Notre-Dame, boom di visite per la Cattedrale rinnovata
È possibile prenotare una visita anche online. Per il presidente francese Emmanuel Macron «la riapertura di Notre-Dame rappresenta non solo un momento atteso e significativo per Parigi, ma un simbolo universale di resilienza e rinascita culturale»

di GianAngelo Pistoia
NordEst – Dopo le solenni cerimonie civili e religiose svoltesi a dicembre riservate a un pubblico selezionato (capi di stato e di governo, alti prelati, …) sono ripresi con cadenza regolare i riti eucaristici e le visite al complesso monumentale parigino che richiama visitatori da ogni parte del mondo.

Prenotazione visite online
L’ingresso alla cattedrale Notre-Dame di Parigi è gratuito, secondo la tradizione della chiesa francese, solo l’accesso alla “sala speciale del tesoro” richiederà un biglietto. La cattedrale può ospitare fino a circa tremila persone, spiega la diocesi, che prevede il ritorno di 15 milioni di visitatori ogni anno. Per gestire il loro flusso, è stato istituito un sistema di prenotazione gratuito, accessibile online tramite un’applicazione mobile dedicata e il sito web ufficiale. L’applicazione mobile, denominata “Notre-Dame de Paris” è progettata per essere intuitiva, accessibile al grande pubblico e di facile utilizzo. Questa applicazione non si limita alle semplici prenotazioni. Offre anche contenuti arricchiti sulla cattedrale Notre-Dame, fungendo da vero e proprio accompagnamento alla visita.

Gli utenti possono scoprire itinerari architettonici o spirituali, informazioni pratiche sui concerti del coro di Notre-Dame e il calendario dei servizi. Per coloro che desiderano pregare o partecipare alla messa, viene organizzata una coda dedicata. Tuttavia, nei periodi di maggiore affluenza, potrebbe essere necessario un periodo di attesa. Anche senza prenotazione, l’accesso sarà comunque possibile attraverso una coda aperta. Sebbene la prenotazione non sia obbligatoria, è fortemente consigliata per evitare lunghe code sul piazzale. Inoltre, garantisce che i tempi di attesa siano ridotti al minimo, il che è particolarmente utile in caso di affollamento record.

A pieno regime, la cattedrale può ospitare infatti tra i 2.500 e i 2.600 visitatori contemporaneamente nelle sue navate. Una novità degna di nota è che i visitatori potranno scegliere tra cinque itinerari coinvolgenti. Disponibili in francese, inglese e spagnolo, questi itinerari comprendono un tour generale, un tour del pellegrino, una versione per famiglie, un tour di facile lettura e comprensione e un’opzione di audiodescrizione. Per i visitatori spontanei è prevista una coda senza prenotazione, anche se si consiglia vivamente di registrarsi online per evitare attese. A partire dal prossimo febbraio saranno consentite visite di gruppo per i pellegrini, seguite da gruppi culturali a partire da marzo. In ogni caso, sarà un’occasione per (ri)scoprire un sito ricco di storia, restaurato come mai prima d’ora. Quindi, iniziate subito a programmare la vostra visita, per vivere un’esperienza senza tempo nel cuore di questo simbolo della capitale».
Storia della cattedrale di Notre-Dame
Per discernere sulla storia secolare della cattedrale di Notre-Dame mi avvalgo per ampli stralci di un interessante ed esaustivo articolo dello storico e medievista italiano Franco Cardini, pubblicato lo scorso 7 dicembre dal quotidiano online “Avvenire”. «Simbolo di Parigi noto quanto la Tour Eiffel, ma più antica e più bella, Notre-Dame è uno splendido monumento-documento, un capolavoro dell’arte gotica matura di esemplare perfezione tanto sotto il profilo artistico-estetico-stilistico quanto sotto quello storico, filosofico e filologico. Nacque in pieno XII secolo: e la sua dedicazione alla Vergine Maria, in un momento nel quale a tutte le nuove grandi cattedrali della cristianità latina veniva imposto il nome della Madre del Cristo come simbolo glorioso dell’unità della Chiesa attorno a Roma, figura di Maria in quanto Madre di tutte le genti. A fortemente volerla erano stati re Luigi VII e Maurizio di Sully vescovo di quella che ormai era definitivamente la capitale di Francia nonché cancelliere di una delle prime e più prestigiose Università d’Europa, faro degli studi teologici e concorrente di quella di Bologna ch’eccelleva in quelli giuridici.

