NordEst

Afghanistan, L’ultimo addio alle penne nere della Julia

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L’arrivo dei quattro feretri del caporalmaggiore Gianmarco Manca, del caporalmaggiore Francesco Vannozzi, del caporalmaggiore Sebastiano Ville, del caporalmaggiore Marco Pedone avvolti dal tricolore, è stato accolto dal silenzio della folla. Subito dopo l’esecuzione di ‘Signore delle cime’ brano-preghiera caro agli alpini.

Poco prima l’arrivo del capo dello Stato Giorgio Napolitano è stato accolto da un sommesso applauso. Tanta gente comune ognuna con un proprio perché per dare l’addio ai quattro soldati. Tanti gli esponenti del mondo delle istituzioni: tra loro, oltre al presidente della Repubblica, il presidente del Senato Renato Schifani e quello della Camera Gianfranco Fini. In rappresentanza del governo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro degli Esteri Franco Frattini, il ministro della Difesa Ignazio La Russa e dell’Interno, Roberto Maroni. Tra gli esponenti del mondo politico anche il leader del Pd Pierluigi Bersani e il presidente del Copasir ed ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema.

Sono stati "profeti del bene comune, decisi a pagare di persona ciò in cui hanno creduto e per cui hanno vissuto". Così monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare li ha ricordati durante l’omelia. "Davanti a tale responsabilità nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili – ha scandito l’ordinario militare – che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli".

I nostri militari, ha sottolineato ancora monsignor Pelvi, "si nutrono anche della forza delle nostre convinzioni e della consapevolezza di una strategia chiara e armonica che le nazioni mettono in campo per un progetto di convivenza mondiale ordinata". Ricordando la missione dei quattro alpini "in quella terra martoriata" monsignor Pelvi ha ribadito come "compito dei nostri militari è il mantenimento della sicurezza, la formazione dell’esercito e della polizia afgana, la realizzazione di progetti civili come ponti, scuole, ambulatori e pozzi". Secondo l’ordinario militare il vero dono "non è il dono di qualcosa ma il dono di sé. Dare vita è offrirla, perderla".

Alla fine della cerimonia funebre le bare dei caduti hanno lasciato Roma per raggiungere le città di origine dei militari per le esequie private.

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