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Difesa del territorio nel Primiero Vanoi: alla scoperta delle opere ‘storiche’ di sistemazione idraulico – forestali

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Alle prese con i cambiamenti climatici e con gli eventi sempre più estremi, nel Primiero ma non solo, abbiamo costruito difese che a ragione si possono ben definire opere d’arte

 

di Ervino Filippi Gilli

Primiero/Vanoi (Trento) – Le alluvioni, come ricordava il titolo della mostra che ho curato assieme a Gianfranco “Gianco” Bettega nel 1966 – Convivere con le acque in montagna – sono da sempre un fenomeno con cui i residenti in montagna devono confrontarsi e spesso lottare. Abitare in montagna, purtroppo, vuol dire lottare con la forza di gravità che fa franare le montagne ed i versanti e permette all’acqua di trasportare ingenti quantità di materiale, ma vuol anche dire vivere in aree ristrette che non sempre (o meglio quasi mai) sono esenti da pericoli naturali. Ecco allora che per difendere gli abitati o le infrastrutture sono state erette negli anni opere di sistemazione idraulico forestali un po’ ovunque.

I primi interventi

Fintanto che le risorse economiche erano scarse, le opere sono state concentrate nei pressi degli abitati e venivano erette e manutentate da Consorzi di difesa formati dagli abitanti del luogo da esse protetto; è ad esempio della fine del 1700 la mappa delle “parti” di Mezzano da cui si evince come il territorio prospiciente al Torrente Cismon e lo stesso abitato erano suddivisi in fasce, le parti appunto, ovvero aree tassate per importi progressivamente maggiori mano mano che ci si avvicinava al torrente.

Con i soldi ricavati dalla tassazione i Consorzi erigevano difese e/o procedevano alla loro manutenzione. Dopo l’alluvione del 1882, o meglio la serie di alluvioni del decennio 1880 – 89, l’Impero Austrungarico decise di istituire quella che venne chiamata Commissione pel Regolamento delle Acque in Tirolo che ebbe come scopo quello di progettare e realizzare in modo organico la sistemazione del territorio.

Un viaggio alla ricerca dei manufatti storici

In questo contributo voglio descrivere alcune delle opere ormai divenute storiche, creando un percorso ideale che dal piano sale al monte, focalizzando l’attenzione su quelle che sono ancora visitabili.

Dato che di questi manufatti ne sono rimasti un discreto numero, nonostante i danni causati dall’alluvione del 1966, dividerò il percorso in alcune tappe che descriveranno diverse tipologie di opere: le briglie di consolidamento, le arginature, i deviatori di deflusso. La prima tappa, qui presentata, è quella che partendo dalla Valle del Vanoi si dirige verso Mezzano Imer e descrive le briglie di consolidamento.

Con il termine “briglia” si definisce un’opera studiata per consolidare il fondo del corso d’acqua, ovvero per impedire che con le continue erosioni il torrente crei problemi di alluvionamento alle aree poste a valle, spesso sede di nuclei abitati, in epoche passate sicuramente zone coltivate.

Il rio di Prade e la “Val de Rore”

Attraversato il viadotto che collega Canal San Bovo e Lausen si incontra il rio. Non è un grandissimo torrente – ha una portata di poche decine di litri al secondo ed un bacino di poco più di un chilometro quadrato – ma è estremamente importante dal punto di vista storico.

Tornando indietro nel tempo, il primo evento alluvionale di cui si ha notizia è quello del 1748: nella descrizione del parroco Imana leggiamo “ …. la mattina della domenica precedente alla festa di S. Bartolomeo, il cielo era tutto oscuro e di tratto in tratto scoppiavano dalle nubi tuoni e lampi, collo splendor dei quali scorgevasi viemmaggiormente l’orrendezza del tempo. Verso mezzogiorno ad intervalli incominciò a piovere e finalmente alla sera fra un continuo fragor di tuoni e chiaror di lampi, che parevano uno solo, cadde pioggia a diluvio per tutta la notte. Mentre tutti sen giacciono dormendo, ecco staccarsi dal monte di Rorre a mattina del paese una frana, che, conducendo seco gran quantità di massi e sabbia, assale di fianco Canal di Sotto, e fa immensa strage delle case, delle quali parte trascina seco, parte seppellisce.