Una tradizione non certissima, però significativa, vuole che a benedire la prima pietra fosse nel 1163 Alessandro VI, papa Rolando Bandinelli senese, deciso avversario dell’imperatore Federico Barbarossa che dal canto suo nemmeno dieci anni prima aveva solennemente legittimato lo “studium” bolognese. Parve allora a molti che le due istituzioni universitarie, sorelle e rivali, segnassero simbolicamente il fato dell’Europa cristiana distinta se non divisa in due tradizioni intellettuali, la teologica e la giuridica, e in due obbedienze, la fede religiosa e la lealtà politica. La fabbrica della cattedrale rimase aperta per due lunghi secoli, fino al 1345 circa, e fu diretta da una serie d’illustri capimastri. Ma Notre-Dame non fu soltanto, dal punto di vista costruttivo, una splendida cattedrale. Fu un laboratorio tecnologico, grazie al suo sapiente programma architettonico che permise l’edificazione di mura meno spesse, sostenute da arditi archi rampanti, da vertiginose volte a sesto acuto e tali da consentire ampie pareti perforate da grandi rosoni e da altissime, luminose vetrate policrome che trasformavano la luce del sole in fantasmagorici colori. La facciata occidentale, interamente dedicata alla vita della Vergine dalla nascita all’assunzione e alla regalità di Francia collegata alle figure dei profeti, è un capolavoro di teologia, mariologia e liturgia fatte pietra.

Durante il XIII secolo la cattedrale visse autentici momenti di gloria: come quando, durante il regno di san Luigi IX, arricchì il suo tesoro delle prestigiose reliquie della Passione del Signore, provenienti da Costantinopoli. Essa fu anche il centro intellettuale della teologia e della filosofia scolastica nonché la sede privilegiata nella quale si elaborò lo stile musicale dell’ars antiqua. Ma i secoli successivi furono di progressiva e sia pure dignitosa decadenza: il nobile edificio dovette adattarsi al mutar degli stili e delle mode, piegandosi al linguaggio estetico rinascimentale e quindi barocco: e tale era il contesto del suo interno durante la rivoluzione francese, allorché fu ridotta a “Tempio della Dea Ragione”. Tornata chiesa cattedrale, assisté il 2 dicembre del 1804 all’autoincoronazione di Napoleone I. Che fu tra l’altro il primo evento del genere al quale avesse assistito: i re di Francia, tra V e XVIII secolo, erano stati difatti incoronati tutti a Reims. Ma nell’Ottocento romantico, grazie al genio letterario di Victor Hugo che le dedicò il suo capolavoro del 1831 e a quello architettonico del Viollet-le-Duc, Notre-Dame tornò attraverso un restauro ventennale tra 1844 e 1864, con qualche modifica peraltro filologicamente tollerabile (il “neogotico”), al suo antico splendore.

Dopo allora, essa superò sostanzialmente indenne le due guerre mondiali e suscitando il rispetto dello stesso Hitler, il quale all’“ombra profonda delle cattedrali, che dominava sulle città del Medioevo” aveva dedicato un ammirato elogio nei suoi discorsi sull’arte: egli visitò l’edificio il 23 giugno del 1940. Mezzo secolo dopo, nel 1990, la facciata della cattedrale fu oggetto di un memorabile restauro, costato 21 milioni di franchi dell’epoca».
Incendio del 15 aprile 2019
Lo storico Franco Cardini è stato pure un testimone oculare del furioso incendio che ha gravemente danneggiato la cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Così ricorda quella indelebile esperienza nel succitato articolo pubblicato da “Avvenire”. «Notre-Dame di Parigi. Quella del celeberrimo romanzo di Victor Hugo, uno dei capolavori che hanno contribuito a dare un volto al nostro romanticismo; quella che troneggia al centro dell’isola che spartisce in due fiumi la corrente della Senna e si specchia in entrambi; quella che per tanti di noi è associata a un sogno magari lontano di fiori primaverili, di gioia, d’amore. E un ricordo terribile, lancinante. Quel 15 aprile di cinque anni fa, il 2019, era il lunedì della Settimana Santa: la Pasqua di quell’anno sarebbe stata straordinariamente “bassa”, il 21 successivo. In quel periodo ero a Parigi per una ricerca piuttosto lunga in biblioteca. Verso le sei di sera, dopo una giornata intera di lavoro, ero uscito per quattro passi nell’aria che sapeva di primavera. Arrivato verso Pont-Neuf, notai un’alta colonna di fumo aranciobruno che saliva lenta da est, a monte del fiume. Come molti altri, mi affrettai in quella direzione. A un tratto lungo gli argini della Senna avvertii attorno a me un silenzio terribile, in surreale contrasto col frastuono che proveniva dal resto della città e ch’era sempre più assordante: clacson, sirene spiegate, rumori d’auto in corsa, concitate grida umane.

