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25 Novembre “Giornata contro la violenza sulle donne”: una ferita dentro e fuori la famiglia

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Nella giornata ‘contro la violenza sulle donne’, il nostro giornale vi invita a riflettere: secondo l’ISTAT, la violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. In occasione della ‘Giornata internazionale contro la violenza sulle donne’, l’Unicef ricorda che, a livello mondiale, il 47% delle donne di ogni età vittime di omicidio è stata uccisa da un membro della propria famiglia o dal partner. “La violenza sulle donne è un problema che ci riguarda tutti e ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi affinché non si verifichino più atti di violenza di questo tipo”, dichiara il presidente di Unicef-Italia Giacomo Guerrera

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#25novembre #primiero #primieroprimato Campagna fiocco bianco 2016 a Primiero. Clicca sulla foto per ingrandire

di Liliana Cerqueni 

NordEst – 25 novembre, dichiarata dalle Nazioni Unite “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”. Un tema così odiosamente diffuso, diversificato da cultura a cultura, ma non di meno condannabile da qualsiasi punto di vista lo si consideri.

Violenze che spesso esordiscono nell’ambiente domestico, con offese, umiliazioni, minacce, persecuzioni psicologiche, stalking, percosse, in un’escalation esponenziale che approda spesso, troppo spesso, a un drammatico capolinea che è la morte.

La cronaca

Ci riferisce di esistenze umane contrassegnate da gesti estremi, dove il conflitto sfocia nel delitto con una facilità esorbitante e una scansione non più sporadica: oltre 155 donne uccise in Italia dal gennaio 2015, di cui 76 solo nel primo semestre di quest’anno. Spesso si ha difficoltà a rapportare e incrociare dati che arrivano dai Centri antiviolenza, le Associazioni Onlus, le Prefetture , i Centri di ascolto ma è evidente che il fenomeno è presente con cifre davvero significative. Leggiamo espressioni come “Delitto passionale”, “Dramma della gelosia”, “Raptus di follia”, “Non accettazione dell’abbandono” che non sono altro che grandi contenitori di un unico drammatico sunto: la progressiva corrosione della volontà e della capacità di elaborare e risolvere quei fatti della vita che ne minano le fondamenta e le certezze che ci siamo costruiti e che potrebbero toccare chiunque.

In un neanche tanto distante passato italiano, il “delitto d’onore” nei confronti delle donne ha goduto delle attenuanti previste dal Codice Rocco e queste disposizioni di legge sono state abrogate solo nel 1981. L’uccisione della moglie, figlia o sorella che fossero, veniva considerata la risposta ad una grave inaccettabile provocazione, spesso a sfondo passionale, che arrecasse offesa alla famiglia di appartenenza, ledendone la rispettabilità e l’immagine sociale. Ma era anche lo stesso ordinamento che ammetteva l’istituto del “matrimonio riparatore” come sanatoria al reato di violenza carnale nei confronti di minorenni, per salvare l’onore di famiglia. Oggi, proprio la famiglia dovrebbe essere il luogo della vera prevenzione dove si forma il rispetto, si trasmette l’idea di dignità e riconoscimento di tutti gli individui, affiancata e supportata dalle istituzioni.

Ai giorni nostri

I delitti di donne di tutte le età e provenienza geografica, lasciano sconcertati, indignati e scossi per quella manifesta disinvoltura ed efferatezza che li caratterizza, per la frequenza con cui si sceglie la morte dell’altro come unico, sbrigativo e gratuito modo di liquidare il disagio relazionale. Intenzioni di morte diventano patiboli, roghi, sfregi con acido, fredde esecuzioni di una precisione e infallibilità raccapriccianti che popolano le cronache e i luoghi dell’informazione.

Vania, Federica, Benedetta, Bruna, Alessandra, Michela, Sara, Anna, Slavica, Elena, Gloria, Pamela, Katia, Marina, Valentina…

…una lunga, indelebile linea rosso sangue che traccia vissuti e drammi nascosti perché troppe donne ancora non hanno coraggio di denunciare, aprirsi, confidarsi, alleggerirsi di quel peso pericoloso, preferendo tacere. Non basta un Riposa in Pace, non è nemmeno sufficiente un rapido pensiero di compassione: serve consapevolezza ed educazione diffusa sul tema, occorre fare nostra l’idea di una cultura diversa che rifiuti energicamente di passare per la “solita cronaca nera” a cui siamo abituati, queste tristi pagine diventate emergenza, per starcene comodamente tranquilli nelle nostre piccole sicurezze.

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Io ci sono, la storia vera di Lucia Annibali (VIDEO)

La sera del 16 aprile 2013 Lucia Annibali viene aggredita con dell’acido da un uomo incappucciato. La donna non ha bisogno di farsi domande per sapere chi cè dietro quel gesto: Luca Varani, un giovane avvocato con il quale aveva avuto una relazione tormentata. Da quella sera inizia per Lucia un calvario di dolore ma anche l’occasione di una rinascita.

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