di Annalisa Borghese
Per arrivare a trovare qualche riga su Caterina de’ Medici e la regina Vittoria, famosa per la longevità del suo regno, occorreva arrivare al liceo.
I manuali scolastici degli anni Settanta, quelli sui quali ho studiato io, dedicavano pochissime righe alle donne, che perlopiù non c’erano, e la storia la facevano gli uomini. A partire dai tempi che furono cacciatori, strateghi, letterati, musicisti.
Uno fra tutti Mozart, ma sulla sorella Nannerl, bambina prodigio quanto lui se non di più, neppure una parola. Una perfetta sconosciuta fra le tante. I grandi erano uomini. Si imparava così e basta.
Poi crescendo ti rendi conto che i libri di scuola rispecchiano quel pensiero discriminante che genera comportamenti e cultura sessista.
Lo sguardo del femminile non trova spazio, se non saltuariamente, e il pensiero mancante attraversa le generazioni.
Alcune pietre miliari, certo, sono state poste sul cammino della parità di genere. Il femminismo ha portato i suoi frutti, ma anche una mascolinizzazione che alla lunga al femminile non ha giovato. Oggi, infatti, oltre al silenzio obbligato delle antenate, facciamo i conti anche con un eccesso di energia maschile, brandita come una spada per farci strada e occupare il nostro posto nel mondo, abdicando al potere di definirci.
Questo è il punto: stare nel mondo, in qualunque ccontesto professionale, senza rinunciare al femminile che ci appartiene. Il femminile che secondo la nostra cultura coincide tuttora con un certo tipo di lavoro, più conciliante di altri con l’aspetto della cura parentale. Ma il femminile è molto di più.
Quante di noi sono cresciute con l’idea che tutto non si può pretendere e una donna a qualcosa deve pur rinunciare? Come se realizzarsi nella professione e nello stesso tempo nella maternità fosse una pretesa.
Dati alla mano, il saggio fresco di stampa “Invisibili” dimostra che in Italia le donne ai vertici si contano sulla punta delle dita. C’è chi nega la realtà, chi non se ne accorge proprio, chi dichiara che il lavoro di una donna è qualitativamente inferiore a quello di un uomo come fosse una santa verità, chi afferma che donne prestigiose non ce ne sono come se prestigiosa si nascesse senza opportunità di diventarlo.
E se noi donne non arrivassimo ai vertici anche perché starci nel modo consueto non ci interessa proprio?
Caroline Criado Perez, Invisibili, Einaudi Editore, 2020 da abbinare ad una tisana di moringa, il cosiddetto “albero dei miracoli”.
Con questa proposta di lettura vi auguro un buon periodo agostano. In settembre proseguiremo sul nostro sentiero, un viottolo di campagna in alternativa all’autostrada del pensiero dominante, vi ricordate? Con il clima più fresco riprenderemo anche il rito della tisana…