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Istat, inflazione al 6,5% a marzo: altra ‘stangata’ per le famiglie che pesa anche sulla Pasqua

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Il calcolo preliminare era 6,7%. Per le famiglie ‘stangata’ da oltre 2.500 euro l’anno. Caro-prezzi che si farà sentire anche sulla Pasqua, con le famiglie che dovranno mettere in conto una maggiore spesa

NordEst – L’Istat rivede al ribasso le stime sull’inflazione. A marzo 2022, l’istituto stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dell’1,0% su base mensile e del 6,5% su base annua (da +5,7% del mese precedente). La stima preliminare era +6,7%.

Ma la crescita dei prezzi accelera in tutto il Paese e soprattutto nelle Isole e al Sud, con Catania prima in Italia per tasso d’inflazione. Secondo le previsioni delle associazioni dei consumatori, i dati definitivi dell’Istat comportano una stangata di oltre 2.500 euro l’anno per le famiglie.

I DATI – L'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +1,7% a +1,9%. Quella al netto dei soli Beni energetici passa da +2,1% a +2,5%. Il tasso acquisito per il 2022 è pari a +5,2% per l’indice generale e a +1,5% per la componente di fondo. “L’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta anche questo mese prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici (la cui crescita passa da +45,9% di febbraio a +50,9%), in particolare a quelli della componente non regolamentata (da +31,3% a +36,4%) mentre i prezzi della componente regolamentata continuano a essere quasi doppi di quelli registrati nello stesso mese dello scorso anno (+94,6%, come a febbraio)”, scrive l’Istat.

Accelerano anche i prezzi dei Beni alimentari sia lavorati (da +3,1% a +3,9%) sia non lavorati (da +6,9% a +8,0%), quelli dei Beni durevoli (da +1,2% a +1,6%) e dei Beni semidurevoli (da +1,0% a +1,5%). I prezzi dei Servizi relativi ai trasporti, invece, registrano un rallentamento (da +1,4% a +1,0%). Accelerano sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +4,1% a +5%) sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,3% a +6,5%).

Su base annua aumenta la corsa dei prezzi dei beni (da +8,6% a +9,8%), mentre quelli dei servizi rimangono stabili (+1,8%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+7,1%) e in misura minore dei Beni alimentari lavorati (+0,9%), dei Servizi relativi ai trasporti (+0,9%), degli Alimentari non lavorati (+0,6%) e dei Beni semidurevoli (+0,5%).

LE CITTA’ – La prima città italiana per tasso di inflazione a marzo è Catania con un tasso dell’8,1%. Seguono Bolzano (7,8%) e Messina (7,7%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Torino (5,6%) e Reggio Emilia (5,3%). In generale la crescita dei prezzi accelera in tutte le ripartizioni geografiche ed è al di sopra del dato nazionale nelle Isole (da +6,8% di febbraio a +7,5%), nel Sud (da +6,0% a +6,7%) e nel NordEst (da +5,9% a +6,7%). Sono al di sotto della media nel Centro (da +5,6% a +6,1%) e nel Nord-Ovest (da +5,3% a +6,0%).

L’AUMENTO PER I CONSUMATORI – I dati Istat definitivi dell’inflazione comportano una stangata per le famiglie che arriva a superare 2.500 euro l’anno secondo le stime delle associazioni dei consumatori. Il Codacons stima una mazzata di 1.997 euro annui per la famiglia “tipo”, mentre l’Unione nazionale consumatori calcola che i rincari raggiungono 2.577 euro per le coppie con tre figli. Solo per il cibo, secondo l’analisi di Assoutenti, la maggiore spesa media è di 434 euro.

Il calo dell’inflazione rispetto al dato provvisorio, secondo il presidente dell’Unc, Massimiliano Dona, “dimostra che la riduzione delle accise ha funzionato. Occorre, però, fare di più! Il Governo può e deve intervenire per bloccare queste speculazioni dovute all’effetto guerra in Ucraina, ad esempio riducendo ulteriormente le accise e prolungando il provvedimento oltre il 2 maggio”. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi aggiunge che: “il caro-prezzi si farà sentire anche sulla Pasqua, con le famiglie che dovranno mettere in conto una maggiore spesa di oltre 100 milioni solo per l’acquisto dei generi alimentari” con aumenti a due cifre per farina, burro, olio, pasta, pesce e verdura.

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