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In 50 anni i ghiacciai del Trentino hanno perso un terzo della superficie

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Paradossalmente, a causa della loro frammentazione sono passati da 91 a 115

Cattura

Trento – Questa la fotografia scattata dal Nuovo Catasto dei Ghiacciai, il più recente aggiornamento sullo stato di salute del cuore freddo delle Alpi realizzato dall’Università degli Studi di Milano, con la collaborazione di Levissima e dell’Associazione Riconosciuta Ev-K2-CNR, disponibile gratuitamente per glaciologi, studenti ed appassionati

In poco più di mezzo secolo il Trentinoha detto addio ad un terzo dei propri ghiacciai con la perdita del 33% dell’area totale. È questo il dato che fotografa il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, un importante aggiornamento dello stato di salute del cuore freddo delle Alpi, dopo l’ormai datato catasto CGI-CNR risalente al ’59-’62. Un vero e proprio atlante di tutti i ghiacciai italiani, risultato di un lavoro di ricerca iniziato nel 2012 rifacendosi ad un complesso di dati raccolti in almeno un decennio, coordinato da Claudio Smiraglia, professore ed esperto glaciologo dell’Università Statale di Milano, insieme a Levissima, con il supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano e la collaborazione, con il ruolo di editore, dell’Associazione Riconosciuta Ev-K2-CN.

In Trentino ci sono oggi 115 ghiacciai (13% del totale nazionale), per un’area di 30,96km², corrispondenti a poco più dell’8% dell’intera area glacializzata italiana.Rispetto al catasto CGI-CNR del ’62 emerge una diminuzione areale di 15,51km2, passando dai 46,47km2agli attuali 30,96km2. Nonostante la netta diminuzione areale, si contano24 ghiacciai in più,un fenomeno già evidenziato in altre Regioni italiane (come la Lombardia) e in altre aree alpine caratterizzate da intenso regresso glaciale.A livello nazionale si registra, infatti, un evidente aumento del numero dei ghiacciai, che sono passati da 835 a 903, ma con una riduzione della superficie del30% (157 km2), confrontabile all’area del Lago di Como,passando da 527 km² agli attuali 370 km² (circa 3 km² persi all’anno).

“Siamo davvero orgogliosi di avere finalmente tra le mani la pubblicazione del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani. Il Catasto è uno strumento indispensabile per capire lo ‘stato di salute’ del cuore freddo delle nostre Alpi, la cui evoluzione è il principale indicatore dei cambiamenti climatici in atto – ha detto Claudio Smiraglia, responsabile del progetto e Professore Ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Università degli Studi di Milano –. Il Nuovo Catasto dei Ghiacciai, elaborato dopo anni di studi sul campo e analisi di foto aeree e immagini satellitari, ci permette infatti di valutare l’evoluzione dei ghiacciai negli ultimi decenni e di quantificare le variazioni di superficie e di morfologia conseguenti al cambiamento climatico.I monitoraggi svolti annualmente infatti, sebbene importanti, permettono solo di fare considerazioni relative all’impatto delle singole stagioni meteorologiche sul ghiacciaio. Diversamente, studi ultradecennali come quelli svolti confrontando catasti glaciali permettono di ottenere dati sull’evoluzione di lungo periodo delle masse glaciali che è funzione della dinamica climatica”.

Dal “Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani” emerge anche l’evidente importanza dei ghiacciai come risorsa idrica, energetica, turistica, paesaggistica, e non solo come testimonianza tangibile delle trasformazioni climatiche in atto. Lo sa beneLevissima, che dal 2007 è a fianco dell’Università degli Studi di Milano per lo studio e il monitoraggio dei ghiacciai italiani, a partire dal ghiacciaio Dosdè Orientale-Cima Piazzi, da cui la sua acqua minerale ha origine: “Levissima, marchio di acqua minerale del Gruppo Sanpellegrino, deve la sua eccezionale purezza al luogo dove nasce ed per questo che da anni riserva un impegno particolare per sostenere la ricerca dei glaciologi dell’Università degli Studi di Milano – ha sottolineato Stefano Agostini, Presidente e Amministratore delegato del Gruppo –. Oggi possiamo finalmente dire di avere tra le mani l’Atlante completo dei ghiacciai italiani, disponibile open accessper tutti gli appassionati, gli studenti e gli esperti italiani e internazionali”.

Un progetto davvero importante, punto di arrivo di uno studio pluridecennale che oggi potranno apprezzare i più importanti glaciologi europei, portato a termine grazie alla costanza e alla passione del team di ricercatori e al supporto dell’Associazione Riconosciuta Ev-K2-CNR, un ente con consolidata esperienza nella realizzazione di progetti di ricerca scientifica e tecnologica in alta quota che ha creduto nel progetto come editore: “Ho combattuto e giocato con il ghiaccio con le sue forme e la sua natura per trent’anni della mia vita – ha affermato Agostino Da Polenza, Presidente di Ev-K2-CNR –. Vedere il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani pubblicato è davvero una grande soddisfazione anche in considerazione di tutte le volte che le punte dei miei ramponi su un ghiacciaio mi hanno portato in cima a una montagna”.

Quali dati emergono dunque dalla fotografia scattata in Trentino? I 115 ghiacciai sono distribuiti in cinque gruppi montuosiprincipali: Ortles-Cevadeles, Adamello-Presanella, Brenta, Marmolada e Pale di San Martino. Dal punto di vista tipologico, il 50% dei ghiacciai del Trentino è classificato come Glacionevato, il 48% come Ghiacciaio Montano e solamente il 2% come Ghiacciaio Valivo.

Il confronto con il Catasto CGI-CNR del ’59-’62 ne evidenzia una contrazione del 33%. Il gruppo montuoso con il glacialismo più esteso è l’Adamello-Presanella con 19,05 km2 suddivisi in 58 corpi glaciali (superficie media 0,33km2); il glacialismo dolomitico (Marmolada e Pale di San Martino, cui si può aggiungere anche il Brenta) copre invece solo 2,69 km2distribuiti su 3 apparati con superficie media di 0,8 km2. Si deve sottolineare che il dato areale complessivo di 30,96km2si riferisce strettamente alle aree glaciali presenti entro i confini provinciali; quindi per il ghiacciaio dell’Adamello che è collocato in maggior parte in Lombardia (compreso il suo settore principale denominato, Mandrone, che scende verso il Trentino), la superficie è stata suddivisa (in base all’estensione areale nei territori di competenza) tra la provincia autonoma di Trento e Lombardia.

Considerando invece i dati areali da un punto di vista prettamente glaciologico, trascurando quindi la variazione dei confini amministrativi, la superficie glaciale trentina è passata da 46,47 km2 agli attuali 30,04 km2 con un contrazione di 16,34 km2, pari al 35%. Le maggiori perdite si riscontrano nel gruppo del Brenta con una contrazione del 73%, nella Marmolada dove la contrazione glaciale è stata del 65% e nelle Pale di San Martino del 63%. La riduzione minore si osserva nelgruppo dell’Adamello-Presanellache ha subito una contrazione del 25%.

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