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Grande Guerra Dolomiti e Lagorai/1917 – 2017, A Cento anni dalla fine del Conflitto nel NordEst Alpino: in Edicola il Nostro Speciale Cartaceo

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E’ in Edicola lo Speciale cartaceo dedicato alla fine della Prima Guerra mondiale nel NordEst alpino. 136 pagine di foto storiche, racconti, interviste e ricostruzioni tra le Dolomiti e il Lagorai con le firme di Filippi Gilli, Girotto, Bettega, Cerqueni, Paissan e Fontanari. Un volume dinamico quindi – in basso le informazioni sulla distribuzione – che racconta a più mani, il Primo conflitto in modo originale, con nuovi percorsi, trincee e luoghi da visitare, senza dimenticare le molti fonti disponibili in rete. Non mancano gli scatti storici: dal  Corteo reale di Vittorio Emanuele III a Primiero, fino alla Visita di S.E. Cadorna nel Vanoi, dalle trincee austriache ai militari italiani al fronte, solo per citarne alcuni

 

di Ervino Filippi Gilli

NordEst – La battaglia di Caporetto, nota anche con il nome di dodicesima battaglia dell’Isonzo, cominciò alle due del mattino del 24 ottobre 1917. Cento anni dopo, alla stessa ora, presentiamo il nostro Speciale dedicato a quei tragici giorni di guerra.

“La disfatta di Caporetto”

Questo insieme di scontri rappresenta la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, tanto che ancora oggi, il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.

In questa breve contributo non ho voluto ripercorrere le tappe della battaglia, o meglio delle tante battaglie che si combatterono fino alla metà di novembre 1917 quando la ritirata si assestò sulla linea del Piave: quello che vorrei far conoscere sono le condizioni della truppa combattente su entrambi i fronti che è un qualche cosa difficile da immaginare e può essere solo intuito da alcune testimonianze raccontate dai soldati durante quei giorni bui. Tra le tante note tramandate credo che quella che segue sia tra le più significative.

Il brano riproposto è tratto dalle Memorie di Egisto Favilli, soldato della 229 Fanteria della Brigata Campobasso che descrive in prima persona la ritirata di Caporetto e tutti gli avvenimenti che ad essa seguiranno (le memorie che sono pubblicate da europeana)

“La nostra permanenza in quella zona [Monte Santo – Friuli ndr] fu tremenda. Stavamo in campo aperto, senza ripari, sfiniti dalle fatiche,coi nervi distrutti. Oltre a tenere la linea, c’erano da fare molte altre cose, come cercare di ripulire la zona dai cadaveri nostri e nemici che seppellivamo dove potevamo, in fosse comuni scavate alla meglio. I rifornimenti? L’acqua? Il vitto? Quando venivano, se venivano, si trattava di cose inenarrabili. Soltanto di notte potevamo darci un po’ da fare per rifornirci. Eravamo stremati, moralmente disfatti, assenti dal mondo, senza percezione del tempo. Giorni, settimane, mesi passavano inesorabilmente, mentre noi aspettavamo una pallottola intelligente o una scheggia di granata che ci colpisse definitivamente. Eppure tenevamo duro. Poi venne il tremendo, quanto inaspettato, disastro di Caporetto. Eravamo distanti dall’epicentro dell’azione circa una quindicina di chilometri in linea d’aria e fummo investiti marginalmente perchè il nemico svolgeva un’azione avvolgente. Venne l’ordine di ritirarci e di proteggere la possibile ritirata della 3° Armata del Carso che era schierata alla nostra destra rispetto al fronte. Fummo tra gli ultimi reparti preposti a tenere contatto col nemico fino al Tagliamento. Ogni notte cercavamo di mantenere i nostri collegamenti spiegandoci a ventaglio e sparando con le mitragliatrici. Pioveva continuamente, le strade erano intasate da salmerie, cannoni e tanto altro materiale bellico, oltre che da molti civili con vecchi e bambini caricati spesso su carri trainati da buoi sui quali stava anche una parte delle loro masserizie. Era una tragedia da impazzire. Noi avevamo l’ordine di incendiare, se possibile con benzina, tutto quello che ci lasciavamo dietro: magazzini di grano, vettovaglie, vestiario, depositi di ogni genere, parchi di buoi e cavalli che non era possibile evacuare. Dovevamo insomma fare terra bruciata. Era facile per noi intuire l’ampiezza dello smacco subito. Per molti giorni in quella pianura veneta avvenne uno spettacolare incendio, da finimondo. Impiegammo circa una ventina di giorni per giungere al fiume Tagliamento e poi al Piave. Tutti i ponti, piccoli e grandi, erano tagliati e noi dovevamo passare i fiumi a guado o in cordata, in una confusione indescrivibile. Le poche volte che potei dormire, lo feci ai margini dei campi o della strada, zuppo di acqua, sporco di fango. Finalmente potei giungere al Piave quasi in stato di shock, con febbre altissima.”