[ Incendio nella cattedrale di Notre-Dame il 15 aprile 2019 – © Stephane Gautier / Alamy Live News ]
Pareva che tutta Parigi bruciasse. Là, una manciata di decine di metri al di là del quai, Notre-Dame era in fiamme. No, non era un film, non era un’allucinazione. Mi sentivo come vuoto: accanto a me, un altro me stesso era impietrito e agghiacciato. Quando attorno alle sei e mezza – non lo scorderò mai – l’alta flèche di legno, gesso piombo e ghisa che in pieno Ottocento l’architetto Eugène Viollet-le-Duc aveva innalzato al di sopra dell’incrocio del transetto crollò in un turbine di fiamme e di scintille, con un rumore di tuono, come una meteora. Mi serrai il volto tra le mani e piansi come un bambino lacrime ardenti. Era come se con quella guglia fosse crollata tutta la mia vita. Mi sembrò che con lei se ne andassero anni e anni di studi, di sogni, di speranze, di amori. Come fosse potuto accedere, non ci è sembrato di averlo mai compreso del tutto. Comunque, tutta Parigi e tutta la Francia lo giurò come un sol uomo. Emmanuel Macron può anche non piacere a tutti. Ma il giorno dopo lo giurò pubblicamente: «Ricostruiremo la cattedrale di Notre-Dame ancora più bella, di qui a cinque anni». Ce n’è voluta: “à but de souffle”, ma è successo».
Come “araba fenice” Notre-Dame è rinata
L’“araba fenice” è un uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri dopo la morte e proprio per questo motivo, simboleggia anche il potere della resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le risorse che si trovano dentro di noi. Nel caso specifico, qualità di tutti i francesi e di chi in tutto il mondo con varie modalità hanno contribuito a finanziare la rinascita in tempi brevi e con risultati mirabili del più iconico edificio religioso di Parigi.

Le operazioni di ricostruzione iniziarono ufficialmente il 9 dicembre 2021. La ricostruzione ha ovviamente previsto la presenza di un più efficiente sistema di protezione incendio, che si distingue ora in una componente attiva ed una passiva. La parte attiva riguarda il sistema di tubature che distribuisce acqua tramite una diffusa rete di ugelli di copertura: questa si attiva automaticamente se l’analisi dell’aria interna alla cattedrale, costantemente monitorata, rileva una anomalia. In aggiunta, la struttura è monitorata internamente nelle parti più suscettibili, come la nuova guglia, tramite un sistema di termocamere. La parte passiva, invece, è rappresentata da un inspessimento dello spessore degli elementi di copertura (circa 15 mm più del necessario per resistenza) e dalla realizzazione di una compartimentazione dei volumi, realizzata tramite le stesse travature reticolari che supportano il peso del tetto. Questa compartimentazione permette di isolare l’eventuale incendio e aumentare sensibilmente il tempo di esposizione della struttura alle alte temperature. Di pari importanza, le operazioni di ricostruzione hanno riguardato la realizzazione di una guglia identica alla storica esistente, distrutta dagli avvenimenti del 2019. La stessa, insieme a tutta la copertura lignea, è stata riprogettata basandosi sui disegni originali e utilizzando legno ricavato da circa 2000 alberi.

