Zanoni: «Regione irresponsabile, ci espone a figuracce e rischia di farci prendere una sanzione milionaria»
La risposta della Commissione europea ha bocciato tutti i quesiti della Regione Veneto. Innanzitutto, la Direzione Generale Ambiente di Bruxelles ha ribadito “quanto più volte rappresentato alle competenti Autorità italiane, in particolare nella riunione del 23 marzo 2012, nella riunione “pacchetto” del 20 aprile 2012 e nella lettera del 7 luglio 2012”.
Dall’Europa è stato sottolineato che “le sei specie in questione (Storno, Fringuello, Peppola, Pispola, Frosone e Prispolone) non sono cacciabili. Pertanto, per consentirne la caccia è necessario che le Autorità nazionali adottino specifici provvedimenti di deroga che soddisfino tutte le condizioni dell’articolo 9 della Direttiva “Uccelli”.
Le deroghe adottate dal Veneto fino al 2011 hanno consentito il prelievo delle suddette specie non cacciabili in Italia “senza fornire una motivazione oppure motivando la deroga con la necessità di mantenere una tradizione culturale fortemente radicata in Veneto, vale a dire la caccia ai piccoli uccelli migratori. Tuttavia, secondo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea il richiamo non è sufficiente per giustificare la caccia in deroga”.
La Commissione ha ribadito, inoltre, che l’obbligo di registrare i capi abbattuti sul tesserino venatorio “ad avvenuto incarnieramento” non è sufficiente a garantire l’efficacia dei controlli rigorosi cui i cacciatori esercitanti la deroga devono essere sottoposti. A tal fine occorre invece la registrazione “subito dopo l’abbattimento”. La caccia in deroga, sempre per la Direttiva europea, deve avvenire a “condizioni rigidamente controllate”, quindi il prelievo dei capi deve avvenire in un numero limitato di luoghi conosciuti e accessibili alle Autorità. Di conseguenza è esclusa sia per gli appostamenti temporanei che nella caccia vagante.
Sulla base di tutte le osservazioni la Commissione ha sottolineato che “qualora le autorità venete adottassero una deroga che non rispettasse tutte le condizioni imposte dall’articolo 9 della Direttiva, ciò consentirebbe una nuova violazione della sentenza della Corte di giustizia dell’11 novembre 2010 nella causa C-164/09” Se, inoltre, “venissero adottate in Italia deroghe illegittime e ove il Governo italiano non intervenisse in modo tempestivo ed efficace per impedire che tali deroghe producano effetti, la Commissione non avrà altra scelta che presentare un secondo ricorso dinanzi alla Corte Ue proponendo l’imposizione di sanzioni pecuniarie contro la Repubblica italiana”.