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9 ottobre 1963 – 2023, Belluno ricorda il Vajont e la Provincia dice “No” al bacino del Vanoi

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A pochi giorni dall’anniversario del Vajont, approvato l’ordine del giorno che boccia il progetto del Consorzio di bonifica Brenta. Il Presidente della Provincia Padrin: «Rischi molto superiori ai benefici». Tutto pronto per la visita del Presidente Mattarella

La diga dello Schenèr fra Trentino e Bellunese [ph Acsm spa]


 

NordEst – La Provincia di Belluno, «si dichiara contraria al progetto di sbarramento del torrente Vanoi per la realizzazione di un serbatoio». Ed «esprime profonda preoccupazione per l’incolumità degli abitanti posti a valle dell’invaso in progetto, unita alla preoccupazione di compromettere in via definitiva uno dei pochi siti naturali ancora integri».

Recita così il deliberato dell’ordine del giorno approvato giovedì dal consiglio provinciale di Belluno. Un testo varato all’unanimità per dire “no” al progetto avanzato dal Consorzio di bonifica Brenta per un bacino artificiale sul Vanoi, tra il Bellunese e il Trentino, con ripercussioni soprattutto sulla zona di Lamon. Proprio il sindaco di Lamon, Loris Maccagnan, era presente nella sala del consiglio durante la seduta.

A presentare l’ordine del giorno è stato il consigliere provinciale Simone Deola, delegato all’ambiente, con un excursus storico che costituisce la premessa della delibera. «Ogni vicenda fa storia a sé, ma non possiamo non associare il progetto del Vanoi alla diga del Vajont» ha detto il consigliere Deola. «Si tratta di un progetto che viene riproposto da almeno un secolo: la prima volta fu nel 1922, poi di nuovo nel 1955 e di seguito fino a oggi, quando è stato ripresentato con una forte accelerazione data dalla possibilità di utilizzare i fondi Pnrr».

«Un progetto che la prima volta venne presentato dalla Sade, la stessa che poi realizzò la diga del Vajont» ha aggiunto il consigliere Paolo Perenzin. «Non è un caso che abbiamo convocato questo consiglio a pochi giorni dal 9 ottobre, anniversario del Vajont: non è possibile commemorare le stragi del passato, pensando che il presente sia una cosa diversa. Non si possono commettere gli stessi errori».

Il progetto dell’impianto del Vanoi

Proposto dal Consorzio di bonifica Brenta, prevede la realizzazione di una diga alta 116 metri e la creazione di un lago artificiale da 33 milioni di metri cubi d’acqua. Il cantiere avrebbe una durata di 60 mesi, per un utilizzo di 245mila metri cubi di calcestruzzo.

«Viene proposto come bacino collegato al contrasto della siccità, tanto che la Regione del Veneto lo ha inserito al primo posto tra le richieste al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per quanto riguarda i finanziamenti Pnrr» ha sottolineato il consigliere Deola. «Ma la stessa Provincia di Trento ha evidenziato l’estrema pericolosità nell’avventurarsi in un’opera di questo tipo, dato che gran parte del territorio interessato dall’invaso si trova in area a rischio idrogeologico 4, il massimo della scala. Nello studio di pre-fattibilità ambientale i progettisti arrivano alle conclusioni, riportate nero su bianco, che “i Comuni montani che vedranno insistere nel proprio territorio la diga ne riceveranno gli effetti negativi connessi alla modificazione dell’ambiente naturale e all’incremento delle misure di sicurezza a fronte di possibili incidenti”.

Chiediamo quindi di fermarci subito. Anche perché a nostro avviso, le strategie per contrastare la siccità sono altre, non certo il grande invaso. E difatti l’ordine del giorno, sottolinea la richiesta agli enti preposti di eseguire i lavori di manutenzione, pulizia e sghiaiamento degli attuali bacini artificiali esistenti.

«I rischi sono di gran lunga superiori ai benefici e non possiamo che esprimere forte contrarietà e preoccupazione» ha sintetizzato il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «Da sindaco di Longarone, a pochi giorni dal 9 ottobre, non posso non considerare la mobilitazione dei cittadini di Lamon, giustamente allarmati per la riproposizione di questo nuovo progetto che ha inevitabilmente dei parallelismi storici tristemente noti nella nostra provincia».

La visita di Mattarella

Il Presidente della Repubblica arriverà con l’aereo presidenziale alla Base di Aviano, si trasferirà in elicottero al cimitero di Fortogna, in auto alla diga del Vajont, quindi il ritorno ad Aviano e il rientro a Roma. Tre ore in tutto. Definita il 4 ottobre dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal nuovo prefetto di Pordenone Natalino Domenico Manno, l’organizzazione – integrata a quella, prioritaria, del cerimoniale del Quirinale – della visita del Capo dello Stato Sergio Mattarella nei luoghi del disastro di sessant’anni fa, lunedì 9 ottobre.

Concluse le riunioni interprovinciali Pordenone-Belluno, nei prossimi giorni sono previsti incontri soprattutto tra questure, per affinare i dispositivi di sicurezza. «Sono due i siti interessati, il cimitero di Fortogna e la diga del Vajont, situati in due province e regioni, che lavorano assieme», ha premesso il prefetto. «Sono state definite le misure di sicurezza, di viabilità e organizzative». Il prefetto ha confermato che il Capo dello Stato arriverà in aereo alla Base di Aviano a metà mattinata da dove, in elicottero, si trasferirà a Longarone per il primo momento commemorativo con la deposizione di una corona in memoria delle vittime al cimitero monumentale di Fortogna, previsto per le 11. «Oltre alle autorità», ha detto il prefetto friulano, «la partecipazione è stata estesa a un consistente numero di cittadini di Erto e Casso e Vajont». Si tratta di 130 persone scelte dalle rispettive amministrazioni comunali (50 per Vajont, 80 per Erto e Casso), che si aggiungeranno a 450 autorità e invitati (dai presidenti delle Regioni Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, ai sindaci delle due province sino alle autorità istituzionali). A rappresentare ufficialmente il Governo sarà il ministro per i rapporti con il parlamento Luca Ciriani; invitati anche i parlamentari (ci sarà sicuramente il sottosegretario all’ambiente Vannia Gava) e i consiglieri regionali.

La cerimonia

Il presidente arriverà alla diga del Vajont alle 12. Sono state individuate le aree di sosta dove confluiranno le navette messe a disposizione da Atap spa, che faranno la spola dal centro di Erto dalle 9 alle 11. Gli invitati, infatti, dovranno essere sul posto un’ora prima l’arrivo del presidente della Repubblica. Alla diga del Vajont verrà installata una tensostruttura sotto la quale si terrà la commemorazione. Durante la cerimonia – tutto si terrà all’interno dell’arco orario 10.30-13 – saranno sospese sia le visite guidate alla diga sia eventuali attività nella vicina palestra di roccia.

1963 – 2023: il disastro del Vajont

Si verificò la sera del 9 ottobre 1963, nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont nell’omonima valle (al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto), quando una frana precipitò dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l’omonima diga; la conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell’onda generata provocò l’inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1.910 persone, tra cui 487 persone di età inferiore a 15 anni[2].

Le cause della tragedia, dopo numerosi dibattiti, processi e opere di letteratura, furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della SADE, ente gestore dell’opera fino alla nazionalizzazione, i quali occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a rischio idrogeologico. Dopo la costruzione della diga si scoprì infatti che i versanti avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l’ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità, anche se supposta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono con dolo i dati a loro disposizione, con il beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale, dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici.

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