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Medici ospedali Trentino, uno studio conferma: 3 su 4 vogliono lasciare

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Il sindacato Cimo: “Troppa burocrazia, mancano cento dottori”. Presidente Ordine Medici Trento, Ioppi: “Ritrovare il ruolo del medico”

 

Trento – Stanchi, sfiduciati, “aggrediti” dalla burocrazia e in cerca di una via di fuga, all’estero o nella sanità privata. È questo il quadro che emerge dallo studio effettuato dal sindacato Cimo-Fesmed tra i medici ospedalieri trentini.
I risultati – estrapolati da un’indagine a livello nazionale – sono stati illustrati questa mattina, dalla presidente di Cimo-Fesmed Trentino, Sonia Brugnara, nelle sede di Confcommercio a Trento.

Lo studio

Secondo lo studio (sono 153 i medici ospedalieri che hanno risposto), il 69% degli intervistati non rinnega la scelta della professione medica, ma solo il 26,6% tornerebbe a lavorare negli ospedali pubblici. Il 29,5% vorrebbe anticipare la pensione, il 18,6% sceglierebbe l’estero e il 17,5% vorrebbe lavorare nelle strutture private. Sull’esito pesa il gap tra aspettative iniziali e successive che crollano sia in termini di carriera che retributiva.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro, solo il 9,1% dichiara di veder rispettato il tetto contrattuale delle 38 ore minime settimanali, mentre il 63% arriva a 48 (il massimo consentito dalla legge) e il 27,9% supera anche le 48 ore. Il che si traduce in un cumulo di ferie diffuso: solo il 22,7% non ha residuo a fine anno, mentre il 5,2% supera addirittura i cento giorni da smaltire. Secondo lo studio – ha sottolineato Brugnara – questo surplus di ore lavorate corrisponde ad un centinaio di medici che mancano negli ospedali trentini.

A pesare sulla sfiducia del medico ospedaliero c’è soprattutto la burocrazia, ritenuta eccessiva dal 70,8% degli intervistati, mentre la parte relativa all’ascolta del paziente soddisfa solo il 35,7%. Il dato crolla sulla formazione, ritenuta adeguata dal 4,5%.

I dati rispecchiano quelli nazionali. Guido Quici, presidente nazionale di Cimo, ha spiegato che sulle aspettative di carriera crollate pesa la chiusura dal 2009 al 2019 di 11.500 strutture semplici e complesse in Italia. Nello stesso arco temporale, il numero di medici negli ospedali italiani è diminuito di 5.500 unità.

“Ritrovare il ruolo del medico”

«Molti colleghi – ha spiegato la dott.ssa Brugnara – ci hanno ringraziato per il sondaggio perché così riusciamo a dare voce ad un malessere diffuso tra i reparti. Tant’è che la maggior parte dei soci ha risposto subito, sintomo del bisogno di esprimere una situazione obiettivamente molto pesante. Quello che preoccupa è anche la perdita di attrattività della professione ospedaliera nella nostra provincia: la nostra professione prevede un percorso di qualificazione molto lungo e accurato che si conclude con un concorso pubblico.

Mancanza di attrattiva significa depauperare lentamente ma inesorabilmente questo patrimonio di professionalità. Un rischio per tutta la comunità, non soltanto per il personale sanitario. Per questo chiediamo un impegno comune di tutti i soggetti, dagli amministratori agli ordini, dalla politica alla comunità affinché si mettano in campo soluzioni adeguate per far tornare a crescere l’attrattiva della professione ospedaliera. Da questo punto di vista possiamo trovare soluzioni particolari grazie all’autonomia concessaci dallo Statuto provinciale».

Una preoccupazione raccolta anche dal presidente dell’Ordine dei Medici di Trento, Marco Ioppi: «Grazie a Cimo per aver messo in luce questo aspetto: ci vuole un fronte comune che aiuti a ritrovare il ruolo del medico nella società».

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