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Tiene l’ospedale di Feltre, grazie anche a Primiero

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Il Comitato Pro Ospedale di Feltre si è riunito per valutare lo stato della sanità feltrina

feltre

Feltre (Belluno) – Alla luce del recente incontro con la dirigenza dell’Ulss e, soprattutto, dell’approvazione in commissione regionale delle “schede ospedaliere”.

Sul fronte dei rapporti con l’amministrazione dell’azienda sanitaria, il presidente Dal Molin ha espresso piena soddisfazione per il clima amichevole e reciprocamente collaborativo instauratosi fra nuovo staff dirigente e Comitato, il che fa ben sperare in un rapporto proficuo e fecondo, pur ribadendo il ruolo di vigilanza e verifica che il Comitato deve esercitare per sua natura nei confronti della qualità e quantità dei servizi erogati e della soddisfazione dei cittadini.

Sulla scorta di tale sintonia è stata rimessa in programma una iniziativa ultimamente desueta, di organizzare per la fine di novembre l’incontro conviviale fra primari e sindaci dell’Ulss e del Primiero. Per quanto riguarda l’assetto della sanità locale, in particolare dell’ospedale, da ritenersi ormai definitivo dal punto di vista programmatorio, il Comitato ha espresso una valutazione prudentemente positiva, dando atto che le proprie istanze, più volte esplicitate e sottoposte alle autorità interessate, sono state in gran parte accolte.

In particolare le scelte regionali confermano il ruolo portante nella sanità provinciale dell’ospedale di Feltre, il quale di fatto esce potenziato dall’operazione “schede ospedaliere”, assieme all’ospedale riabilitativo di Lamon. Questo anche grazie al peso esercitato dall’utenza di Primiero.

Il Comitato ha perciò espresso cauto ottimismo per il futuro, nella consapevolezza che i problemi non sono di per sé risolti, toccando ora alla direzione strategica dell’Ulss dare contenuti concreti al piano e nella convinzione che il nuovo assetto dato dal Piano Socio Sanitario Regionale alla rete ospedaliera veneta e basato sul modello “hub/spoke” non si adatti alle realtà a bassa densità demografica e alta dispersione territoriale come quella montana. Nella quale è piuttosto necessario perseguire un presidio territoriale più diffuso che garantisca al sistema l’80-90% delle specialità e degli interventi, appoggiandosi su centri esterni di alta specializzazione per il restante fabbisogno.

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