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TRA CRONACA E STORIA/Il rifugio antiaereo di Primiero e quella galleria nella montagna mai realizzata

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La tremenda situazione odierna in Ucraina e le sofferenze della popolazione civile possono essere paragonate a quelle dei nostri genitori e nonni durante la Seconda Guerra Mondiale

Oltre alle operazioni in caso di bombardamento, la Protezione Anti Aerea aveva anche il compito di progettare rifugi per la popolazione. Uno di questi era previsto a Fiera di Primiero, in via San Francesco. Si trattava di una galleria a ferro di cavallo, ovvero a doppia entrata, scavata nella montagna per la profondità di 30 metri e della lunghezza di 90 metri.

 

di Ervino Filippi Gilli

Primiero (Trento) – In questi momenti in cui alla televisione passano le immagini dei bombardamenti in Ucraina, riecheggiano le sirene antiaeree e la gente è racchiusa nelle cantine o nei rifugi antiaerei, mi sono venuti in mente i racconti dei miei genitori che durante la Seconda Guerra Mondiale vivevano in Val dell’Adige.

Sia mia madre che mio padre non ne parlavano volentieri ma anzi se potevano evitavano proprio l’argomento: durante la guerra mio padre era precettato dai nazisti come tanti altri giovani ed anziani per scavare gallerie antiaeree ad Ora (e ha sempre sostenuto di essere stato fortunato così non sarebbe andato al fronte), mentre la famiglia di mia madre era sfollata a Mezzolombardo. I pochi ricordi che ho raccolto li devo però principalmente a mia zia, Francesca Gilli che di quei tempi parlava un po’ di più.

Sono ricordi di fame che probabilmente era rimasta così impressa nella mente di mio padre che anche negli ultimi anni della sua vita quando andava a fare la spesa voleva sempre che si comprasse un pacco di farina ed uno di zucchero, a prescindere che a casa ne avessimo o meno, e questo diceva perché di fame ne aveva passata abbastanza. Ricordi di pane nero fatto non si sa con cosa (spesso con segatura ma anche con sabbia) e mi è rimarrà sempre impresso nella memoria il racconto del primo panino fatto con farina bianca mangiato dopo la guerra che a detta di mia zia sembrava il miglior dolce del mondo. Ricordi di paura: sia di giorno che di notte.

Mi parlava di un aeroplano che loro chiamavano “Pippo” che oltre a bombardare mitragliava i centri abitati e le strade, dei grandi bombardamenti pesanti (sono stati 240) sul “Ponte dei Vodi”, il ponte della ferrovia del Brennero sul torrente Avisio, delle fughe a tutte le ore per raggiungere i rifugi antiaerei portando con sé poche cose in uno zainetto in tela (che ho poi ritrovato in soffitta e di cui allego un paio di immagini), di una scheggia di bomba che aveva sfiorato mio nonno e che si era conficcata in un tronco nella segheria “Borga” dove lavorava.


Particolare dello zainetto con scritto all’interno della tasca “Marco Gilli – Mezzolombardo – Trentino
Particolari dello zainetto con scritto all’interno della tasca “Marco Gilli – Mezzolombardo – Trentino

Cosa accadeva a Primiero

Per fortuna le nostre valli non erano strategicamente importanti e non avevano obiettivi da bombardare e pertanto, a parte qualche ordigno sganciato dalle fortezze volanti per liberarsi del carico rimasto prima di ritornare alle proprie basi dopo missioni portate in altri luoghi, i bombardamenti ci hanno risparmiato.
Nonostante ciò anche in Primiero ci si attrezzò per l’evenienza: l’azione principale fu che il Corpo Pompieri entrò a far parte della Protezione Anti Aerea (PAA).

A seconda del luogo in cui ci si trovava, dalla grande città al piccolo paese, la PAA aveva una organizzazione piramidale complessa che poteva arrivare, però solo nei grandi edifici e nelle fabbriche, alla creazione di una figura responsabile per il singolo fabbricato. In Valle di Primiero, chiaramente, la PAA non ebbe un tale livello di complessità ma si basava esclusivamente sulla presenza di una squadra di “volontari” per paese. I compiti delle squadre erano così codificati: salvataggio delle persone eventualmente rimaste sotto le macerie, trasporto dei feriti in locali delle case vicine rimaste intatte, spegnimenti di eventuali incendi con mezzi di fortuna in caso mancassero le squadre dei Vigili del Fuoco.

Oltre alle operazioni in caso di bombardamento, la Protezione Anti Aerea aveva anche il compito di progettare rifugi per la popolazione. Uno di questi era previsto a Fiera di Primiero: si trattava di una galleria a ferro di cavallo, ovvero a doppia entrata, scavata nella montagna per la profondità di 30 metri e della lunghezza di 90 metri; la zona di ricovero doveva essere lunga 90 metri, larga 6 ed avere una altezza di due metri e mezzo; la struttura era provvista di WC e di una infermeria. Questo rifugio, del costo preventivato in 750mila lire di allora, era previsto fosse localizzato in via San Francesco, in prossimità del Parco Vallombrosa, ma non venne però mai realizzato in quanto la guerra finì prima dell’inizio dei lavori.


Nelle foto di copertina, i disegni del rifugio progettato a Fiera di Primiero. La pianta  e la sezione di come si doveva scavare nella montagna.
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