[…] Settantadue persone prima sepolte che morte, furono trascinate giù per la valle, e trovarono la tomba in chissà qual luogo. […] Fra le case asportate è pure da annoverarsi la casa canonicale, con l’archivio che conteneva molti antichi ed importanti documenti.”

Dopo questo che fu uno dei fenomeni torrentizi più devastanti che il Trentino ricordi, per consolidare l’alveo e le frane vennero realizzate numerose briglie, 13 nella parte sotto Prade stando alla mappa del 1823, molte altre più a monte.

L’estratto della mappa dimostra come dopo l’evento alluvionale del 1748 furono realizzate lungo il rio numerose opere

Queste opere però furono in gran parte distrutte nel 1876 quando “Il 7 agosto il Rivo, in ispecie da Rore fino sotto Canale, sconducendo dei muraglioni costruiti a difesa del paese l’ammasso dei quali venne depositato nei sottoposti prati dei Fabbri, ove venne pure scondotto un ponte.Il danno è incalcolabile, ma secondo il parere di individui intelligenti eccede l’importo di fior. 40 mila”

E’ credibile che oltre a quelle riportate nella cartografia, siano state costruite lungo questo torrente altre opere di consolidamento: nel tratto tra le quote 1070 e 1330 sono state rinvenute innumerevoli traverse realizzate con pietrame a secco. Non si tratta però delle tipiche opere in massi squadrati (di cui diremo dopo) ma di traverse formate da blocchi relativamente piccoli, quasi accatastati, con paramento di valle molto inclinato. Queste opere si sono inserite nell’ambiente così bene che è difficile vederle anche andando sul posto: se ne intuisce la presenza guardando il profilo longitudinale del collettore che vede intervallarsi brevi rampe pendenti a tratti più pianeggianti.

Con la linea rossa è indicata una delle briglie: si noti come a monte ed a valle dell’opera il collettore (asciutto) sia quasi pianeggiante

Briglie di consolidamento di tipo diverso, ovvero formate da grandi blocchi squadrati, sono presenti lungo altri rivi in Primiero: quello dei Masi, il Rio Madonna, il Lazer, il Civerton, la Val della Vecchia. Quelle più facilmente accessibili sono localizzate lungo il rio Madonna mentre le altre sono di difficile individuazione e abbastanza lontane da strade o sentieri.

Se si vuol visitare una delle cinque briglie a secco del bacino del rio Madonna, basta seguire la strada di Solan che si imbocca circa un chilometro prima di raggiungere l’abitato di Gobbera salendo da Imer: a monte dell’attraversamento di detta strada fa bella mostra di sé una traversa formata da blocchi squadrati di porfido.

Una ventina di metri a monte di questa esiste un’altra opera quasi completamente sepolta dai detriti

A prima vista può sembrare un lavoro da poco, in fin dei conti si tratta di cinque file di blocchi sovrapposti, ma vi invito a considerare alcuni aspetti: prima di tutto quei blocchi sono stati trasportati in sito in quanto il porfido non si trova in zona, sono stati lavorati a mano con lo scalpello e si può notare come combacino bene tra loro lasciando fessure molto ristrette, l’opera è stata montata probabilmente sollevando i blocchi con paranchi ed a forza di braccia, la traversa è lì da oltre 100 anni ed ha sopportato alluvioni importanti. Unico fatto negativo è la presenza di qualche danno che potrebbe comprometterne la stabilità in un prossimo futuro.

L’auspicio è che prima che sia troppo tardi si metta in atto un restauro conservativo che salvaguardi questo che comunque la si pensi è un pezzo della nostra storia. Il nostro viaggio prosegue: il prossimo contributo riguarderà il cunettone di Imer e la difese di sponda di Fiera di Primiero.

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