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Difesa del territorio nel Primiero Vanoi, alla scoperta delle opere ‘storiche’ di deviazione dei flussi torrentizi

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Terza ed ultima parte dello speciale dedicato al teritorio: le opere a difesa diretta degli abitati. A questo link le uscite precedenti

[La stretta gola in zona Camoi ©Ervino Filippi Gilli]

 

Testi e foto a cura di ©Ervino Filippi Gilli

Primiero/Vanoi (Trento) – L’ultima tappa del nostro viaggio attraverso la storia delle sistemazioni idraulico forestali realizzate nel Primiero – Vanoi ci porta in tre località: Polina, Forcella di Calaita e Camoi.

Detto nel primo capitolo delle briglie che consolidano gli alvei e nel secondo delle opere che difendono direttamente gli abitati, analizziamo in questo contributo quegli interventi finalizzati alla prevenzione, ovvero opere che dovrebbero impedire che si creino i dissesti.

Le cause per cui si innesca una frana sono molteplici: quella su cui punteremo l’attenzione è l’acqua. L’acqua nella sua forma liquida può agire in due modi: imbibendo i materiali che perciò perdono coesione e scivolano a valle, o applicando una azione erosiva (e noi consideriamo solo quella alla base delle scarpate).

Per contenere l’effetto dell’acqua (quando si trova in quantità eccessiva) si può agire in due modi: o la si allontana o si cerca di ridurne la quantità che arriva al terreno rimboschendo l’area (ma sopra un certo livello di precipitazione questa misura perde efficacia). Allontanare l’acqua da un corpo di frana vuol dire realizzare drenaggi e canalette (ed un bel esempio “moderno” del sistema è il consolidamento della frana delle Segnane che gravita su Imer) o costruire canali di guardia che impediscano all’acqua di scorrimento che giunge da monte di raggiungere il dissesto.

Il primo esempio di questa tipologia di intervento che voglio far conoscere è la Val del Fos. Quando dal Rifugio Petina ci dirigiamo verso i Piereni, ad un certo punto sbuchiamo nell’area prativa di Polina. Se ci fermiamo all’altezza del primo fabbricato sulla sinistra e guardiamo verso la valle di Primiero, notiamo un fossato che nella foto ho indicato con il tratteggio rosso.


Questa semplice opera intercetta tutto il deflusso superficiale che scende dai prati delle Poline e lo allontana dal bacino del rio Civerton, collettore che attraversa l’abitato di Siror. Il canale della Val del Fos si dirige verso Ovest e dopo aver superato le strade interpoderali dei Ronchetti e di Pettina scende fino al Torrente Cismon in cui confluisce a monte della zona sportiva. Con questo canale una parte dell’acqua che avrebbe potuto erodere l’alveo del Civerton e trasportare di conseguenza materiale nell’abitato, viene allontanata riducendo in misura importante il pericolo a cui è sottoposto il paese.

Un canale di questo tipo, forse un po’ meno visibile, lo ritroviamo anche nei pressi della Forcella di Calaita: anche in questo caso veniva impedito ad una parte del deflusso di scendere lungo il rio della Coradela e alluvionare i prati dei Dismoni.

Mentre la Val del Fos ha ancora una sua ragione di esistere e deve assolutamente essere tutelato, il rimboschimento della zona della Forcella di Calaita ha tolto in parte la funzione a questo secondo deviatore: è però probabile che il canale ritrovi la sua funzionalità una volta eliminati tutti gli schianti di Vaia, quando in quest’area il terreno non sarà più difeso dalla vegetazione arborea.

Il terzo punto su cui voglio soffermarmi è localizzato ai Camoi e per raggiungerlo basta salire da Fiera verso San Martino di Castrozza e, al terzo tornante, uscire dalla strada principale e dirigersi seguendo le indicazioni per Malga Civertaghe; arrivati al ponte si può notare guardando sulla sinistra verso monte, una galleria scavata nella roccia.


Siamo alla base della grande frana del Pian delle Sfelde, movimento di versante che raggiunge la zona della Malga Crel e che comporta periodici scivolamenti anche nella massicciata della strada che porta a San Martino di Castrozza. Sistemare definitivamente una frana di queste dimensioni e tipologia (è uno scivolamento profondo) sarebbe stato alla fine del 1800 (ma lo è ancora) improponibile dal punto di vista economico; ed ecco allora l’idea: eliminare l’erosione del torrente alla base – che è una delle concause del dissesto – spostando il Cismon. Questa idea era già stata applicata agli inizi dell’800 sul torrente Maso in Val Calamento in località Salton: lì venne costruito un muro per spostare il torrente su alcune placche in roccia. Ma qui il versante (anch’esso in roccia) non permetteva un’operazione simile ed allora si è deciso di deviare il Cismon in una galleria lunga una quindicina di metri sbarrando il collettore con un muro in pietrame a secco.

Purtroppo il muro deviatore è stato danneggiato durante l’alluvione del 1966 ma l’opera, non più funzionale al 100%, svolge comunque ancora la sua funzione come dimostra la fotografia scattata durante la piena del novembre 2008.


Sistemazioni storiche di questo tipo su un torrente non ne esistono altre in Provincia ed è per questo che quella dei Camoi è un’opera di tutto rispetto che merita di essere conosciuta.

Un concetto di sistemazione che può sembrare simile ma non lo è, è stato applicato a Mori sul fiume Adige. Si tratta della galleria scolmatrice Adige Garda (iniziata nel 1939 e terminata nel 1959) che però funziona in modo differente, ovvero entra in esercizio (per salvare Verona dalle alluvioni) solo nel caso in cui l’Adige abbia una portata eccessiva: aprendo le paratoie il surplus d’acqua dell’Adige viene indirizzato nel Lago di Garda cambiando addirittura bacino idrografico. La galleria dei Camoi non ha certo questa pretesa, allontana solamente il deflusso impedendo l’erosione alla base del versante, una delle concause della frana.

Con questa descrizione termino la carrellata delle opere storiche visitabili nel Primiero – Vanoi: se non ho saziato del tutto la Vostra curiosità per questo argomento, vi indico ancora un torrente, il rio Vallazza nei pressi della Val Venegia. Se avrete voglia di percorrerlo potrete incontrare una interessante briglia di trattenuta nella forra in roccia, due opere in massi a secco subito a monte del parcheggio dei Pian dei Casoni, una serie di opere di consolidamento realizzate con quella tecnica che ora viene chiamata bioingegneria, ovvero con l’utilizzo di legname, pietrame e vegetazione viva.

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