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Premio alla carriera a Trieste per l’architetto delle Dolomiti, Maria Grazia Piazzetta: “Lo condivido con il cuore con mio marito Willy”

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Nella splendida cornice del “Civico Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna” a Trieste lo scorso 15 settembre sono stati assegnati i prestigiosi premi “#IN/ARCHITETTURA 2023”. Quello alla carriera è stato conferito anche all’architetto Maria Grazia Piazzetta che nel discorso di ringraziamento ha dichiarato di condividere idealmente questo ambito riconoscimento con Willy Schweizer – scomparso lo scorso gennaio – per quasi sessant’anni suo compagno nella professione ed anche nella vita

[ “#IN/ARCHITETTURA 2023” awards ceremony with Maria Grazia Piazzetta – © ph. Erica Schweizer ]

 

di GianAngelo Pistoia / layout Viviana Fontanari

NordEst – «Un edificio di artistico merito, il quale serva di abbellimento alla città e di sprone a coltivare le belle arti». Con queste parole il barone Pasquale Revoltella, veneziano di nascita ma triestino d’adozione, dettava la volontà testamentaria che avrebbe portato nel 1872 alla creazione del Museo Revoltella a Trieste, la più antica galleria pubblica in Italia specificamente dedicata all’arte moderna.

Infatti nel 1872, tre anni dopo la morte del barone, la sua dimora, secondo le sue disposizioni testamentarie, divenne “Museo Revoltella”. Fu amministrato da un Curatorio che gestì la rendita compresa nell’eredità e provvide annualmente ad incrementare la collezione d’arte, raddoppiando il numero dei pezzi in meno di trent’anni. Nel 1907 si rese necessario ampliare il museo divenuto troppo angusto per le dimensioni del suo patrimonio d’arte. Fu acquistato dal Comune l’attiguo palazzo Brunner, ma solo dopo la prima guerra mondiale si iniziò ad utilizzarlo parzialmente come spazio espositivo.

Il progetto di ristrutturazione completa dell’edificio venne affidato nel 1963 a Carlo Scarpa, che propose una nuova distribuzione degli spazi interni con la creazione di grandi sale e un’articolata terrazza sul tetto. I lavori iniziarono nel 1968, ma, poco dopo, subirono una prima interruzione e lo stesso progettista rinunciò all’incarico di dirigerli. Seguirono altre due fasi, separate da una lunga pausa, in cui si succedettero due architetti, Franco Vattolo e Giampaolo Bartoli; quest’ultimo, nel 1991, portò a compimento l’opera. Nel palazzo Brunner trova posto la gran parte della pinacoteca Revoltella, ora denominata Galleria d’Arte Moderna, mentre il palazzo del barone, grazie ad alcuni interventi di restauro e di recupero degli arredi, ha ritrovato la sua identità di dimora storica ed ospita prevalentemente opere della collezione del fondatore.

[ “Portrait of baron Pasquale Revoltella” by Tito Agujari – © courtesy of “Revoltella Civic Museum of Trieste” / “Revoltella Palace” by Alberto Rieger – © courtesy of the “Revoltella Civic Museum” of Trieste ]

Ancora oggi lo spirito di Pasquale Revoltella è vivo più che mai, tanto negli sfarzosi ambienti della dimora baronale, quanto nella luminosità degli spazi disegnati da Carlo Scarpa nella seconda metà del Novecento per la Galleria d’Arte Moderna nell’attiguo palazzo Brunner.

La premiazione

Nella splendida “location” del Museo Revoltella a Palazzo Brunner si è svolta lo scorso 15 settembre la cerimonia di gala per l’assegnazione dei premi “IN/ARCHITETTURA 2023” per il Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. «Parte da Trieste, dal Museo Revoltella, luogo significativo in quanto esprime il raffinato “dna” di Carlo Scarpa, il ciclo di cerimonie di premiazione “#IN/ARCHITETTURA 2023”, una iniziativa di grande portata storica il cui obiettivo è promuovere il valore dell’architettura contemporanea e delineare il futuro dei nostri luoghi di vita – ha dichiarato Lucia Krasovec-Lucas, presidente dell’IN/ARCH Triveneto ed ha aggiunto – è sempre più urgente parlare di architettura come azione maieutica che genera bellezza e benessere nei territori e per le persone nei territori.

