.000 nuove piantine l’anno, per 250 ettari rinnovati ogni 12 mesi, nel totale del territorio provinciale.

Per vedere da vicino e fare il punto della situazione, a 5 anni da Vaia e a 4 anni dalla diffusione del parassita – destinato nelle previsioni a fare più danni della tempesta -, siamo andati nel “cantiere” forestale in val Calamento in Valsugana, per la precisione in località Marolo-Salton, sulla sinistra orografica del torrente Maso. Gli operai dei Servizi forestali della Provincia sotto la supervisione del Corpo forestale si inerpicano lungo i ripidi versanti per “seminare” le nuove piantine. Un’impresa tenace, costante, con la quale l’uomo aiuta la natura e accelera la riconquista del bosco. Un riconsolidamento rilevante anche per la protezione dalle slavine e la tutela idrogeologica.

Le aspettative future

Se la dinamica delle popolazioni di bostrico segue l’andamento di una curva di Gauss (curva a campana con alcuni anni in crescita ed i successivi in calo) visto che quest’anno grazie ad una stagione primaverile fresca ed umida la specie si è riprodotta una sola volta, si può sperare di aver raggiunto il picco di espansione. Ciò vuol dire che nei prossimi anni gli attacchi colpiranno ancora volumi ingenti – probabilmente nell’ordine di quelli ricordati in precedenza – ma che pian piano la situazione dovrebbe migliorare. Staremo a vedere.


Guarda i video dell’emergenza Vaia 2018


La situazione nel Bellunese, 5 anni dopo

a cura di TeleBelluno

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