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Primiero, “Le parole che non ti ho detto”: fa sognare la bottiglia con il messaggio d’amore ritrovata nel lago dello Schenèr

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Chi non ricorda il film “Le parole che non ti ho detto” (dal romanzo di Nicholas Spark) e quel messaggio in una bottiglia che ha fatto il giro del mondo?

bottiglia

Primiero (Trento) – Una storia d’amore s’infrange nel lago dello Schenèr. Le acque non sono quelle del mare e nemmeno la spiaggia è la stessa, ma ritrovare oggi una bottiglia con un messaggio d’amore dopo quattro anni, ci aiuta di certo a sognare.

A riportarla alla luce è stata Roberta Bettega di Imèr nel Primiero (nella foto da Fb) che ha ritrovato la bottiglia con il messaggio, pubblicata sul suo profilo facebook. Centinaia i “mi piace” (molti al femminile) e le condivisioni in poche ore, per un gesto di grande sentimento per la persona amata. 

Chiaro il messaggio scritto da un uomo alla sua lei, forse dopo una storia finita o mai iniziata? Tra le righe appassionate, si legge un finale particolarmente emozionante: “Resterai per sempre nel mio cuore e nei miei pensieri. Eternamente parte di me. Tu, mio Amore”… correva l’‘anno 2012… epoca di facebook, twitter e whatsapp, di cellulari e messaggini.  

Scontata la curiosità di moltissime lettrici che in queste ore si interrogano su questo originale messaggio: chi l’avrà scritto? Ma soprattutto come sarà finita la storia? Se qualcuno si dovesse riconoscere, può raccontarci il lieto fine, scrivendo alla nostra redazione, che avrà cura di darne notizia.

Duemila visualizzazioni in poche ore

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Le origini del messaggio

(wikipedia) Il messaggio in bottiglia è un sistema di comunicazione dove il messaggio è rinchiuso in un contenitore (solitamente una bottiglia di vetro) per poi essere abbandonato in mare: da questo momento in poi la bottiglia galleggerà sino a raggiungere la terraferma, dove il messaggio potrà essere letto da qualcuno. Questo sistema di comunicazione è talvolta utilizzato, in un modo simile alle celebri Friendly Floatees, per tracciare il percorso delle correnti oceaniche. Sebbene non si possa sapere chi e quando abbia avuto l’idea di gettare in acqua il proprio messaggio in bottiglia, la tradizione vuole che il primo sia stato il filosofo greco Teofrasto nel 310 a.C, per dimostrare che il Mar Mediterraneo non era altro che un bacino dell’oceano Atlantico.

Nel XV secolo si viaggiava sempre più spesso in via marittima e quindi non erano rari naufragi oppure violente tempeste. Ciò è quello che accadde al celebre navigatore genovese Cristoforo Colombo che, in balia di una tormenta, scrisse un messaggio dove riportava tutte le sue scoperte e lo infilò in una bottiglia; nel suo comunicato chiese anche a chi lo avesse letto di consegnare il messaggio alla Regina di Spagna. Colombo sopravvisse, e non si sa che fine abbia fatto il suo messaggio.

L’abitudine di inserire messaggi nelle bottiglie cadde in forte disuso nel XVI secolo, dove chi apriva una bottiglia contenente un messaggio era perseguibile dalla legge, o poteva perfino essere condannato a morte. Il divieto di aprire i messaggi in bottiglia, emanato dalla regina Elisabetta I con l’Uncorker of Ocean Bottles, venne introdotto poiché si presumeva che tali messaggi potessero essere scritti da spie nemiche.

Si ritornò ad usare i messaggi in bottiglia solo dopo il lavoro dello statunitense Benjamin Franklin: infatti nel 1786 Franklin, dopo aver notato che le navi americane navigavano ad una velocità maggiore di quelle inglesi, consegnò alle onde un messaggio in bottiglia per poter tracciare facilmente il percorso delle correnti oceaniche della costa orientale degli Stati Uniti.

Meno noto è il messaggio in bottiglia mandato da un marinaio giapponese, Chunosuke Matsuyama, naufragato nel 1784 con i suoi 44 compagni su un’isoletta dell’Oceano Pacifico. Lì i marinai, patendo la fame, scrissero un messaggio dove chiesero aiuto e lo arrotolarono attorno ad un ramoscello di legno, che poi inserirono in una bottiglia. Il messaggio arrivò sulla terraferma solo nel 1935 toccando il villaggio giapponese di Hiraturemura, dove Matsuyama era nato e cresciuto, troppo tardi purtroppo per i naufraghi che erano morti da tempo. Uno dei primi episodi noti nel XX secolo è il messaggio lanciato dal soldato Thomas Hughes nel 1914.

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