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Elezioni Politiche, scatta il “silenzio” prima del voto: 10 cose da sapere

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Urne aperte dalle 7 alle 23 per oltre 46 milioni e mezzo di italiani. In ballo il rinnovo del Parlamento. Ma come si vota? E con quale legge elettorale? Quando avrà inizio lo scrutinio? E’ possibile esprimere la preferenza? Per chiarire gli ultimi dubbi, ecco un breve vademecum

Elezioni 2018, la sfida tra i big della politica italiana: Renzi, Berlusconi, Salvini e Di Maio

 

NordEst (Adnkronos) –  Gli elettori sono per la Camera oltre 46 milioni e mezzo e per il Senato quasi 43 milioni. Ci sono poi gli elettori residenti all’estero (oltre 4 milioni per la Camera e quasi 3,8 milioni per il Senato) il cui voto per essere valido deve essere pervenuto al Consolato entro le ore 16 di giovedì 1 marzo.

ELECTION DAY – Urne aperte domenica anche le elezioni del Presidente e del Consiglio regionale di Lombardia e Lazio.

LO SCRUTINIO – Lo scrutinio avrà inizio al termine delle operazioni di voto, cominciando dallo spoglio delle schede per l’elezione del Senato. Successivamente, dalle ore 14 di lunedì 5 marzo si svolgeranno gli scrutini per le elezioni regionali.

L’AFFLUENZA – Dal ministero dell’Interno comunicheranno i dati ufficiali di chi si è recato alle urne per la Camera alle ore 12, 19 e 23 e per il Senato solo alle 23 orario di chiusura dei seggi elettorali.

TESSERA ELETTORALE – Chi avesse smarrito la propria tessera elettorale potrà chiederne il duplicato agli uffici comunali per tutta la durata delle operazioni di voto.

COME FUNZIONA IL ROSATELLUM– La nuova legge prevede un sistema elettorale misto sia alla Camera sia al Senato: un terzo dei seggi è assegnato con il sistema maggioritario e due terzi con il sistema proporzionale. Con il sistema maggioritario in ciascun collegio viene eletto un solo candidato: quello che ottiene più voti. Con il sistema proporzionale a ciascuna lista o coalizione di liste sono assegnati i seggi in proporzione ai voti ottenuti, calcolati a livello nazionale e poi redistribuiti nelle singole circoscrizioni territoriali. Ogni candidato che concorre con sistema maggioritario è identificato sulla scheda elettorale perché il suo nome è scritto dentro un rettangolo che non presenta simboli ed è collocato in alto rispetto alla lista o alle liste collegate. Ogni lista o coalizione di liste è collegata a un solo candidato.

I SEGGI – Con il sistema maggioritario sono assegnati 232 seggi alla Camera e 116 seggi al Senato. L’assegnazione dei restanti seggi del territorio nazionale (386 alla Camera e 193 al Senato) avviene con il metodo proporzionale in collegi plurinominali.

LE SCHEDE – Per l’elezione della Camera (per i cittadini che hanno compiuto 18 anni) la scheda è rosa. Per l’elezione del Senato (per gli elettori che hanno compiuto 25 anni) la scheda è gialla. Quest’anno, per la prima volta all’interno della scheda è inserito un tagliando antifrode. Ciascuna scheda – in un rettangolo – ha il nome e il cognome del candidato nel collegio uninominale. Nel rettangolo o nei rettangoli sottostanti, sono riportati il simbolo della lista o delle liste, collegate al candidato uninominale, con a fianco i nomi e i cognomi dei candidati (da un minimo di 2 a un massimo di 4) nel collegio plurinominale, secondo il rispettivo ordine di presentazione.

COME SI VOTA – L’elettore potrà votare apponendo un segno sulla lista prescelta e il voto si estenderà anche al candidato uninominale collegato; oppure potrà apporre un segno su un candidato uninominale e il voto si estenderà alla lista o alle liste collegate in misura proporzionale ai voti ottenuti nel collegio da ogni singola lista. Il voto è valido anche se si appone il segno sia sul candidato uninominale sia sulla lista o su una delle liste collegate.

NIENTE VOTO DISGIUNTO – Non è possibile il voto disgiunto, cioè votare un candidato uninominale e una lista collegata a un altro candidato uninominale. E’ vietato anche scrivere sulla scheda il nominativo dei candidati e qualsiasi altra indicazione.

