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Coronavirus, In fuga dalla Spagna: l’odissea della trentina Sofia Brandstetter

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La pandemia vista con gli occhi di una giovane che viveva in Spagna fino a poche settimane fa. Rientrata con un traghetto e poi in auto fino a Imèr, dopo due giorni di viaggio

Sono più di ventimila le persone che hanno perso la vita in Spagna dopo aver contratto il coronavirus. Lo rende noto il ministero della Sanità di Madrid, spiegando che nelle ultime 24 ore sono morte 565 persone che avevano contratto l’infezione, portando così a 20.043 il totale dei deceduti. Sono invece 191.726 le persone contagiate e 74.662 quelle guarite. La chiusura prorogata al 9 maggio

 

di Liliana Cerqueni

 

Primiero (Trento) – Sofia Brandstetter è una giovane universitaria di Imèr, 22 anni, che frequenta il corso di laurea in fisioterapia all’Università Cattolica Sant’Antonio di Murcia, Spagna, dopo aver intrapreso due anni di studi per diventare Massaggiatore capo bagnino degli stabilimenti idroterapici, presso la scuola di Bergamo/Busto Arsizio. Tanti sogni per il futuro e un’esperienza ravvicinata con ciò che significa essere all’estero in periodo di coronavirus, quando tutto sembra andare a pezzi, crollano i punti di riferimento e l’unica cosa che si desidera è stare bene e poter tornare a casa. Un’esperienza che Sofia, come moltissima altra gente, non scorderà.

Perché hai scelto la professione per la quale ti stai preparando presso l’Università?

C’è più di un motivo in realtà, il principale perché è una professione quasi completa, sei indipendente ed autonoma, ti permette di aiutare le persone di qualsiasi fascia d’età a migliorare e recuperare la salute collaborando anche con altri professionisti, permette di contribuire a una maggiore e migliore qualità della vita. E poi ci sono molte specializzazioni come, ad esempio, fisioterapia neurologica, sportiva, pediatrica, osteopatia.

Com’è stato il tuo arrivo in Spagna e quali cambiamenti hai affrontato?

Sono arrivata in Spagna nel settembre del 2018; non sapevo nemmeno una parola di spagnolo, ma allo stesso tempo ero contenta di essere lì. Avevo un po’ il timore di non trovarmi come a casa e sentirne la mancanza ma sono stata molto fortunata, ho avuto la possibilità di avere due super coinquiline connazionali, che sono come sorelle per me, amiche, e a volte diventiamo perfino mamme l’una dell’altra, reciprocamente; c’è una bella complicità e grazie a loro è sempre tutto più leggero.

Avendo già trascorso due anni a Bergamo, non ho avuto molta difficoltà ad ambientarmi fuori casa, ovviamente lì era più facile perché tornavo durante il weekend in valle. L’altro cambiamento è stata la lingua, ma l’università programma dei corsi di base/intermedi intensivi nelle prime settimane, per facilitare l’approccio linguistico e favorire l’integrazione.

La Spagna è uno dei Paesi europei, meta preferita da giovani studenti e lavoratori, perché secondo te?

È un Paese vivo, allegro e pieno di colori, con un costo della vita vantaggioso. Dal punto di vista formativo, l’accesso alle Università è aperto e non prevede test d’ingresso come qua in Italia, offrendo quindi molte più possibilità a tutti coloro che sono interessati all’iscrizione alle varie facoltà. La Spagna offre ai giovani anche molte facilitazioni per trovare uno sbocco professionale.

Come si vive a Murcia? Qual è la tua quotidianità e quella dei giovani che risiedono là, degli abitanti in generale? C’è qualcosa di particolare che la caratterizza?

Murcia è una bella città nemmeno troppo metropolitana, le persone sono accoglienti e ti aiutano in qualsiasi momento (come i nostri vicini in questo periodo, i quali ogni giorno ci portavano delle mascherine o guanti), ma hanno abitudini diverse, sono più espansivi, salutano qualsiasi persona con due baci sulle guance, e non farlo è considerato atteggiamento maleducato. Se si va nei ristoranti o bar, noi Italiani siamo abituati ad essere serviti in poco tempo mentre là se la prendono con calma; i supermercati e i negozi aprono verso le 10.30 e chiudono alle 21. Tempi più rallentati rispetto al nostro Paese.

La mia settimana da universitaria comincia il lunedì e finisce il venerdì, con diversi orari: in generale dalle 9.00 alle 15.00, poi c’è la pausa pranzo fino alle 16.00 per ricominciare le lezioni teoriche fino alle 19.30. Non usciamo molto perché siamo quasi sempre sotto sessione di esami teorici o pratici, ma quando finiscono, tutti i giovani invadono la città, i pub e le discoteche.

