NordEst

Feltre, Restano ignote le cause del rogo su Monte San Mauro

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L’incendio boschivo del Monte San Mauro, in pieno parco delle Dolomiti bellunesi, nel feltrino, non è stato causato da un fulmine né da autocombustione. La sua origine è dunque ragionevolmente di origine antropica, insomma c’è di mezzo l’uomo. E’ questa la conclusione pressoché unanime dei tecnici delle istituzioni intervenute nello spegnimento, anche se condite da “molto probabilmente”, “non è da escludere” e così via.

Ne consegue che se fossimo davanti ad un evento doloso (le indagini sono in corso), vorrebbe dire che ci troviamo di fronte a esperti in disastri che hanno ottenuto il massimo effetto pirotecnico; se l’evento avesse cause colpose, chi ha dato il via al disastro dovrebbe essere considerato un perfetto incosciente imbecille, che con un comportamento “leggero” ha messo a rischio l’integrità del parco naturale nazionale più significativo d’Europa in un’area riconosciuta dall’Unesco di valenza mondiale.
 

Alla riunione tecnica hanno preso parte tutti gli “operativi” dello spegnimento: Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato con il suo Coordinamento Territoriale Ambientale, Volontari Antincendi Boschivi, Servizio Forestale di Belluno, Servizio Regionale Antincendi Boschivi e Protezione Civile del Veneto.
 
L’evento è stato analizzato in tutti i suoi dettagli, dall’insorgere fino alle ultime operazioni di chiusura e di bonifica, analizzando tutti i parametri meteorologici, orografici e di intervento. “Anche questa esperienza, pur nella sua negatività – ha commentato l’assessore alla Protezione Civile del Veneto Daniele Stival – ha evidenziato il successo del lavoro comune tra istituzioni, che ha evitato che l’incendio si protraesse per più giorni. In ogni caso ci sarà utile per rendere ancora più efficace il nostro già efficiente sistema antincendi”.
 
I dati hanno evidenziato come, nel giorno dell’inizio dell’incendio, ci fossero condizioni atmosferiche purtroppo ottimali per l’attecchimento e la propagazione del fuoco: giornata con la minore umidità relativa, maggiore temperatura rispetto alla media del periodo nella zona, previsione di assenza di pioggia e con la più recente precipitazione significativa risalente alla prima settimana di gennaio, presenza di flavonio di alta quota, vento caldo che ha ulteriormente favorito le fiamme. Dal punto di vista fisico, la zona è impervia e accidentata, tanto da avere reso difficili le operazioni a terra e addirittura improponibili nei primi due giorni. In più, l’assenza di vento il martedì e il mercoledì, che pure ha evitato l’ulteriore propagarsi delle fiamme, ha mantenuto basso il fumo, impedendo ai mezzi aerei di intervenire se non nelle tarde ore del pomeriggio.

Dal cielo sono poi intervenuti due elicotteri regionali, uno del Corpo Forestale dello Stato e un enorme CH47 da 5 mila litri, dell’Esercito Italiano, fatto intervenire appositamente dal Centro Operativo Aereo Unificato di Roma, che si è prodigato per garantire una copertura aerea importante, pur in un momento che vede a terra i Canadair.

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