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La “neve rossa” richiama turisti ed escursionisti sulle Pale: ecco perchè avviene

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E’ un fenomeno naturale noto da oltre 100 anni la cui spiegazione si deve al botanico scozzese Robert Brown : fu lui a scoprire che la colorazione della neve era legata all’accumulo di alghe Chlamydomonas nivalis

Alghe sulla neve dell’altipiano delle Pale, il 28 giugno 2020

 

di Ervino Filippi Gilli

NordEst – Questo arrossamento è un fatto abbastanza frequente (in Primiero un evento particolarmente significativo si è verificato nel 2011) dovuto alla fioritura di un’alga, probabilmente la Chlamydomonas nivali o la Ancylonema nordenskioeldii , quest’ultima recentemente studiata dai ricercatori dell’Università di Milano – Bicocca, sul ghiacciaio del Morteratsch, in Engadina (Svizzera).

Queste sono alghe verdi, la Chlamidomonas in particolare, unicellulari, molto resistenti al freddo che riescono a sopravvivere in ambienti estremi quali la roccia nuda o le acque di fusione della neve. Sopravvivono a condizioni difficili grazie ad una spessa parete cellulare che protegge l’alga non solo dalle basse od alte temperature ma anche dalle radiazioni ultraviolette che in ambiente di quota sono particolarmente intense; il colore rosso è dato da un carotenoide noto con il nome di astaxantina.

Dal portale: earth.nullschool.net riferite al 2 maggio ed al 30 giugno

Si discute molto se la presenza di queste alghe favorisca o meno lo scioglimento della neve e pertanto il mancato apporto di “materia prima” ai ghiacciai e di conseguenza il loro scioglimento. Prima di dare una risposta è bene però chiarire il concetto di albedo. Tutti sappiamo che una superficie chiara si scalda meno rispetto ad una scura: lasciate al sole una autovettura nera ed una bianca e vedrete che tra le due macchine si potrà misurare dopo un po’ di tempo una bella differenza di temperatura.

Questo fenomeno fisico è l’albedo, ovvero alla capacità di un corpo di riflettere l’energia solare che lo colpisce. L’albedo è massimo per una superficie chiara (tendenzialmente vale 1 per il color bianco ovvero l’energia è tutta riflessa), minimo per una scura (vale zero per il color nero): ecco spiegato perché, per preservarlo durante l’estate, sul ghiacciaio della Presena vengono utilizzati teloni di protezione bianchi e non neri.

Ritornando alle nostre alghe è evidente che se sporchiamo la neve, questa non sia più uniformemente bianca ed i puntini rossi dell’alga funzionano come assorbitori di calore e pertanto favoriscono lo scioglimento della neve nel loro intorno; questo fenomeno è assolutamente naturale e si verifica anche quando sulla neve cadono particelle di altra origine come le sabbie del deserto africano durante i periodi in cui spirano venti da sud (ultimo importante è del 19 febbraio 2014), od inquinanti provenienti nel nostro caso dalla Pianura Padana.

Non si può dar colpe alle alghe se si verificano maggiori fenomeni di scioglimento, ma la causa va ricercata nell’innalzamento delle temperature globali con conseguenti riduzioni negli apporti nevosi. Val qui la pena di ricordare, solo per far l’esempio dell’inverno 2019-20, che a Passo Rolle la quantità di neve caduta e misurata al suolo è stata metà della media degli ultimi 20-30 anni.

Se l’innalzamento di un grado nelle temperature medie rappresenta un aumento della quota delle nevicate di 100 metri circa, il fatto che in primavera nevichi poco od addirittura piova oltre i 2500 metri e che il termometro scenda sotto lo 0°C per poche ore nel periodo estivo, è la causa principale dello scioglimento dei ghiacciai e non certamente la presenza delle alghe: l’esempio più semplice da fare è quello dell’estate 2014 dove, a fronte di precipitazioni nevose importanti (oltre i 10 metri sull’Altipiano delle Pale nell’inverno 2013-14), il ghiacciaio della Fradusta non ha subito incrementi in superficie proprio perché l’estate è stata poi così calda da sciogliere quasi del tutto la massa nevosa.

Si diceva anche delle polveri “industriali” provenienti dalla pianura come agenti che a loro volta facilitano lo scioglimento della neve: anche queste sono certamente assorbitori di calore che con il trascorrere del tempo si aggregano e vanno a formare, concentrando lo scioglimento, quei buchi nella neve e nel ghiaccio in cui si accumulano le particelle che prendono il nome di crioconiti.

È evidente che se la fonte degli inquinanti si ferma per un certo periodo (il lockdown che tutti abbiamo vissuto) è altamente probabile che le concentrazioni delle polveri che circolano in atmosfera siano diminuite (e questo ammesso e non concesso che i vari sistemi di riscaldamento domestico non abbiano subito incrementi di produzione dato che la gente rimaneva forzatamente in casa): utilizzando i dati forniti dal sito earth.nullschool.net è possibile notare come stiamo ora passando da concentrazioni di Pm10 di 4 μg/mc del 2 maggio agli 11 μg/mc attuali, ovvero come l’apporto di particolati, diminuito durante le “ferie forzate” , stia tendenzialmente aumentando.

Neve sporca nei pressi del lago di fusione del ghiacciaio della Fradusta

In sintesi e per concludere si può affermare che lo scioglimento dei ghiacciai dipende principalmente dalla riduzione degli apporti nevosi e dall’aumento delle temperature; se proprio si vuol essere fiscali un aiutino lo da anche il fatto che la neve sia più o meno “sporca”, ma tale aiuto non è però così determinante. E’ difficile anche affermare che esista una correlazione diretta tra il proliferare delle alghe ed il lockdown: si tratta di un fenomeno ciclico che si ripete con una frequenza che al momento non so quantificare.

Forse più che incolpare le alghe o le crioconiti di facilitare lo scioglimento della neve, sarebbe più importante ed interessante vedere se la presenza di spore algali o di particelle nelle acque di scioglimento (le quali entrano in un secondo tempo nei cicli vitali a diverso titolo) ha qualche ripercussione sugli ecosistemi, inteso non solo come effetto ‘lassativo’ nel caso della Chlamydomonas se assunta in dosi importanti, ma come accumulo nei tessuti dei consumatori primari o finali che si voglia.

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