Parlando di feste, una cosa che caratterizza molto Murcia è la festa di primavera, con cadenza la settimana dopo Pasqua, che prevede una sfilata nelle strade della città in costumi tradizionali, di carri trainati da buoi, corse di cavalli, con tripudi di fiori, colori, profumi, luci, lanterne, musica ed arte; ma quest’anno ovviamente non si terrà a causa dell’emergenza pandemica.

Cosa ti è mancato e ti manca dell’Italia e del tuo paese?

Senza alcun dubbio il cibo: la gastronomia italiana è insostituibile! A casa ci dilettiamo a cucinare cibi delle varie zone d’Italia, confrontandoci e scambiando pareri sui vari piatti.

Di Primiero mi mancano l’aria pulita, le montagne, il verde e un piacevole panorama davanti a casa, perché la zona di Murcia in cui vivo è molto arida e abbondantemente edificata.

Cosa e come hai vissuto in città, dall’inizio dell’emergenza Covid 19, manifestatasi in Spagna dopo che in Italia era già allarme rosso?

Quando abbiamo capito la gravità della situazione che si era generata in Italia, abbiamo cercato di sensibilizzare e veicolare il più possibile informazioni che ci arrivavano da casa, tra nostri amici spagnoli/francesi e anche i professori, però con pochi risultati: tutti restavano ancorati alla vita di sempre, ci rispondevano che era una semplice influenza e che noi italiani facciamo troppo allarmismo, ma questo, in fondo, è stato fatto anche in Italia, all’inizio dell’epidemia, quando si vedeva la Cina troppo lontana dall’Europa e si credeva che il fenomeno rimanesse circoscritto nelle zone di origine.

Una sera siamo uscite a gettare l’immondizia, indossando guanti e mascherine, e un signore ci ha derise e apostrofate con riferimenti all’eccessività delle nostre precauzioni. Solo due giorni dopo questo episodio era il disastro anche in Spagna. Io con le mie coinquiline ed una nostra amica abbiamo deciso di metterci in autoquarantena nella nostra casa, andando prima a rifornirci di cibo, mascherine e guanti per almeno 10 giorni, senza il bisogno di uscire di casa se non per prime necessità. Murcia è stata una delle ultime zone della Spagna ad essere colpita dal Covid-19; l’università è stata chiusa il 12 marzo e abbiamo cominciato così le lezioni teoriche e pratiche con relativi esami online.

Come sei riuscita a tornare a casa, in un momento di grave difficoltà anche per la Spagna, in un clima di confusione e incertezza per tutti?

Abbiamo avuto varie difficoltà per tornare a casa: era il caos, non trovavamo risposte alle nostre richieste di rimpatrio presso gli organi competenti perché era un momento di destabilizzazione generale, ci siamo viste annullata la partenza di un traghetto e i voli erano chiusi. Alla fine sono partita il 26 marzo alle 13.30 da Murcia e arrivata ad Imer il 28 marzo alle 12.30, dopo 5 ore di taxi per arrivare a Barcellona, 20 ore di nave – e per fortuna che c’era una nave – fino a Civitavecchia e 8 ore in auto per arrivare finalmente a casa!

Cosa hai provato in quei momenti?

Ero sempre in compagnia delle mie coinquiline ed un nostro amico, ci siamo fatti spalla a vicenda, ci sembrava di vivere un’avventura, tra il timore di essere contagiati, l’ansia che prende il sopravvento prima di farsi misurare la temperatura corporea, l’attenzione psicotica di toccare meno cose possibili e disinfettarsi subito, rimanere in una cabina piccola per 20 ore ed uscire solamente per prendere una boccata d’aria fresca; è stata una vera odissea.

Pensi che il tuo Paese, l’Italia, e il Paese che ti ospita, la Spagna, riusciranno a reagire, ricostruire e uscire da questa crisi senza precedenti?

Sicuramente ne usciremo, ne sono certa, in entrambi i luoghi: basta avere testa e coscienza, pensare anche al prossimo e non solo a se stessi, con grande senso di responsabilità. Per quanto riguarda il mio percorso di studi, chissà quando potrò rientrare e riprendere le lezioni regolarmente. Fino a maggio, mi hanno comunicato, non ci sono nuove indicazioni.

La situazione nel mondo

Nel mondo sono stati accertati più di 2,25 milioni di casi di coronavirus. È il bilancio fornito dalla France Press sulla base di dati ufficiali di Oms e governi nazionali. Nel dettaglio i casi accertati sono 2.251.695. I decessi sono 154.188. L’Europa è il continente più colpito, con 1.115.555 infezioni dichiarate e 100 mila morti. Negli Usa il virus si sta diffondendo molto rapidamente: 711.197 casi e 37.309 morti. Ecco la mappa aggiornata dei contagi nel mondo.

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Ultimi voli speciali per l’emergenza

https://twitter.com/ItalyinSPA/status/1251139771855826944

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