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Parco Paneveggio Pale San Martino, il direttore Vittorio Ducoli termina il suo incarico e si racconta

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Giovedì 30 marzo 2023 ultimo giorno di lavoro per il direttore del Parco, Vittorio Ducoli, che andrà in pensione. Tanti i progetti realizzati e le iniziative portate a termine con la sua direzione. Oggi è tempo di bilanci. Dai primi giorni di maggio a Villa Welsperg torna Cristiano Trotter


 

di Christian Zurlo

Villa Welsperg – Val Canali (Trento) – E’ tempo di bilanci, per Vittorio Ducoli (nella foto), dopo una lunga esperienza nella sede di Villa Welsperg. Quali sono i risultati che la rendono più orgoglioso dal 2011 ad oggi? Il mio incarico termina il prossimo 31 marzo e questo Parco è quello in cui ho lavorato più a lungo. Questo comporta che tante siano le cose che sono state fatte, ed anche che questo territorio ha dato sicuramente moltissimo, a me e a mia moglie, in termini sia professionali sia umani. Direi che, al di là di singoli interventi o piccole/grandi opere che il Parco ha realizzato in questo decennio, tra i risultati che mi porterò dietro, vi sono: la variante generale al Piano del Parco, costruita in maniera innovativa e che – entrata in vigore da ormai 7 anni – ha dimostrato di essere un valido strumento per la conservazione dei valori ambientali e paesaggistici del Parco.

Il fatto che il Parco sia riuscito a mantenere, in anni in cui i finanziamenti provinciali erano in continuo calo, i livelli occupazionali degli operai e degli addetti al pubblico, soprattutto grazie all’accesso ai fondi del PSR. Gestire progetti PSR non è per nulla facile: tanta è la burocrazia e i controlli sono giustamente severi. Per questo devo ringraziare l’impegno profuso da tutti i settori dell’Ente, da quelli tecnici a quelli amministrativi, che ha fatto sì che negli ultimi 7-8 anni una cifra vicina al milione di euro sia entrata nelle casse dell’Ente e sia stata spesa sul territorio con interventi di qualità. L’essere riusciti, pur nel quadro di risorse drammaticamente calanti, a garantire attività importanti nella ricerca e monitoraggio ambientale, nella didattica, nei servizi offerti ai nostri visitatori non era affatto scontato: grazie alla professionalità dei miei collaboratori e ad un po’ di inventiva siamo riusciti a “tenere botta” e a c0oncretizzare tante nuove iniziative. Infine, sono molto orgoglioso di come il compito che ci è stato affidato dalla Provincia dopo Vaia, vale a dire il ripristino della rete sentieristica, sia stato portato a termine velocemente e con efficienza, ancora una volta grazie alla professionalità dei nostri operai e di chi li coordina”.

Che cosa invece, avrebbe voluto portare a termine ma è rimasto in sospeso? I due interventi più importanti che lascio ‘incompiuti’, ma che verranno terminati da chi mi seguirà, riguardano due centri visitatori: quello di Paneveggio, dove, completati gli interventi di riqualificazione energetica, siamo in procinto di realizzare i nuovi allestimenti espositivi, e quello di San Martino di Castrozza, che si sposterà in centro, nell’ex casa cantoniera, per il quale siamo nella fase della progettazione preliminare. Sicuramente due spartiacque sono stati prima Vaia poi il CoViD. In particolare la primavera del primo confinamento, con quasi tutti i collaboratori a lavorare da casa e la villa silenziosa, senza neppure le voci di bambini e ragazzi in visita, è stata molto triste. Quanto a Vaia, i momenti difficili sono venuti dopo la tempesta, quando è stato necessario in alcuni casi ribadire la funzione del Parco per evitare che ai danni del vento si sommassero quelli di un eccessivo ‘interventismo’ che avrebbe potuto sconvolgere l’assetto del territorio come lo conosciamo”.

Quale futuro immagina per l’Ente e quali i suggerimenti per migliorarne la gestione? Non ho particolari suggerimenti da dare: il Parco ha una struttura tecnica competente e degli amministratori che sapranno fare le scelte giuste per il territorio. Mi auguro però in particolare che gli importanti interventi infrastrutturali che verranno realizzati a breve, in primis il “collegamento”, divengano lo strumento di uno sviluppo complessivo ed equilibrato, e che si apra una discussione sul futuro del Passo Rolle, straordinario crocevia di vallate e montagne diverse. Personalmente credo che non si debbano inseguire vecchi sogni (o forse incubi) legati ad una ulteriore infrastrutturazione del territorio, ma fare del Passo il vero snodo di un turismo legato alla scoperta e alla conoscenza di un territorio unico”.

Quanto è importante la cultura nella programmazione del Parco e quanto le sinergie con turismo, agricoltura e territorio. Si può fare di più? Credo che la cultura materiale dei luoghi, che si esprime nei saperi comuni, nel rapporto “vero” con il territorio e nel richiamo alle tradizioni per rinnovarle sia un valore straordinario di queste vallate trentine. Il Parco è figlio di questi territori e quindi ne ha tratto alimento. Il mio predecessore, Ettore Sartori, portò avanti molti interventi importanti basati sulla cultura locale. Io, con i miei mezzi culturali più limitati, ho cercato in questi anni di seguire quella traccia. In particolare ii rapporto con il mondo dell’agricoltura di montagna e dell’allevamento è stato centrale per realizzare tante iniziative e progetti (dalla Festa della Val Canali agli interventi di recupero di prati e pascoli al progetto della lana di pecore Lamon e Tingole). Il rapporto con il settore turistico è tradizionalmente complesso per un Parco, soprattutto nelle aree turisticamente sviluppate. Tuttavia credo che in questi anni sia complessivamente maturata la coscienza del ruolo che il Parco gioca in questo campo e della necessità di declinare l’offerta turistica in forme sempre più sostenibili. In questo senso la recente nuova adesione del Parco alla Carta Europea del Turismo Sostenibile rappresenta un’occasione di dialogo da intensificare”.

Quale sarà la sua prossima destinazione al termine di questa importante esperienza professionale e di vita, ma soprattutto che cosa non dimenticherà? “Da Primiero a Gorizia, città che mia moglie, io e la nostra cagnolina Pina abbiamo scelto per vivere questa ulteriore fase della nostra vita. Da Primiero porterò a Gorizia tante cose: tre Presidenti che hanno avuto fiducia in me, collaboratori competenti e che lavorano con passione, piccole comunità nelle quali ci siamo integrati molto bene, un territorio bellissimo in cui torneremo comunque spesso. Inoltre io mi porto via un pezzo di vita professionale in cui ho cercato di dare il massimo, conscio dei miei limiti e delle mie inadeguatezze. Ma il Parco è talmente forte da essere riuscito a sopportare anche un direttore come me”.

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