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Dissesto idrogeologico; il Veneto chiede 2,8 miliardi di euro al governo

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Il presidente Renzi ha detto più volte che lo Stato ha a disposizione questa cifra, ma non sa come spenderla per mancanza di progetti cantierabili: eccoli

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Venezia – Nel 2010 il Veneto è stato colpito da notevoli eventi atmosferici che hanno provocato una disastrosa alluvione con 2 vittime e vaste aree del territorio sommerse per diversi giorni. In contemporanea alla realizzazione dei primi interventi di emergenza, la Regione ha predisposto un piano generale di messa in sicurezza idrogeologica di tutto il territorio veneto, affidato a specialisti nei vari settori della difesa idrogeologica, con a capo il prof. Luigi D’Alpaos, da cui è emerso un fabbisogno di 2,7 miliardi di euro. A questi però di devono aggiungere i danni delle gravose alluvioni succedutesi nel corso dell’ultimo triennio, quantificabili in altri 475 milioni di euro, che portano l’importo complessivo del fabbisogno a 3,2 miliardi di euro. Avendo già realizzato finora opere per 402 milioni, i 2,8 miliardi di euro che mancano all’appello il Veneto li chiede al governo Renzi.

Lo ha annunciato il presidente della Regione presentando insieme ai tecnici di settore un dettagliato dossier sul dissesto idrogeologico nel Veneto che è stato mandato al presidente del Consiglio, ma anche ai ministri all’economia e alla tutela del territorio e ai segretari dei partiti veneti. “Questa è una partita – ha sottolineato il presidente veneto – su cui si deve fare squadra, senza casacche politiche. Il presidente Renzi ha detto in più occasioni che lo Stato ha a disposizione 2 miliardi di euro per il dissesto idrogeologico del Paese, considerato prioritario, ma che non si sa come spenderli per mancanza di progetti cantierabili. L’esempio macroscopico è Pompei, ma il Veneto non è Pompei. I progetti ce li abbiamo e ci candidiamo come laboratorio di virtuosità per le opere idrauliche a difesa del territorio. Abbiamo già dimostrato di sapere lavorare in maniera aziendale e attualmente mi risulta che siamo l’unica regione in grado di aprire da subito altri cantieri per i 2 miliardi di euro disponibili. Se il governo non coglie questa opportunità, vuol dire che finora si è solo scherzato. Io spero invece, avendone parlato con Renzi, che ci sia la volontà di agire concretamente, tenendo presente che il Veneto non è periferia dell’impero ma tiene su con la sua economia l’Italia”.

Il presidente, illustrando il dossier messo a punto che – ha detto – rappresenta una “pietra miliare” in materia, ha spiegato come sono articolati i 3,2 miliardi complessivi necessari per realizzare il piano generale delle azioni e degli interventi di mitigazione del rischio idraulico e geologico nel Veneto. In particolare, 402 milioni si riferiscono agli interventi già realizzati o in corso di esecuzione; 600 milioni riguardano gli interventi urgenti cantierabili da finanziare; a 822 milioni ammontano gli interventi in progettazione e a 908 milioni le altre opere previste dal piano. A questi si aggiungono i 475 milioni di euro necessari per il ripristino dei danni causati alle sole opere idrauliche dalle alluvioni degli anni 2012, 2013 e 2014.

“Questo è il conto – ha detto il presidente della Regione – di quanto vale la sicurezza del territorio veneto, che conosce continue emergenze dal 2010 e da lì ha fatto partire una nuova filosofia per quanto riguarda gli interventi. Quelli più urgenti sono quelli relativi alle casse di espansione che sono equivalenti alle autostrade per quanto riguarda la viabilità. Il piano generale è comunque un insieme strutturato di azioni collegate fra di loro, che riguardano tutti i bacini idrici della nostra regione”

Nella lettera che accompagna il dossier il presidente ha formalizzato quindi la richiesta di un’assegnazione straordinaria a favore della Regione del Veneto di 2,8 miliardi di euro per tutte le opere del piano ancora da finanziare, sottolineando che “la Regione si è prodigata, con ogni sforzo e il massimo impegno, a superare le fasi emergenziali e a reperire risorse di ogni genere. Ma le esigenze sono ben altre e devono prevedere necessariamente un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, l’esclusione dallo stesso delle spese sostenute dalle Regioni per gli interventi correlati al dissesto idrogeologico, a eventi alluvionali ed emergenze ambientali e l’assegnazione di ulteriori risorse”.

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