Gli ultimi appelli

M5s a Roma in Piazza del Popolo, Pd in ‘cento città’, LeU a PalermoSalvini chiude a Milano la Meloni a Latina. Nel ‘salotto tv’ di ‘Porta a Porta’ gli ultimi appelli di Berlusconi, Renzi e Di Maio. Si vota domenica 4 marzo: seggi aperti domenica 4 marzo dalle ore 7 alle ore 23

Renzi: “Nel PD tanti nomi per il premier”

“Con il massimo rispetto, io il nome di Carlo Calenda me lo gioco con chiunque degli altri. Oggi è stata messa una importantissima pezza che permettere di salvare i lavoratori di Embraco, sono 494 famiglie e vanno sommate a quelle di Piombino, a quelli di Ideal Standard. Io non parlo di figurine, ma di crisi aziendali”. E’ quanto ha detto Matteo Renzi a Porta a Porta.  “Il Pd in questi anni si è sporcato le mani e ha salvato migliaia di posti di lavoro. Di Battista si è andato a fare il selfie davanti a Embraco…”.

ALLEANZE – “Sarà importante capire se il primo gruppo parlamentare saremo noi o i 5 Stelle – annuncia -. Io preferisco andare all’opposizione che allearmi con gli estremisti”. “Io non ho né padrini né padroni e a 43 anni ho già fatto il presidente del Consiglio e per questo ringrazio gli italiani”.”Ho fatto degli errori – aggiunge -. Ai politici capita di sbagliare ma preferisco farli che fare come i miei predecessori che hanno vivacchiato attaccati alla seggiola”.”Il Pd ha una grande squadra, sono orgoglioso di essere allenatore di questa squadra, non commetterò l’errore di personalizzare come l’altra volta”. Quanto alla “prossima legislatura”, sottolinea, “dovremo fare una commissione d’inchiesta sulle fake news”.

NOME DEL PREMIER – “Se sarà Gentiloni, o un altro nome del Pd, Franceschini, Minniti, Delrio o Calenda ad andare al governo, sono certo che gli italiani riconoscano loro autorevolezza e professionalità” ha detto Renzi a Porta a Porta. Ma il suo nome ce lo lascia? Risponde il segretario Pd: “Il nome di Renzi, c’è, ma non ne faccio una questione personale”.

Movimento 5 Stelle

“Non posso dirvi nulla sui sondaggi. Ma ne ho appena letto uno e siamo a un passo dalla vittoria. Possiamo vincere in tutti i collegi del Sud e in molti del Nord”. Con queste parole Luigi Di Maio, dal palco di Piazza del Popolo, ha scatenato il boato della folla dalla quale si è alzato il coro ‘onestà onestà’.

Bandiere bianche con il logo del Movimento 5 Stelle, cartelli gialli con la scritta ‘Di Maio presidente’ e lo slogan ‘Partecipa, scegli, cambia’ nella piazza scelta dai grillini per la manifestazione di chiusura della campagna elettorale, con i vertici soddisfatti. “C’erano più di 20mila persone” fanno sapere gli organizzatori.

Il presunto centrosinistra è fuori combattimento – ha scandito il candidato premier M5S – Stamattina Renzi ha detto ‘sono disposto a farmi da parte’. E’ finita per loro”. Negli ultimi anni “il M5S è stato dato per morto ogni sei mesi. Oggi siamo qui con un consenso maggiore del 2013 – ha evidenziato – E’ finita l’era dell’opposizione e comincia quella del governo“. Per Di Maio “il 4 marzo sarà un referendum. Noi un referendum lo abbiamo già vinto, avremo una bella sorpresa anche domenica sera”. La previsione è di “un gruppo parlamentare almeno 3 volte più grande di quello uscente”.

Berlusconi: “Caos se non vinciamo”

Se alle elezioni non dovesse prevalere il centrodestra “ci troveremmo in un vero e proprio caos, in una situazione pesante, e dovremo tornare a votare subito”. Lo dice Silvio Berlusconi al Tg2. Poco dopo a Porta a Porta attacca Luigi Di Maio. “Non sarebbe in grado di amministrare un’edicola” sostiene il Cavaliere, aggiungendo che il Movimento 5 stelle “fa soltanto colpi di teatro”.

“Il presidente Tajani oggi mi ha portato un regalo” dice, poi, Berlusconi. Grazie ai fondi europei “ha messo in piedi un fondo unico per il Sud che va dai venti ai trenta miliardi, che può produrre entro il 2020 500mila posti di lavoro“. “Credo che la figura di Antonio Tajani”, aggiunge, “sarebbe così importante per l’Italia, che oggi non conta niente né in Europa né nel mondo, abbiamo avuto la dimostrazione con l’Ema, credo che conoscendo il signor Salvini da vicino, lui ci farebbe una profonda riflessione” per la sua designazione a premier, anche se la Lega dovesse essere il primo partito della coalizione.

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