24 ottobre, Bersagliere Flavio Petrassi 2° Reggimento, 4° Battaglione, 5° Compagnia

“Il tempo è nebbioso e cade un’acquarella fina ma che non disturba. Alle ore 2 del mattino il nemico apre un fuoco infernale contro le nostre posizioni e retrovie. Il fuoco è per lo più gas asfissiante di potenza terribile, quadrupedi ed uomini muoiono asfissiati mentre agli altri resta difficile la respirazione. Questo è il principio della grande offensiva nemica. Data l’impossibilità in assoluto di resistere al grande fuoco ed alle masse nemiche che attaccano, abbiamo ordine di iniziare la ritirata. Per le poche strade, la grande quantità di carri, quadrupedi e uomini che cercano di mettersi in salvo, è quasi impossibile transitare. Il nemico è alle nostre calcagna e noi a stento possiamo andare via. I ponti saltano e bruciano, i feriti sanguinolenti cercano soccorso, la confusione è indicibile. Passiamo a Caporetto che viene presto abbandonata e continuiamo verso Cividale sempre con confusione crescente perché la ritirata è fatta da tutto il 4° Corpo d’Armata. Arriviamo a Cividale nella notte e prendiamo posto all’aperto. Gran parte del materiale è stato abbandonato al nemico il quale ha potuto fare bottino anche di prigionieri. Il mio reggimento è stato soffocato dopo accanita lotta e soli superstiti siamo circa 200 uomini con quasi tutti i quadrupedi e parte delle carrette, altri reggimenti del Corpo d’Armata sono stati annientati. Descrivere con precisione e larghezza ogni fase dell’avanzata nemica e della nostra ritirata è cosa impossibile a chi come me, testimone, ha provato quelle emozioni”.

L’orrore della guerra

Credo che in queste righe ci sia tutto l’orrore della guerra. Da una parte i soldati mandati al macello sull’altare di rivendicazioni territoriali le cui ragioni d’esistere erano a dir poco dubbie, dall’altra chi il proprio territorio e la propria casa difese dando la vita; entrambi meritano quel rispetto e quella pietà che oggi ci ricordiamo di tributar loro solo il 4 novembre, forse troppo presi da un mondo che corre senza sapere dove.

Uno Speciale ‘Per Non Dimenticare’

Questo è anche ciò che si è voluto fare con lo speciale de La Voce del NordEst in edicola da oggi. Tributare un ricordo agli uomini, prima che ai soldati, uno stimolo ai più giovani, per approfondire e conoscere ciò che è stato. Ma anche dare una indicazione dei luoghi dove questi uomini combatterono per ideali che ora paiono così lontani. Conoscere il passato quindi, per vivere meglio anche il nostro presente, con occhi rivolti al futuro.

“Cime di Guerra, Silenzi di Pace”

E’ in edicola in questi giorni lo Speciale realizzato dal nostro giornale per ricordare quel lontano 1917. “Storie di uomini, donne e montagne”, tra le Dolomiti e il Lagorai. Il volume di 136 pagine è già disponibile con un contributo di 7 euro presso:

 

– Edicola Sebastiano Gadenz – Fiera di Primiero – Piazza Negrelli, 21 – Primiero San Martino di Castrozza

 

– Altri punti disponibili a breve

 

Per informazioni sulla spedizione postale: contattare la Redazione al Tel. 0439/1903059 – inviare una email a info@lavocedelnordest.it o un messaggio whatsapp/sms al Tel. 349/2406614. Riceverete così direttamente a casa il nostro Speciale cartaceo in EDIZIONE LIMITATA.

Altri aggiornamenti su: www.lavocedelnordest.eu/specialeguerra1917

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