Senato, Rossi e Causin sì a fiducia Conte: fuori da Forza Italia
NordEst (Adnkronos) – Numeri risicati per il Governo Conte al Senato che incassa 156 voti (compresi i senatori a vita), al di sotto della maggioranza assoluta che si attestava a 161.
Il risultato della votazione di Palazzo Madama sulla fiducia al Conte bis ha registrato 140 no. Renzi si astiene con Iv, altri due sì dai senatori di Forza Italia. Caos sul voto del senatore del Gruppo Misto Ciampolillo, ex M5S, che è arrivato in ritardo alla seconda ‘chiama’.
Una serata che si conclude alle 22.30 con molte sospensioni anche durante le votazioni e un finale alla “moviola”, per riammettere due senatori.
Il capo del governo ha lasciato l’Aula del Senato prima della proclamazione della votazione ma con il risultato che, a parte il “caso Ciampolillo”, è già chiaramente a favore della fiducia.
I senatori Lello Ciampolillo, ex parlamentare del M5s, e Riccardo Nencini di Italia viva sono stati quindi riammessi al voto sulla fiducia al governo, nell’aula del Senato. L’ha annunciato la presidente Elisabetta Casellati dopo la verifica fatta dai senatori questori.
Alla richiesta di Lello Ciampolillo, ex parlamentare del M5s e ora al gruppo Misto, di poter votare anche se le urne si erano chiuse al Senato (era risultato assente alla prima e seconda chiama), nell’aula si è scatenata la bagarre con molti senatori in piedi che protestavano contro la presidente Elisabetta Casellati. Da qui la scelta di far decidere ai questori.
Protestano Lega e FdI, che annunciano si appelleranno al Colle. Italia Viva conferma l’astensione, in segno di “disponibilità”, seppure a tempo, a discutere ancora con la maggioranza.
I senatori guidati da Matteo Renzi al momento tengono in ostaggio l’esecutivo giallo-rosso: se si sommassero alle opposizioni, a Palazzo Madama i rapporti di forza cambierebbero (senza Nencini, sono infatti 17 in tutto, contando anche un senatore assente per Covid, e dunque sommati ai 140 no delle opposizioni supererebbero l’attuale maggioranza).
In Aula come nelle commissioni, paralizzando l’attività parlamentare. Che vi sia un “problema di numeri” lo mette a verbale anche il premier: “se non ci sono, il governo va a casa”, dice chiaro e tondo davanti ai senatori. Dove ingaggia anche un duello con l’ormai rivale
Renzi: l’ex premier sceglie di intervenire in discussione generale, così da garantirsi la replica del premier. Lo accusa di “non essere salito al Quirinale per paura” e di chiudersi in “un arrocco dannoso”.
Come il centrodestra, parla di “mercato indecoroso di poltrone” e con un tono apocalittico torna a ripetere la necessità di un cambio di passo, dalla scuola all’economia, “o i nostri figli ci malediranno”, dice.