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Anche i lavoratori veneti attendono 3 anni e mezzo per il rinnovo del contratto

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Come ricorda la CGIA, in regione si contano 652.000 lavoratori nel privato e 228.300 nel pubblico

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Venezia – Anche i lavoratori dipendenti veneti del settore privato attendono mediamente 3,5 anni (pari a 42 mesi) per ottenere a livello nazionale il rinnovo del contratto di lavoro. Nella nostra regione, ricorda la CGIA, sono occupati alle dipendenze delle aziende private quasi 652.000 lavoratori, nel pubblico, invece, sono poco più di 228.300 unità.

Il numero complessivo dei contratti rimane ancora molto incerto: secondo il Cnel ammontano a poco più di 700, per l’Istat, invece, sono meno e si attestano attorno alle 270 unità.
Nonostante la forte differenza segnalata da questa due fonti, una cosa è certa: è indispensabile che il numero venga ridotto drasticamente.

L’Ufficio studi della CGIA ha fatto il punto della situazione in atto mettendo in luce le problematiche che caratterizzano la materia contrattualistica che in queste ultime settimane è stata catapultata al centro di una forte discussione tra le parti sociali.

“Il sistema contrattuale nazionale – segnala il Segretario della CGIA Renato Mason – ha bisogno di una forte innovazione. Ormai ha raggiunto delle distanze abissali dalle esigenze delle piccole aziende e dei propri lavoratori . Non è in grado di seguire l’andamento economico delle imprese, non riesce a misurare la produttività in capo ai singoli dipendenti e fatica enormemente a cogliere le differenze di contesto economico a livello territoriale”.

Per queste ragioni la CGIA lancia una serie di proposte volte a innovare il sistema delle relazioni industriali.

“Innanzitutto – prosegue Mason – è necessario che a livello nazionale venga fissato il salario minimo per un numero ragionevolmente contenuto di contratti stabilendone i diritti e gli aspetti normativi generali, lasciando invece alla contrattazione di secondo livello il compito di definire gli aumenti retributivi legati alla produttività aziendale, o territoriale o di settore. Ovviamente per far ciò le associazioni di categoria datoriali e le organizzazioni sindacali locali dovranno cambiare il modo di rapportarsi con il territorio, dovranno essere in grado di analizzarne fin nei minimi particolari le specificità e l’andamento degli indicatori economici”.

Infine, un ruolo importante lo giocheranno le nuove forme di welfare salariale che sono state introdotte con l’ultima legge di Stabilità:

“A nostro avviso – conclude Mason – dovrà essere il lavoratore dipendente a decidere se preferire i soldi in busta paga o, in alternativa, forme di welfare sussidiario, come i buoni scuola, le prestazioni sanitarie ai famigliari, le spese per il tempo libero, etc.“.

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