Architettura come incarnazione di una missione educativa, nel senso latino “ex-ducere” che non deve prescindere dall’“in-struere”, per recuperare il “daimon hillmaniano” con cui riappropriarci di consapevolezza e coraggio. È questa un’occasione di confronto e riflessione molto importante soprattutto a Trieste, in questo tempo in cui si giocano partite generative di un rilancio strategico della città, quale sfida per riconquistare il suo ruolo naturale di una Ville Lumière d’eccezione».

[ Panoramic view of Trieste – © Fabrice Gallina / www.turismofvgfoto.it ]

Il filosofo Aldo Colonnetti alcuni anni fa, a proposito dei premi “#IN/ARCHITETTURA”, ha affermato: «questi prestigiosi riconoscimenti sono un’esperienza unica, non solo a livello nazionale, perché pensati da un intellettuale, visionario e pratico insieme, come Bruno Zevi, che considerava l’architettura non solo come disciplina ma come attività progettuale a tutto tondo, capace di trasformare e migliorare la società. Una visione illuministica, oggi ancora più attuale perché totalmente in controtendenza con un atteggiamento diffuso di carattere strumentale: ovvero una sorta di specializzazione progettuale al servizio del “particolare”, mentre l’architettura appartiene a un sapere che sta a fondamento della nostra vita, individuale e collettiva».

[ Poster and banner of the “#IN/ARCHITETTURA 2023” awards – © courtesy of the “IN/ARCH” and “ANCE” ]

Promuovono i premi “#IN/ARCHITETTURA 2023” l’Istituto Nazionale di Architettura (IN/ARCH) e l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) in collaborazione con il portale web “Archilovers” e con il patrocinio dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e del CNAPPC (Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Progettisti e Conservatori). Quattro sono le tipologie dei premi “#IN/ARC 2023” sia per quelli a valenza nazionale che regionale: premio alle migliori opere di architettura, premio ai migliori interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, premio internazionale “Bruno Zevi” per la diffusione della cultura architettonica e premio alla carriera.

“Un importante contributo alla storia dell’architettura”

Quest’ultimo premio è assegnato a un progettista italiano vivente, le cui opere costituiscono un importante contributo alla storia dell’architettura contemporanea e la cui figura rappresenta con eccellenza la cultura architettonica italiana.

Il premio alla carriera è stato assegnato quest’anno all’architetto Maria Grazia Piazzetta, figura di eccellenza della cultura architettonica in ambito nazionale. La giuria per il Triveneto presieduta da Lucia Krasovec-Lucas e composta da Sandro Boscaini, Carla Broccardo, Michele Franzina, Valerio Pontarolo, Donato Riccesi, Giovanni Salmistrari e Miriam Venier ha così motivato questa scelta unanime: «Il premio “IN/ARCHITETTURA 2023” alla carriera a Maria Grazia Piazzetta è dettato dal riconoscimento di aver costantemente comunicato all’ambiente alpino e alla comunità che lo abita con un proprio linguaggio progettuale capace di reinterpretare la tradizione architettonica rurale senza dicotomie, generando un caleidoscopio tangibile di bellezza, di armonia, di contemporaneità destinato a lasciare un segno importante nel paesaggio del Primiero, e non solo. Per la capacità di progettare in una valle di montagna producendo opere che si pongono in un preciso tipo di rapporto con un paesaggio definito da due forti e impegnative componenti: natura e architettura preesistente. La sua architettura genera una poetica che è la risultante di sintonie e differenze, esprime una forte sensibilità il cui obiettivo è progettare come fosse continua invenzione, senza disattendere la passione e il sentimento.

Maria Grazia Piazzetta – rammenta la giuria – ha studiato architettura all’istituto Universitario di Architettura di Venezia con maestri prestigiosi come Gardella, Albini, Piccinato, Astengo, Samonà, Lodovico Barbiano di Belgiojoso e Bruno Zevi, e dal 1964 iniziò un sodalizio di vita e di lavoro con Willy Schweizer, in Trentino prima a Mezzano poi a Fiera di Primiero e attualmente a Tonadico.

L’attività professionale percorre i settori dell’edilizia pubblica e privata, del restauro, dell’urbanistica, dell’arredamento alle strutture sportive, culturali, assistenziali e turistiche, quasi esclusivamente nel Comprensorio del Primiero: l’attività di progettazione corrisponde alla fase di sviluppo edilizio dovuto alla spinta di un turismo in forte ascesa. Si citano tre importanti Premi di Architettura (Premio “Costruire il Trentino 1996, Premio Archilegno 2003, Premio Nazionale Intraluoghi 2008) assegnati rispettivamente alle case a schiera a San Martino di Castrozza (opera inserita dal DARC nell’elenco delle opere di rilevante interesse storico artistico dal 1945 ad oggi), al Consorzio Turistico Vanoi a Canal San Bovo e al Centro Civico a Mezzano».

