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Il triste realismo dei giovani disoccupati italiani che il jobs act non sa aiutare

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Né rassegnati né pessimisti: Chiara Binelli racconta i giovani disoccupati italiani

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Trento – I neolaureati italiani che non trovano un’occupazione stabile sembrano avere aspettative certamente cupe rispetto al loro futuro lavorativo, ma del tutto in linea con la realtà dei fatti. Ed è una realtà tragica, che incide profondamente non solo sulle condizioni attuali dei giovani, ma anche sui loro progetti di vita a lunga durata.
Lo dimostra una ricerca condotta da Chiara Binelli, che ha analizzato un campione di oltre 1.300 persone, tra i 25 e i 34 anni, in cerca di un posto di lavoro coerente con i loro studi e le loro qualifiche. Il Jobs Act? «Non è di simili politiche occupazionali che l’Italia ha bisogno»

Ma è proprio vero che i neolaureati italiani senza lavoro sono eccessivamente pessimisti rispetto al loro futuro? Quali conseguenze produce l’incertezza occupazionale sulle condizione di vita dei giovani? E il Jobs Act propone delle soluzioni adeguate a risolvere una crisi che è drammatica? Sono queste le domande a cui Chiara Binelli, Assistent Professor di Economia all’Università di Southampton, cerca di rispondere attraverso la sua ricerca, i cui risultati sono stati presentati in anteprima questo pomeriggio, durante un dibattito svoltosi presso la Sala Filarmonica e organizzato nel contesto del Festival dell’Economia.
Binelli ha esaminato un campione di 1.328 laureati, equamente ripartiti tra le varie aree geografiche del Paese. Si tratta di giovani compresi tra i 25 e i 34 anni che non trovano lavoro: il 19% del totale, a fronte di una media europea del 13%. Una categoria di cui fa parte oltre un milione di persone, secondo l’ISTAT. E i risultati raccolti hanno innanzitutto permesso a Binelli di smentire alcuni luoghi comuni piuttosto ricorrenti nel dibattito politico. È vero, i giovani disoccupati sono molto pessimisti circa il loro futuro: solo il 20% pensa di poter guadagnare più dei loro genitori, mentre 8 intervistati su 10 ritengono improbabile trovare un lavoro che offra una tutela previdenziale e una copertura pensionistica adeguata. Tuttavia, una ricerca approfondita dimostra che queste cupe aspettative non sono affatto distanti dalla realtà dei fatti. Se il guadagno medio mensile netto atteso ammonta a 1099 euro, quello effettivo è infatti di 1034; se la fiducia in un nuovo posto di lavoro nei prossimi 12 mesi è del 44%, quella reale è del 50%; se solo 17% degli intervistati confida in un’occupazione a tempo indeterminato, la quota di coloro che davvero riescono a ottenerla è appena quattro punti percentuali più alta.
Quanto alla presunta rassegnazione dei giovani neolaureati circa la possibilità di trovare un lavoro, va detto che in realtà la ricerca di nuove opportunità cresce, ragionevolmente, in maniera proporzionale con la speranza di trovare nuove offerte coerenti con il percorso di studi svolto. «E in questo senso – dichiara Binelli – il Jobs Act dimostra una prima notevole debolezza: la sua incapacità di aumentare nei neolaureati le aspettative di una maggiore stabilità. Secondo i risultati di un’indagine di Demos & Pi dell’Aprile 2015, infatti, per il 49% dei giovani la nuova riforma del mercato del mercato del lavoro non produrrà alcun effetto, e per il 20% peggiorerà addirittura le cose».
Nel corso della discussione finale, animata dalle domande di Maria Concetta Mattei del Tg2, Binelli ha spiegato che servono riforme molto più efficaci di quelle varate dal governo Renzi. «La vera necessità, oggi, è quella di creare opportunità lavorative che offrano sicurezza e tutele adeguate. Serve insomma non semplicemente un lavoro, ma un buon lavoro».
Sembrerà un paradosso, ma la ricerca di Chiara Binelli sta aspettando ancora di ricevere dei finanziamenti. «È un lavoro che riguarda la disoccupazione dei giovani italiani: voglio che i finanziamenti per realizzarla siano italiani. Spero che il ministro del lavoro Poletti, che domani verrà qui a Trento, possa essere interessato».

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