Dopo sette anni di lavoro che hanno visto all’opera un gruppo di volontari di Rabbi ed esperti linguisti
Trento – È stato presentato in Provincia il volume “Dizionario Rabies-Talian”, risultato di un lavoro di sette anni compiuto da un gruppo di volontari supportati da linguisti. Il dizionario raccoglie circa diecimila parole analizzate, organizzate, digitalizzate e tradotte, che a breve saranno anche scaricabili da un apposito sito internet.
Alla presentazione erano presenti la vicesindaco di Rabbi Adriana Paternoster, Ettore Zanon dell’Associazione culturale “don Sandro Svaizer”, sempre di Rabbi, e i tre linguisti che hanno collaborato al progetto: “Gabriele Iannaccaro, professore associato di glottologia e linguistica presso l’Università di Milano – Bicocca; Vittorio Dell’Aquila, linguista, dialettologo e lessicografo; Carlo Zoli, ingegnere linguista.
Ogni anno nel mondo scompaiono, si estinguono, moltissime lingue e dialetti. Ed è una grande perdita, perché la lingua che si parla è un fondamentale elemento della propria identità, del proprio modo di essere. E quando una lingua scompare vuol dire che insieme ad essa è scomparsa la cultura, la civiltà, nella quale tale lingua è nata e si è sviluppata.
Per fortuna il rabies, la parlata della Val di Rabbi, non corre questo rischio, visto che nella piccola valle lo usano regolarmente pressoché tutti: giovani e anziani, donne e uomini, genitori e figli, anche piccoli, molto più dell’italiano. Il fatto che il rabies sia la prima lingua della comunità non lo preserva però da tutti i “rischi”.
Nessuna lingua viva è immobile, ognuna tende invece a trasformarsi nel tempo e questo è un fenomeno normale al quale sarebbe assurdo opporsi. Ma se i cambiamenti significano solo veloce impoverimento e semplice adesione ad altri modi di parlare… sarà forse il caso di fermarsi a riflettere. E proprio questo ha fatto l’Associazione Culturale don Sandro Svaizer di Rabbi, ideando e poi mettendo in campo un progetto pluriennale di studio e conservazione del rabies. Con la fattiva collaborazione dell’Amministrazione comunale, in due diversi mandati, e con il contributo del Piano di sviluppo rurale –Asse4 Leader.
Il rabies che si parla oggi è già molto diverso e meno caratterizzato di quello che si parlava due o tre decenni fa. La tendenza è a renderlo sempre più simile al solandro o persino al trentino, da cui si importano pronuncia, sintassi, espressioni e vocaboli. A volte si fa ricorso anche all’italiano. Il risultato è che il rabies va perdendo, costantemente e velocemente, le proprie peculiarità e la propria ricchezza. L’Associazione Culturale don Sandro Svaizer di Rabbi, con il suo Gruppo di lavoro “Parlar (e scriver) rabies”, si è quindi impegnata in un’opera laboriosa e complessa. Gli’obiettivi erano: creare una grafia, per dare al rabies una forma scritta, da usare concretamente (nelle pubblicazioni locali, nella toponomastica ecc.); creare un vocabolario, anche per raccogliere e preservare espressioni che vanno in disuso; creare una banca dati digitale, elaborare una grammatica e… sensibilizzare le persone.
Fin dall’inizio si è quindi ritenuto indispensabile affiancare ed armonizzare il contributo dei numerosi volontari attivati, il loro entusiasmo, il loro orgoglio identitario e le loro conoscenze dirette di “parlanti”, con un supporto scientifico di alto livello che portasse rigore e maggior valore al progetto. Per questa ragione è stata individuata e coinvolta da subito un’equipe di studiosi ed esperti: Gabriele Iannàccaro (professore associato di glottologia e linguistica presso l’Università di Milano – Bicocca), Vittorio Dell’Aquila (linguista, dialettologo e lessicografo), Carlo Zoli (ingegnere linguista).
Dalla prima riunione organizzativa ad oggi sono trascorsi sette anni. Il gruppo di lavoro ha creato una grafia per il rabies, (che prima non esisteva), ha raccolto oltre diecimila vocaboli, li ha organizzati, tradotti e digitalizzati. Inoltre ha registrato tutti suoni delle parole, che troveranno applicazione nella versione digitale dell’opera. Solo il processo di digitalizzazione ha richiesto 175 sessioni, della durata di circa 3 ore l’una, con una media di sei operatori presenti. Oltre 3150 ore di lavoro!
Con la presentazione di questo dizionario si compie un passo fondamentale ed atteso del progetto, che però non si ferma qui. Il team di linguisti sta ora lavorando a una grammatica del rabies. E il dizionario in forma digitale diventerà una banca dati on line aperta, liberamente consultabile ed aggiornabile da tutti.
“È scontato che le giovani generazioni, per potersi realizzare pienamente nel lavoro e nella vita, debbano saper comunicare perfettamente in italiano e abbiano anche ottime capacità di esprimersi in inglese, in tedesco e magari in altre lingue “forti” – ci ha detto Ettore Zanon. – Ma ciò non vuol dire che debbano dimenticarsi il rabies. Proprio questo si augura l’Associazione, con la speranza di aver dato un contributo significativo alla conservazione di un patrimonio prezioso come la lingua di una piccola comunità alpina”.
Fotoservizio e filmato a cura dell’Ufficio Stampa.