[ Book cover and reference work: terraced houses in San Martino – © Luca Chistè / www.lucachiste.it ]

Una bella soddisfazione per Maria Grazia Piazzetta – veneziana di nascita ma primierotta d’adozione – il cui nome va ad aggiungersi a quelli dei più importanti protagonisti della cultura architettonica italiana (Renzo Piano, Giuseppe e Alberto Samonà, Mario Ridolfi, Pierluigi Nervi, Gino Valle, Luigi Moretti, Carlo Aymonino, Franco Albini, Roberto Gabetti e Aimaro Isola, Umberto Riva, Giovanni Michelucci, Giancarlo De Carlo, Carlo Scarpa, Guido Canali, Marco Zanuso, Gae Aulenti, Luigi Caccia Dominioni, Studio ABDR, Cino Zucchi, Massimiliano Fuksas e Doriana Mandrelli, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e molti altri) che già figurano nel “palmares” di questo importante premio istituito nel 1961.

[ Renzo Piano – © courtesy of the RPBW / Gae Aulenti – © Gorup de Besanez (Wikimedia – CC BY-SA 3.0) ]

Nella splendida cornice del Museo Revoltella di Trieste si è svolta la cerimonia di premiazione. Nel ritirare questo prestigioso riconoscimento Maria Grazia Piazzetta dopo aver ringraziato la giuria ha dichiarato di condividere idealmente questo ambito premio alla carriera con Willy Schweizer – deceduto lo scorso gennaio – per quasi sessant’anni suo compagno nella professione ed anche nella vita. In merito al loro modo pragmatico di costruire nelle “terre alte” ha affermato:

«La nostra consuetudine con l’architettura spontanea ha comportato la conoscenza attraverso i segni (che forniscono i codici interpretativi dei luoghi) del tipo di atteggiamento psicologico che li hanno prodotti: questo “spirito” che accompagnava la gente di montagna nel suo quotidiano operare, e quindi anche nel costruire, era uno spirito concreto, lucido, che conosceva in modo certo, perché sperimentate nei secoli, le soluzioni formali e costruttive. Allo stesso tempo libero e fantasioso, poteva variare queste soluzioni – usando il minimo dei mezzi – secondo le proprie necessità. Necessità non solo strettamente funzionali, ma anche interiori, come il desiderio di lasciare una traccia della propria storia e della propria creatività per mezzo di segni necessari unicamente per trasferire nell’edificio la propria humanitas: il piacere, il gioco, il divertimento, al di là e al di fuori di teorizzazioni e concettualismi.

[ Maria Grazia Piazzetta and Willy Schweizer in their studio in Primiero – © Luca Chistè / www.lucachiste.it ]

Alcuni caratteri evidenti del contesto in cui Willy ed io abbiamo lavorato e che ci hanno interessato sono: l’unitarietà degli aggregati urbani, l’integrazione tra natura e architettura, l’articolazione organica dei volumi e la contrapposizione forte di pieni e vuoti, la gravità e la plasticità delle murature, l’evidenza volumetrica e costruttiva delle parti di legno e insieme la leggerezza di certe lavorazioni lignee, la varietà formale, cromatica e decorativa dei particolari. Si tratta di elementi che abbiamo cercato di volta in volta di reinventare nelle nostre costruzioni. Un altro aspetto interessante è quello del rapporto con il sapore pragmatico dell’architettura di montagna, pensata e realizzata da non professionisti.

La conoscenza del modo di operare dei “non architetti” ha determinato all’interno di un processo naturale – più che come proposito culturale – una ulteriore componente della nostra poetica progettuale, attuandosi in modo di operare in cui viene rimossa qualsiasi intenzione di riferimento formale diretto alla tradizione, per essere totalmente liberi di “parlar spontaneo” (citando Bruno Zevi). In termini operativi nel recupero di questo spirito che ha prodotto un’architettura essenziale e rigorosa, ma carica di suggestione, noi facciamo rientrare, con l’impegno della razionalità e della fantasia, la nostra personale ricerca di una soluzione progettuale formata da una quantità minima di elementi, tali però da contenere e soddisfare tutte le funzioni: non solo quelle strettamente fisiche ma compresa possibilmente quella di carattere emozionale, estetico, legata cioè a valori contemplativi e poetici (non la bellezza ma il sublime). Il nostro modo di lavorare, mio e di Willy, può essere sintetizzato nel video autoprodotto che poc’anzi avete visto.

