NordEst

Venezia, imprenditore si toglie la vita a causa di problemi finanziari

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Ci sarebbero problemi finanziari derivanti anche da crediti che non sarebbe riuscito a riscuotere, ma anche questioni di natura personale all’origine del gesto suicida di un falegname, di 60 anni, di Noventa di Piave (Venezia). Sposato, padre di una ragazza, da qualche tempo risiedeva a San Donà di Piave, ma l’azienda l’aveva costruita e sempre gestita a Noventa.
L’uomo ha lasciato una lettera, secretata dalla magistratura, nella quale racconterebbe i motivi del gesto che, secondo alcune indiscrezioni, non sarebbero legati solo a questioni economiche nonostante l’azienda attendesse diversi pagamenti. Il corpo dell’uomo – come riporta la stampa locale – è stato trovato all’interno del capannone dell’azienda da un collaboratore.

Banca gli nega prestito da 1300 Euro, commerciante si suicida – Ginosa Marina (Taranto) – Da qualche giorno era sconvolto. Sentiva che non ce l’avrebbe fatta a gestire la crisi che aveva colpito le sue attività commerciali, messe su in 40 anni di sacrifici. In pochi giorni si era visto addebitare, forse per errore, 4.500 euro di commissioni bancarie e rifiutare un misero prestito di poco più di mille euro. Dopo il rifiuto del piccolo mutuo, il 60enne Vincenzo Di Tinco, titolare di un negozio di abbigliamento e di altre attività commerciali a Ginosa Marina (Taranto), si è suicidato impiccandosi ad un albero.

A fare la scoperta questa mattina è stato uno dei suoi tre figli, insospettito dal mancato rientro a casa del genitore. Ora la moglie e i figli del commerciante hanno ricostruito le ultime ore di vita di Vincenzo Di Tinco. Il sessantenne ieri pomeriggio, alle 15.30, aveva appuntamento con il direttore di una banca locale, a cui aveva chiesto aiuto per un fido di soli 1300 euro, necessario per coprire una fornitura. Di Tinco si era già rivolto a un legale e aveva aperto un contenzioso con la stessa banca in quanto si era visto addebitare somme rilevanti (oltre 4.500 euro), che lui contestava, come commissioni per l’utilizzo del Pos, il terminale fornito ai commercianti per accettare il pagamento con carte di credito.

Per questo aveva chiamato in causa anche la concessionaria del Pos, una società di Palermo. "Dagli estratti conto – spiega Giuseppe Lecce, il legale nominato dalla famiglia del commerciante suicida per seguire gli sviluppi dell’inchiesta – sono emersi addebiti sproporzionati per le transazioni, probabilmente frutto di errori. Il commerciante lo aveva fatto presente quando ha chiesto il nuovo fido, ma non è riuscito ad ottenere la copertura finanziaria" perché il mutuo gli è stato rifiutato in quanto l’uomo aveva già una rilevante esposizione bancaria. Dopo essere uscito dall’istituto di credito, Di Tinco si è recato in campagna dove si è impiccato ad un albero. Nella sua auto ha lasciato un quaderno sul quale, in due paginette, ha raccontato la sua odissea in cui le parole-chiave sono la crisi economica che attanaglia il Paese e il ruolo delle banche.

Per i carabinieri, intervenuti sul posto, non ci sono dubbi che l’uomo si sia suicidato. Sulla morte di Di Tinco il pm di turno del tribunale di Taranto, Filomena Di Tursi, ha aperto un’inchiesta e ha già fatto eseguire l’autopsia.

 
 
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