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‘Respect Equality’ incontra la ricercatrice Moriggi per “Formare ed informare, prima che la violenza si manifesti”

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A Feltre, in un incontro che precedeva le vacanze natalizie, alcuni studenti provenienti da diversi Istituti scolastici feltrini, affiancati dalla responsabile di Belluno Donna, la psicologa e psicoterapeuta Francesca Quaglia, hanno avuto l’occasione di confrontarsi con Angela Moriggi, ricercatrice presso il Natural Resources Institute Finland (LUKE) di Helsinki e Cultrice della materia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Obiettivo principale: evitare l’isolamento, perché è proprio nella solitudine che diventa difficile affrancarsi dalla violenza

Copertina dell’anno 2017 di “Time” dedicata alle donne che hanno rotto il silenzio. Un riconoscimento al coraggio di tutte e alla forza del movimento #metoo in tutto il mondo

di Liliana Cerqueni

NordEst – Un interessante appuntamento programmato dal gruppo Respect Equality, costituito dai giovani volontari del bellunese, che opera sul tema della violenza sulle donne e il rispetto di genere, secondo costanti e mirati interventi di peer education e impegno nell’autoformazione. Riflettere, identificare e promuovere per informare e agire è la linea guida del gruppo che lavora con entusiasmo sulle tematiche drammaticamente attuali della violenza di genere in tutte le sue implicazioni e i suoi effetti. Abbiamo rivolto alcune domande ad Angela Moriggi, ricercatrice presso il Natural Resources Institute Finland (LUKE) di Helsinki, per meglio comprendere il suo intervento e poterlo condividere.

Può sintetizzare il suo contributo sul tema, che offre in questo contesto sicuramente uno sguardo e una prospettiva diversi rispetto altri approcci più diffusi e già noti? Lei parla di ambiente, eventi legati ad esso e correlazioni con il genere.

La mia collaborazione col gruppo nasce da un comune impegno con Francesca Quaglia i cui progetti hanno come fulcro principale le donne, il loro ruolo e gli atteggiamenti discriminanti di cui spesso vittime, le stesse tematiche che interessano il mio lavoro, anche se trattate da un punto di vista diverso. Abbiamo unito i nostri sforzi partendo appunto da una comunanza di intenti e, nel mio caso, affrontando il tema della relazione tra genere e ambiente. Con i ragazzi mi interessava condividere due aspetti in particolare: il primo, la vulnerabilità delle donne agli impatti dei cambiamenti climatici, soprattutto in seguito a eventi naturali estremi, come alluvioni. Tale vulnerabilità, non riducibile alla categoria femminile soltanto, è amplificata da ineguaglianze di genere che si manifestano in contesti dove le donne appartengono a categorie sociali discriminate e pertanto con minore accesso alle risorse. Il secondo aspetto riguarda l’attivismo ambientale femminile che spesso ha caratteristiche diverse rispetto a quello riservato agli uomini, in conseguenza dei diversi ruoli sociali che da sempre ricoprono e delle diverse versioni etiche che ne conseguono. E’ una questione di sensibilità complementare a quella dominante che vede nella cura, nell’interdipendenza, nella relazione tra esseri viventi, i fondamenti di una nuova emancipazione sostenibile. La sostenibilità infatti non è solo legata alle risorse, alle energie rinnovabili, ma è connessa anche alla capacità di ascolto, l’inclusione, la riflessività ancora non universale, spesso relegate proprio al ruolo femminile e come tali stigmatizzate.

Quali sono gli attori principali che dovrebbero orientare al rispetto dell’altro genere attraverso azioni educative che porterebbero al cambiamento finale?

Dovremmo esserlo un po’ tutti. E’ anche evidente che le stesse figure che ricoprono un ruolo istituzionale a volte mancano di quel tipo di consapevolezza del rispetto. Penso alle angherie subite dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, subissata di insulti non pertinenti al suo operato, quanto al fatto di essere donna. Famiglia, insegnanti, scuola e mondo esterno in generale dovrebbero praticare quotidianamente il rispetto con l’attenzione e la volontà di ascolto di tutto ciò che ci circonda.

Un corso residenziale a Belluno

Francesca Quaglia offre uno sguardo veloce all’iniziativa che ha dato origine all’associazione Belluno Donna tanto tempo fa, per occuparsi di prevenzione e cambiamento culturale. Tutto nasce da una ricerca sul territorio che ha fatto emergere il problema della violenza e la conseguente necessità di dare risposte. Occorre arrivare al 2014 per iniziare a fare vera e propria prevenzione, quando si comincia a capire appieno, attraverso una ricerca, l’urgenza di contrastare la cultura che legittima i comportamenti violenti. Dalla ricerca emerge infatti che i giovani mostrano avere atteggiamenti conservativi sui ruoli di genere, tolleranza verso gli atteggiamenti violenti e un alto grado di accordo con i miti sulle relazioni intime e la violenza di genere.

Abbiamo avviato, in collaborazione con l‘ULSS Dolomiti – Distretto di Feltre i primi gruppi di peer educator , quest’anno è il 3° gruppo, e abbiamo vinto un altro bando per il sostegno finanziario delle varie iniziative sul tema, in connessione con il Centro antiviolenza di Mestre e Padova.

L’obiettivo sarebbe quello di poter organizzare un corso residenziale a Belluno con un gruppo di peer educator del Veneto. Per concludere, Francesca Quaglia ricorda come sia importante formare e informare perché l’aspetto nevralgico del tema in questione è lavorare prima che la violenza si manifesti, informare sui diritti ed evitare l’isolamento, perché è proprio nella solitudine che diventa difficile affrancarsi dalla violenza.

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