NordEst

Placido, “Itaker” rifiutato dai festival

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Applausi a "Itaker, vietato agli italiani" opera seconda di Toni Trupia, giovane regista diplomato al centro sperimentale di Cinematografia di Roma. "Peccato che questo film i festival italiani non l’hanno voluto, andrà a Berlino in un evento per ricordare i 60 anni dell’emigrazione italiana", dice Michele Placido che è nel cast del film da lui stesso prodotto con la moglie Federica Vincenti con la Goldenart.

"Ci hanno detto che è troppo ‘classico’, dice ancora Placido. "Peccato, mi sarebbe piaciuto essere in compagnia di Giovannesi e Amato, due colleghi che stimo", aggiunge Trupia.
Nel film, in sala in una decina di copie dal 29 novembre distribuito dal Luce Cinecitta, Francesco Scianna, sulle orme di Nino Manfredi di Pane e cioccolata, è un ‘magliaro’, un immigrato napoletano nella Germania di inizio anni ’60 cui va stretto il paese d’origine ma anche la fatica della fabbrica tedesca e quindi vende stoffe di dubbia provenienza in giro per la città. Con lui Pietro (il bimbo Tiziano Talarico), un ragazzino trentino alla ricerca del padre emigrato e che si scoprirà ha messo su lì una doppia famiglia con una signora tedesca.

 
Pietro toccherà corde che Scianna-Benito non pensava di avere, mentre cresce l’amore per Doina, emigrata dell’est (la bravissima Monica Birladeanu), barista per gli immigrati, ‘donna’ del piccolo boss Placido. La ricostruzione di baracche, fabbriche, ambiente sottoproletario degli italiani in Germania in quegli anni, cui erano vietati anche i locali e che venivano chiamati con il dispregiativo Itaker, è, seppure ‘classica’, assolutamente degna.

Toni Trupia, che ha tratto ispirazione dal toccante libro di lettere di Roberto Sala, Giovanna Massariello Merzagora Radio Colonia (Utet), racconta di aver pescato nella sua storia: "sono siciliano, parte della mia famiglia è andata in Belgio e ho ricordi vivissimi da ragazzo. Avevano raggiunto un certo benessere ma vivevano in un grande isolamento. La svolta per me, nella storia scritta con Placido e Leonardo Marini, è venuta quando a queste vicende si è pensato di unire la storia universale della ricerca della paternità, un tema che con l’emigrazione ha molto a che fare in termini di ossessione per le radici, identità".

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