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NordEst, finse di vaccinare centinaia di bambini: condannata a pagare mezzo milione di euro

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Risarcimento da oltre mezzo milione di risarcimento all’azienda sanitaria friulana per una assistente sanitaria

NordEst – La Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia ha condannato l’assistente sanitaria di Spresiano, Emanuela Petrillo al pagamento di oltre mezzo milione di euro per risarcire l’azienda sanitaria friulana. La donna è accusata di non aver somministrato centinaia di dosi di vaccino contro le più comuni malattie infantili nel periodo in cui ha svolto servizio a Codroipo (Udine), dal 2009 al 2015, reiterando il comportamento anche successivamente, operando nel Trevigiano.

“E’ un esempio di ‘giustizia celere’ che, a differenza di quanto avviene in Veneto, noto spesso nella magistratura del Friuli Venezia Giulia”. Così Paolo Salandin, avvocato difensore di Emanuela Petrillo. “Ma ad una sentenza di primo grado in sede penale arriveremo l’8 febbraio prossimo, a Udine – aggiunge Salandin – e se sarà di colpevolezza ci appelleremo andando, se necessario, fino in Cassazione”.

Salandin sostiene di trovare inspiegabile la ragione per cui i giudici amministrativi veneti abbiano sospeso il pronunciamento in attesa della decisione della magistratura penale mentre quella della regione accanto l’abbia anticipata, pur non potendo la stessa avere effetto almeno fino al verdetto del Tribunale di Udine.

A maggior ragione, prosegue il legale, se si tiene conto che “alcune fra le contestazioni potrebbero essere prescritte prima di un giudizio definitivo” e che in Friuli, a differenza di quanto avvenuto in provincia di Treviso, “tutti i bambini che si sospettava non essere stati sottoposti a profilassi sono stati rivaccinati d’ufficio, senza verificare la presenza o meno di anticorpi


In breve

Il giudice del lavoro del Tribunale di Verona ha condannato il Ministero dell’Interno a riconoscere ‘vittima del dovere’ un Vigile del fuoco esperto del Comando provinciale di Verona. Attualmente cinquantenne, l’uomo fu esposto ad amianto e ad altri cancerogeni durante le operazioni di smaltimento delle macerie del terremoto dell’Aquila del 2009. “Durante il procedimento è stato  accertato in maniera inequivocabile che, nel 2012, l’uomo ha contratto il linfoma non Hodgkin, che gli ha procurato un danno biologico pari al 25%, dopo avere svolto una missione urgente per mettere in sicurezza le macerie con una massiccia esposizione ad amianto. Il Ministero, nonostante la prova del rischio, anche dell’assenza di dispositivi di protezione adeguati, aveva negato il diritto al riconoscimento”. Con la sentenza n. 558/2021 il giudice Cristina Angeletti ha accertato l’esistenza del “nesso causale tra la patologia riscontrata e l’attività lavorativa svolta”, e ha riconosciuto al vigile esposto lo status di ‘vittima del dovere’, condannando il Ministero alla corresponsione dei benefici spettanti. “Quella del Tribunale di Verona – dichiara il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, avvocato Ezio Bonanni – è una sentenza importante perché costituisce la prova che la presenza di amianto nelle macerie del terremoto dell’Aquila, e quindi che le attività di soccorso eseguite senza protezione, hanno causato ai Vigili del Fuoco intervenuti una preoccupante condizione di rischio”.

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