di Annalisa Borghese
Abbiamo poca dimestichezza con la gestione di quelle emozioni che intossicano le nostre giornate, alimentano penosi rimuginii e ci procurano malesseri di vario genere e via con una pastiglia che almeno passa in fretta come se non ci fosse alternativa.
Ma l’animo umano chiede innanzitutto di essere ascoltato. E nutrito. A pensarci bene, non mangiamo soltanto cibo. Mangiamo anche emozioni e qualcuna si ferma lì, all’altezza della bocca dello stomaco; qualcun’altra finisce dritta nella pancia che si contorce perché non è pronta a riceverla; altre ci vanno di traverso o appesantiscono il respiro…
Come facciamo ad ascoltarle, dirigerle e digerirle se ignoriamo il potere della mente sugli stati d’animo e la possibilità di diventare protagonisti della propria vita? Protagonisti cioè capaci di essere presenti a se stessi e di vivere un’emozione ricorrente e ingombrante, che mi causa un disturbo psicosomatico, come una sfida evolutiva. Che cosa mi vuole dire l’ansia, la rabbia, la tristezza in questo momento? E come posso prendermene cura?