Nel video ho presentato il simbolo del nostro percorso, ossia il nostro vecchio studio professionale: un ambiente sempre un po’ caotico, certo oggi anacronistico, affollato di oggetti obsoleti e quasi museali come tecnigrafi, rotoli di lucidi, matite, schizzi e modellini di cartone e balsa, che senza dubbio attestano un lavoro accanito in modalità tuttora manuale e cartacea. Le immagini, professionali e famigliari poi, che coprono le pareti raccontano brani di una lunga intensa e felice storia di coppia iniziata sui banchi dello IUAV negli anni Sessanta.

[ Studio of Maria Grazia Piazzetta and Willy Schweizer in Primiero – © Luca Chistè / www.lucachiste.it ]

Coppia in cui hanno interagito valori aggiunti sul piano professionale. Le nostre stesse diversità: provenienze opposte (montagna e laguna), studi superiori opposti (tecnici e artistici i suoi, umanistici e classici i miei) insieme agli elementi unificanti: la passione comune per l’architettura e la comune formazione universitaria di eccellenza, con docenti come Samonà, Piccinato, Astengo, Gardella, Belgioioso, Albini, De Carlo, Scarpa e poi il grande Bruno Zevi, che oggi incredibilmente ritrovo qui. Tornando al video – puntualizza Maria Grazia Piazzetta – la prima parte è dedicata a “luogo” e “progetto”, termini strettamente interconnessi.

Luogo dolomitico il Primiero, con paesaggi da cartolina. ma nella realtà professionale “luogo” – inteso come spazio antropizzato e costruito – che costituisce l’impegnativo contesto della quasi totalità delle nostre opere. Geograficamente due piccole valli adiacenti, il Primiero e il Vanoi (meno di 10.000 abitanti), storicamente territorio di soglia alternatamente dominato dall’Austria e dall’Italia. “Luogo” periferico e isolato, e forse per questo fortemente identitario, in due aspetti: la natura, bella e sublime, e nell’ambito della tradizione del luogo, l’“architettura spontanea”.

[ Tognola” condominium in San Martino – © Luca Chistè / www.lucachiste.it ]

Architettura di legno e di pietra come la natura bella e sublime, rigorosa ma libera e immaginifica, componente del paesaggio nei prati in quota e nei nuclei del fondovalle, quei “centri storici” oggi faticosamente individuabili perché soffocati e talvolta tra loro saldati dalla successiva espansione edilizia. L’appartenenza di vita, non di nascita, da adulta e architetto a un “luogo” così coinvolgente, vincolante e stimolante insieme, ha prodotto in me un sentimento forte che diviene componente progettuale dell’estetica dell’opera, intesa come tipo e livello di emozione suscitabile.

Sentimento il mio, che non vuole essere di nostalgia (perché nostalgia significa dolore e ritorno, quindi involuzione), emotivamente intenso, ma lucidamente controllato dallo sguardo lucido dell’architetto che analizza, seleziona, acquisisce e via via interiorizza gli archetipi del contesto montano (concetti, forme, volumi, materiali, elementi costruttivi). La cultura architettonica del presente fornisce quindi al sentimento il linguaggio per elaborarli. Come? Attraverso l’assunzione di una forma particolare di astrazione, di abbandono all’immaginazione e alla fantasia, ricorrendo alla dimensione del sogno o della narrazione, o a una sorta di “dissacrazione” giocosa.

Gli archetipi, indagati nella loro potenziale duttilità funzionale ed estetica, e quindi reinventati in funzione o forma o in entrambe, con un linguaggio che spazia dalla citazione alla decostruzione, sono inseriti nei nuovi spazi di vita per generare effetti e sensazioni diverse che appartengono alla sensibilità e alla cultura del presente. Alla fine nelle figure risultanti, nuove ma riconoscibili come evoluzione di forme antiche, rivive la tradizione, che è per definizione come citava Carlo Mollino “continuo vivente fluire di nuove forme».


Dolomiti, Costruire negli spazi alpini: ricordando l’architetto Willy Schweizer (VIDEO)

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