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Redditi all’estero nel mirino del Fisco: arrivano le liste ‘nere’

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Capitali e redditi detenuti all’estero e non dichiarati nel mirino del fisco

NordEst – L’Agenzia delle Entrate si appresta a verificare la posizione dei contribuenti italiani che hanno trasferito la residenza fuori dal territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2010. In un provvedimento firmato oggi dal direttore Rossella Orlandi viene stabilito che le attività di controllo verranno effettuate sulla base di apposite liste selettive, in cui confluiranno prioritariamente le situazioni più anomale di trasferimento della residenza.

L’identikit dei soggetti viene stilato dall’Agenzia utilizzando un applicativo informatico denominato So.No.Re. (Soggetti Non Residenti) e incrociando le informazioni disponibili nella banca dati delle Entrate con quelle derivanti dallo Spesometro e dallo scambio di informazioni attivato sulla base di direttive europee (Direttive DAC1 e DAC2) e accordi internazionali con le amministrazioni fiscali estere (FATCA e Common Reporting Standard) che saranno progressivamente disponibili.

I criteri che verranno utilizzati dall’Agenzia si basano in sostanza sulla presenza di più elementi che fanno ipotizzare l’effettiva permanenza dei cittadini in Italia.

Un caso tipico può essere rappresentato da un soggetto che ha trasferito la residenza in un Paese a fiscalità privilegiata per il quale risultano la mancata partecipazione alla voluntary disclosure, l’esistenza di movimenti di capitali da e per l’estero e altri elementi che lascino supporre l’effettiva permanenza in Italia.

Il provvedimento detta anche le modalità di acquisizione da parte dell’Agenzia dei dati dei cittadini italiani che hanno trasferito la propria residenza all’estero. Entro sei mesi dalla richiesta di iscrizione all’Aire, l’Agenzia riceverà i dati anagrafici dei richiedenti, sulla base delle convenzioni stipulate con il Ministero dell’Interno.

I criteri che saranno utilizzati per la formazione delle liste selettive -spiega l’Agenzia- si basano su elementi che fanno ipotizzare la permanenza dei cittadini in Italia nonostante il trasferimento all’estero, quali, ad esempio, l’intestazione di contratti di utenze attive, la disponibilità di veicoli, la titolarità di partita Iva e la residenza degli altri membri del nucleo familiare. Un altro aspetto che verrà preso in considerazione è l’eventuale mancata adesione alla procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure).

Nell’ordine verranno valutati: la residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata; movimenti di capitale da e verso l’estero; informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito di Direttive europee e di Accordi di scambio automatico di informazioni; residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente; atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente; utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive.

E ancora: disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto; titolarità di partita Iva attiva; rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria; titolarità di cariche sociali; versamento di contributi per collaboratori domestici; informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione unica e con il modello dichiarativo 770; informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini Iva comunicate all’Agenzia delle Entrate (spesometro).

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