Il processo di realizzazione e montaggio della guglia è stato eseguito mediante un meticoloso lavoro di assemblaggio in sito, sostanzialmente suddiviso in quattro parti. Nella parte finale, 11 anelli concentrici in legno di diametro decrescente formano l’ossatura portante del sistema. La guglia ritorna quindi ai suoi originari 96 metri di altezza. Tutto il sistema di copertura ha una successiva finitura in piombo, mentre il punto più alto della guglia pare contenere delle reliquie di copertura salvate dall’incendio e il conseguente crollo del 2019. Lo scorso 29 novembre si è svolta la visita presidenziale di Emmanuel Macron, che ha potuto ammirare in anteprima la ricostruzione durante un tour trasmesso dalla televisione francese. Con la moglie Brigitte e l’arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich, il presidente francese ha visitato la cattedrale medievale grazie alla guida di Philippe Villeneuve, l’architetto capo dei monumenti nazionali francesi. Macron ha, fra l’altro, potuto ammirare insieme ai telespettatori la celebre guglia di Notre-Dame, costruita interamente in legno e per questo particolarmente danneggiata durante il rogo di cinque anni fa. La “flèche” poggia su telai costituiti esclusivamente da materiale ligneo e la ricostruzione della struttura ha richiesto l’applicazione di metodi di carpenteria risalenti al XIII secolo: tremila tasselli di legno sono stati realizzati in quattro mesi da un falegname, a partire da legni di quercia che dovevano corrispondere al legno delle travi strutturali. Il presidente ha ammirato altresì dall’interno uno dei rosoni più iconici della cattedrale parigina.

Infine, ma non meno dispendioso e importante, è stato il recupero delle opere d’arte custodite nella cattedrale. Pensiamo ai gargoyle, all’organo a canne maggiore, alla vetrata South Rose, alle campane di bronzo, nonché al famoso gallo dorato tornato sulla guglia a dicembre del 2023. Il “coq” dalle ali di fuoco, simbolo di speranza e risurrezione, è stato infatti sostituito (ma sarà esposto nel museo della cattedrale) da una nuova scultura che porta i nomi dei quasi duemila restauratori coinvolti nei lavori. Nella medesima giornata in un discorso di fronte alle maestranze che hanno contribuito al restauro della cattedrale, Emmanuel Macron ha dichiarato: «Lo shock della riapertura sarà grande quanto quello dell’incendio, ma sarà una scossa di speranza. L’incendio di Notre-Dame è stato una ferita nazionale e voi siete stati il rimedio, grazie alla vostra determinazione, al duro lavoro e all’impegno. La cattedrale è stata riparata, reinventata e ricostruita. È sublime. La riapertura di Notre-Dame non rappresenta solo un momento significativo per Parigi, ma un simbolo universale di resilienza e rinascita culturale».

Il maxi cantiere è costato circa 700 milioni a fronte di 846 milioni raccolti da donazioni provenienti da tutto il mondo. Fra i liberi donatori privati si contano più di 250 aziende. I più munifici sono stati Bernard Arnauld con la sua multinazionale “LVMH” che ha donato 200 milioni, così come Françoise Bettencourt Meyers, dell’holding “L’Oréal”. François Pinault, fondatore di “Kering S.A.” ha donato 100 milioni di euro. Anche la “Disney” ha donato 5 milioni per la ricostruzione di Notre-Dame. Insieme alla lunga lista di donatori privati ci sono poi alcune fondazioni, come “Fondation du patrimoine”, “Fondation de France” e “Centre des Monuments Nationaux”. Centinaia di esperti, tra cui archeologi, storici dell’arte, restauratori e artigiani hanno contribuito a questo imponente progetto prestando talvolta gratuitamente la loro opera. La legge che disciplina gli interventi sulla cattedrale di Notre-Dame, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nel 2019, prevede comunque che tutte le donazioni siano destinate esclusivamente a questo progetto. I 146 milioni di euro in più serviranno, fra l’altro, a ristrutturare il piazzale antistante l’edificio storico. I lavori per renderlo interamente pedonale, alberato e aperto verso la Senna dureranno almeno tre anni.