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25 aprile, Acli trentine: “Non ci può essere libertà senza giustizia sociale”

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Ancora una volta, dopo settant’anni, questo 25 Aprile rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza

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Trento – “Un punto di arrivo, scrivono in un documento le Acli trentine, perché conclude quella dolorosa vicenda, iniziata all’indomani della fine della prima guerra mondiale, che avrebbe lasciato un Paese profondamente cambiato e inserito in un contesto globale radicalmente nuovo. Di partenza, perché nel momento stesso in cui quella dolorosa parentesi si chiudeva, subito se ne apriva un’altra, quella della ricostruzione civile e istituzionale dell’Italia.

Sono queste le ragioni che ci vedono oggi ricordare insieme – Acli e Anpc – l’anniversario della Lotta di Liberazione.
E’ dalla nostra quotidianità, e dalla quotidianità delle nostre associazioni che ripartono le domande nei confronti della Resistenza, in particolare gli interrogativi delle nuove generazioni, che al patrimonio di questa storia non possono rinunciare, interrogandola tuttavia il più delle volte al di fuori degli schemi del passato recente. La memoria infatti non è archeologia. Far memoria è ritornare sui passi per ritrovare le tracce di nuove vie verso un futuro possibile. La memoria conserva perciò inevitabilmente i semi della speranza e del progetto. Per questo non deve essere né ignorata né sprecata.

Siamo oggi di fronte alle molte facce di una crisi economica e sociale e alla fase finale di una transizione infinita sul piano delle istituzioni. Abbiamo assistito alla dissoluzione delle regole e alla conseguente caduta dell’etica pubblica. Al venir meno della fiducia nel futuro, per cui sembra rincuorare e spronare tutti, credenti e non credenti, l’invito di papa Francesco a non lasciarci rubare la speranza.

Il dovere dell’ora è dunque ritrovare un senso comune al nostro vivere repubblicano. Recuperare insieme un idem sentire senza il quale un traguardo comune non è raggiungibile né può esistere.

E’ il lavoro il grande ordinatore delle nostre società, prima e più della legge, oggi come allora.
Allora la difesa delle fabbriche e delle macchine significò la volontà di ricostruire il Paese nella libertà, nella giustizia, nell’uguaglianza, perché il superamento delle distanze sociali continua ad essere la spinta ineliminabile di una vera democrazia.
Sandro Pertini, grande capo partigiano e non dimenticato presidente della Repubblica, non a caso aveva l’abitudine di ripetere: “Non ci può essere vera libertà senza giustizia sociale. Non ci può essere giustizia sociale senza vera libertà.

Oggi – concludono le Acli – la lotta alle disuguaglianze economiche e sociali, sempre più marcate, sono un impegno obbligato di tutti soprattutto di chi oggi fa memoria di un evento che modificò profondamente le sorti della nostra storia”.

Il 25 aprile al Qurinale

PRIMO PIANO

In occasione del 25 aprile, nel 70° anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto a Milano, Medaglia d’oro della Resistenza, alla cerimonia celebrativa al Piccolo Teatro che è stata aperta dall’esecuzione dell’Inno nazionale da parte del coro della scuola primaria “Cinque Giornate” di Milano e dalla proiezione di un filmato “Liberazione. Dal 25 aprile verso un futuro possibile” realizzato dall’Istituto di Istruzione Superiore Marignoni Polo e Liceo Carducci di Milano e dagli Istituti di Istruzione Superiore Altiero Spinelli e Enrico De Nicola di Sesto San Giovanni (Video). Dopo gli interventi del Sindaco, Giuliano Pisapia, del Prof. Lucio Villari, e del prof. Carlo Smuraglia, Presidente dell’Associazione Partigiani d’Italia, il Presidente Mattarella ha pronunciato il suo discorso.

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LA CERIMONIA AL QUIRINALE

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione delle celebrazioni per il 70° anniversario della Liberazione, ha incontrato al Quirinale le rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma. Nel corso dell’incontro hanno preso la parola il Presidente del Consiglio Nazionale Permanente delle Associazioni d’Arma, Mario Buscemi, il Presidente della Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, Bernardo Traversaro, e la Ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Il Capo dello Stato ha quindi rivolto un discorso ai presenti.

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L’INCONTRO CON GLI STUDENTI

Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cerimonia di premiazione degli studenti vincitori del Concorso nazionale “Dalla Resistenza alla Cittadinanza Attiva” promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, d’intesa con l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia in occasione del 70° anniversario della Lotta di Liberazione. Nel Salone delle Feste,dopo l’esecuzione dell’Inno Nazionale da parte degli alunni dell’Istituto Comprensivo Manin di Roma, sono intervenuti il Presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Carlo Smuraglia, la studentessa Elena Laura Munteanu, dell’Istituto Superiore “Guglielmo Marconi” di Anagni, e la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini. Il Capo dello Stato, dopo aver consegnato i Premi alle scuole vincitrici insieme alla Ministra Giannini, ha pronunciato un discorso.

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L’INTERVISTA

Il Presidente Mattarella con Ezio Mauro

Signor Presidente, lei ha attraversato la vita politica e istituzionale di questo Paese, ha vissuto la sfida delle Brigate Rosse alla democrazia, ha fronteggiato anche l’emergenza criminale più acuta. Che cosa legge nella data del 25 aprile, settant’anni dopo la Liberazione? “Il Paese è fortemente cambiato, come il contesto internazionale. Non c’è più, fortunatamente, la necessità di riconquistare i valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di pace che animarono, nel suo complesso, la Resistenza. Oggi c’è la necessità di difendere quei valori, come è stato fatto contro l’assalto del terrorismo, come vien fatto e va fatto sempre di più contro quello della mafia. La democrazia va sempre, giorno dopo giorno, affermata e realizzata nella vita quotidiana. Il 25 aprile fu lo sbocco di un vero e proprio moto di popolo: la qualifica di “resistenti” va estesa non solo ai partigiani, ma ai militari che rifiutarono di arruolarsi nelle brigate nere e a tutte le donne e gli uomini che, per le ragioni più diverse, rischiarono la vita per nascondere un ebreo, per aiutare un militare alleato o sostenere chi combatteva in montagna o nelle città”.

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