Snella, sofisticata ed elegante ha interpretato numerosi generi musicali, dal soul al gospel, dal funky al blues. Il suo nome compare nel libro del Guinness dei primati come l’artista donna di maggior successo di tutti i tempi. Era figlia d’arte: sua madre era una cantante gospel e folk-blues e il padre diresse un coro misto gospel.
Una vita tra luci e ombre – Era la nipote della cantante Dionne Warwick e parente lontana di Aretha Franklin. Dal cantante rap Bobby Brown, ebbe una figlia, Bobby Kristina, nata il 4 de marzo de 1993. "Mio marito era la mia droga", affermo’ nel settembre del 2009 davanti alle telecamere, dopo aver reso noto il suo calvario con le droghe e aver ammesso di essersi annullata come persona durante il matrimonio.
Withney Houston comincio’ a cantare a 11 anni in un coro gospel in una chiesa battista, diretto dalla madre. Non ha mai abbandonato il pallino della moda. Le sue foto apparvero in prestigiose riviste di settore. Nel 1983 il suo primo disco, "Whitney Houston", le valse 40 dischi d’oro e di platino e un Grammy nel 1986. Il secondo Lp, "Whitney", includeva il brano "I wanna dance with somebody" con cui vinse il Grammy nel 1988. Nel 1990 il terzo lavoro "Im your baby tonight", mentre nel 1992 partecipo’ a "The Bodyguard", la cui colonna sonora ha venduto 23 millioni di copie e il singolo "I will always love you" fue el "single" su il piu’ venduto di tutti i tempi e vinse tre Grammy. "My love is your love" usci’ nel 1998 e nel 2000 la Houston vinse un Grammy per la miglior interpretazione femminile R&B, con "It’s not right but it’s okay". Riconobbe in tv, dove apparve nel 2002 con il marito, la sua dipendenza dalle droghe.
Vinse il premio Women’s World Awards per la sua carriera e per aver lasciato impresso il suo nome nella storia della musica. Nel 2009 pubblico’ il suo settimo disco di studio "I look to you", il cui tour mondiale di presentazione fu pero’ un disastro. Nel film "Sparkle", che uscira’ negli usa il 17 agosto, compariranno le sue ultime canzoni.
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Le morti ‘maledette’ – Guardando le ultime immagini di Whitney Houston viva, il pensiero va all’ultima morte maledetta che ha scosso il mondo della musica, quella di Amy Winehouse. Non solo perché ad accomunarle c’é quell’aspetto trasandato e perso dell’ultima fase delle loro vite, ma soprattutto perché, nel giro di pochi mesi, due dei più grandi talenti vocali della storia sono andati in fumo tra alcool, droga e psicofarmaci.
Certo, l’età è diversa: Amy, morta il 23 luglio dell’anno scorso, è entrata a far parte del famigerato club dei 27, ma in fondo anche Whitney, che si è spenta a 48 anni, artisticamente era finita molto tempo prima, non tanto dopo quella tragica età. La fine della Houston ricorda poi altre scomparse di divi della musica, trovati senza vita nella stanza di un hotel, a volte proprio nella vasca da bagno come pare sia stata trovata la Houston, secondo quanto rivela il sito Tmz. Per molti di loro resta ancora il mistero sulle cause della morte e fioccano ancora leggende sulla loro sopravvivenza. Il club dei 27. Per uno strano gioco del destino, è un’età fatale per gli artisti maledetti.
La regina del rock, Janis Joplin, fu trovata morta il 4 ottobre 1970 nella stanza di un motel di Hollywood. Secondo alcuni, più dell’alcol e dell’eroina, ad ucciderla fu una profonda solitudine. E’ fu un altro hotel, il Samarkand di Londra, la tomba del signore dei chitarristi, Jimi Hendrix, trovato senza vita il 18 settembre 1970. Una morte forse dovuta ad un cocktail di alcol e tranquillanti, ma sulla quale resta ancora l’ombra dell’omicidio. Non sono chiare neanche le circostanze della scomparsa di Jim Morrison, trovato esanime il 3 luglio 1971 nella casa in cui alloggiava a Parigi. La versione ufficiale parla di un infarto nella vasca bagno, ma l’autopsia non fu mai eseguita. Secondo i più la causa sarebbe un’overdose, ma sulla scomparsa del leader dei Doors aleggia ancora il mistero. Aveva 27 anni anche il chitarrista dei Rolling Stones, Brian Jones, quando, il 3 luglio 1969, venne trovato sul fondo della piscina nella sua casa del Sussex, in Inghilterra. Omicidio o malore dovuto all’abuso di alcol e droga? Probabilmente una risposta certa non arriverà mai.
Oltre 20 anni dopo, l’8 aprile 1994, fu la volta di Kurt Cobain, leader dei Nirvana, morto nella serra della sua casa di Seattle. Anche lui schiavo dell’eroina, si suicidò con un colpo di fucile. Le morti maledette non si fermano qui. Non lontana nel tempo é quella del re del pop, Michael Jackson, trovato senza vita il 25 giugno 2009 nella villa che aveva preso in affitto a Los Angeles. A stroncarlo, a 51 anni, un’overdose di Propofol, con il contributo delle benzodiazepine: una morte per la quale è stato condannato il suo medico personale, Conrad Murray. Un abuso di medicinali potrebbe anche essere la causa della morte di Elvis Presley, avvenuta a Memphis il 16 agosto 1977, quando aveva 42 anni. Pur non facendo uso di droghe The King passò gli ultimi anni della sua vita ad abbuffarsi di cibo per consolarsi, fino a diventare obeso.