“Anche il ricordo dei caduti significa far passare davanti il volto di uomini che hanno versato il proprio sangue sul campo di guerra. E pensando a quella vita, potete avere la prova che l’ultima parola non ce l’ha la morte, ma la morte è porta sulla luce. A volte, proprio sul campo di battaglia, per il compagno che muore si scrive una pagina bellissima di attenzione e di delicatezza”
Trento – Nel giorno della commemorazione dei defunti, l’arcivescovo Lauro ha presieduto al sacrario militare del cimitero di Trento la s. Messa in memoria dei caduti di tutte le guerre. Vi hanno preso parte numerose autorità, rappresentanti delle forze militari e dell’ordine, molti fedeli.
“A volte – ha esordito Tisi, all’indomani della partecipata liturgia di Ognissanti – pensiamo sia più facile credere che non c’è nulla al di là della morte. Ma è solo la reazione istintiva di gente che ha fretta e non ha tempo di pensare. Perché, come succede in questi giorni, quando ti passa davanti il volto di tuo padre, dell’amico, quando poni un fiore sulla tomba dei tuoi cari, in quel momento emerge forte la percezione che la persona che ti ha voluto bene c’è”.
“Mi piace riconoscervi – si è rivolto agli uomini in divisa – quello che il mondo intero riconosce alle forze armate italiane: quando siete in missione all’estero, ma anche nella gestione dei migranti o nelle calamità naturali, vi contraddistinguete per la vostra umanità. Anche questo è Gesù di Nazareth, è Regno di Dio”. Quindi un appello indiretto alla pace, a partire dalla disponibilità di ciascuno a riporre ogni arma di violenza: “Le cronache di questi giorni – ha sottolineato don Lauro – riportano esempi drammatici di odio e razzismo. Anche sul terreno laico si ribadisce l’importanza di curare parole e gesti perché non vadano ad alimentare l’odio.
L’uomo di Dio è colui che lavora perché il suo cuore sia libero dall’odio”. “Nella sua domanda di senso – ha concluso l’Arcivescovo a proposito della morte – l’uomo ha come compagno Gesù di Nazareth: egli ci dice che ci aspetta un abbraccio e non il diaframma del nulla”.