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Acqua contaminata da fluoro in 30 comuni veneti: l’allarme dei medici italiani

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Si chiede che l’Europa spinga le autorità locali ad eseguire uno screening sanitario sui cittadini

acqua

Bruxelles –  L’eurodeputato Andrea Zanoni presenta una seconda interrogazione alla Commissione europea sulla contaminazione delle acque potabili di trenta comuni veneti dopo la lettera appello di più di trenta medici italiani. “L’Europa spinga le autorità locali ad eseguire uno screening sanitario sui cittadini da far pagare ai responsabili dell’inquinamento”

“L’Ue intervenga per prevenire le patologie correlate alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche dell’acqua potabile registrata in una trentina di comuni del Veneto denunciata con preoccupazione anche da più di trenta medici locali”. Lo chiede Andrea Zanoni, eurodeputato ALDE e membro della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, con un’interrogazione alla Commissione europea. “I medici, gran parte membri dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment), chiedono che sia avviato con urgenza un progetto di screening sanitario della popolazione residente in questi comuni suggerendo la collaborazione di esperti indipendenti e possibilmente ponendo i relativi oneri a carico degli inquinatori. Visto che le autorità locali continuano a ripetere a pappagallo che non c’è alcun rischio, è indispensabile che l’Europa intervenga affinché siano presi i giusti provvedimenti volti ad esorcizzare ogni possibile rischio per i cittadini”.

I medici riferiscono di uno studio scientifico statunitense su un analogo caso di contaminazione in base al quale i soggetti con concentrazioni più elevate di sostanze perfluoroalchiliche nel sangue contraggono con maggiore frequenza cancro dei reni, cancro dei testicoli, ipercolesterolemia, malattie della tiroide, ipertensione della gravidanza/preeclampsia, colite ulcerosa. Alcuni studi italiani suggeriscono la probabile correlazione tra esposizione a tali sostanze e infertilità maschile e femminile. Altri studi internazionali dimostrano la probabile associazione e correlazione in relazione a malattie cardiovascolari, ictus cerebrale, diabete, linfomi e leucemie. Secondo i medici nella zona contaminata si rilevano un maggiore numero di decessi e un più significativo consumo di farmaci e di risorse sanitarie rispetto ad altre aree in Italia.

“Nel 2010 la Commissione europea ha imposto agli Stati membri il monitoraggio della presenza di tali sostanze per il biennio 2010 e 2011. Ho già chiesto la pubblicazione dei risultati di questo monitoraggio e di arrivare presto a regolamentare a livello Ue la presenza di tali sostanze nell’acqua potabile – aggiunge Zanoni – Adesso ho ritenuto opportuno integrare questa mia precedente richiesta con l’allarme lanciato dai medici italiani affinché l’attenzione delle istituzioni comunitarie, contrariamente a quelle locali, sia massima nell’interesse dei cittadini”.

Una campagna di misurazioni dei pozzi eseguita a livello nazionale dall’IRSA (Istituto di Ricerca sulle Acque), braccio operativo del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha rilevato che le acque potabili di circa trenta comuni del Veneto sono contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS). I comuni interessati si trovano principalmente nella zona ovest della provincia di Vicenza e in particolare nelle valli dell’Agno e del Chiampo e nel bacino del fiume Fratta che confluisce nel canale Garzone, ma anche in alcune zone confinanti delle province di Padova e Verona. Secondo quanto riportato dai media, in alcuni casi la concentrazione di alcune tra queste sostanze supererebbe i 1.000/1.500 ng/l (nanogrammi per litro), arrivando a sfiorare soglia 2.000 ng/l in un pozzo poi chiuso di una zona industriale di Vicenza. Tali composti del fluoro vengono utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta, contenitori per alimenti. L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV), ha individuato la fonte della contaminazione negli scarichi di un’industria locale.

La presenza di tali composti nell’acqua potabile non è oggetto di specifici limiti da parte né della normativa italiana, né di quella comunitaria. Queste sostanze vengono definite “microinquinanti emergenti”, frutto di un’industria chimica recente e per questo non monitorate dalle indagini di laboratorio di routine. In Germania, tuttavia, il limite è di 100 ng/l e nel New Jersey (U.S.A.) pari ad appena 40 ng/l. Proprio a causa dell’ampio utilizzo di tali sostanze in campo industriale e dell’associabilità di queste a un ampio spettro di effetti sulla salute, l’European Food Safety Authority (EFSA) ha svolto un’indagine scientifica sull’esposizione umana alle stesse nella catena alimentare, arrivando a escludere probabili effetti negativi ma ammettendo la carenza di dati.

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