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Missionaria laica vicentina uccisa in Perù

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Media locali: ‘Assalita con machete forse durante tentativo di rapina’

NordEst – Una missionaria laica italiana, Nadia De Munari, 50 anni, originaria di Schio (Vicenza), è stata uccisa in Perù a colpi di machete forse durante un tentativo di rapina.

La donna sarebbe stata assassinata mentre dormiva. L’agguato risalirebbe a quattro giorni fa. Soccorsa e stabilizzata dai medici dell’ospedale locale, è stata poi trasferita all’ospedale di Lima e sottoposta ad un delicato intervento chiurugico.

Nonostante il prodigarsi dei sanitari la donna è deceduta. In Perù da una quindicina d’anni con l’Operazione Mato Grosso, la missionaria era responsabile nel centro ‘Mamma mia’ di Nuevo Chimbote, realizzato da padre Ugo De Censi, dove assisteva alcune ragazze.

Agenti della squadra omicidi di Lima si sono recati nella località costiera peruviana Chimbote per partecipare alle indagini. L’aggressione è avvenuta nella casa famiglia ‘Mamma mia’ martedì mattina. La polizia ha interrogato le cinque persone presenti nella struttura, tra cui un cittadino italiano. Anche un’altra donna, Lisbet Ramírez Cruz, è stata aggredita dai criminali e gli investigatori ritengono particolarmente utile la sua testimonianza.

Un volontario, per Nadia contavano gli altri. “Nadia era una persona buona, sensibile, sempre attenta ai bisogni degli altri, che nella sua dimensione di vita contavano più di ogni altra cosa materiale”. Ricorda così Nadia De Munari, la missionaria 50enne uccisa in Perù, Massimo Casa, un volontario di Schio grazie alla cui conoscenza la donna aveva iniziato la sua attività nell’ambito delll’operazione solidale ‘Mato Grosso’. De Munari, maestra elementare, vi collaborava dall’età di 17 anni.

La cugina, i bambini erano la sua gioia. Un ricordo commosso della missionaria laica Nadia De Munari uccisa in Perù è stato affidato a Facebook da Katia De Munari, sua cugina. “I tuoi bambini – scrive – erano fonte di orgoglio e gioia per te e io non vedevo l’ora di ricevere tue notizie, video e le innumerevoli foto del tuo bellissimo mondo pieno d’amore. Sei sempre stata il sole per tutti noi – prosegue -, hai dedicato la tua vita ad amare ed aiutare il prossimo”.


In breve

Sono Gianluca Rana e Sandro Veronesi (Calzedonia) i primi due imprenditori a scendere in campo nel progetto di ‘adozione delle ’67 colonne’ dell’Arena di Verona, lanciata per far ripartire dopo la pandemia la città ed il suo simbolo culturale. Rana e Veronesi spiegano in una inedita intervista a due voci sul quotidiano L’Arena le ragioni che li hanno spinti ad impegnarsi in questa campagna. “Vendiamo e produciamo in tutto il mondo – spiega Veronesi, patron del gruppo Calzedonia – ma la nostra base è qui. Da Verona siamo partiti. Qui ci siamo formati anche grazie ai valori del nostro territorio. Qui abbiamo ancora il nostro punto di riferimento principale. Credo che salvaguardare l’Arena non solo sia un obbligo per chi crede in Verona, ma diventi anche un modo per contribuire a far conoscere sempre più la nostra città a tutti, italiani e stranieri. È un vantaggio per l’intera comunità che il valore de l’Arena, istituzione culturale d’eccellenza, sia conosciuto e riconosciuto in Italia e nel mondo”. Aggiunge Rana, Ad dello storico pastificio: “Siamo in una situazione economica difficile, tutte le aziende stanno guardando al futuro. Questo impegno per l’Arena lo vedo come un segnale di speranza per il futuro, facendo qualcosa di concreto, soprattutto per un settore, come quello della cultura e spettacolo, che in questo periodo di pandemia è stato martoriato. Il mondo dello spettacolo è stato raso al suolo. Come è nello spirito di noi veneti, prima bisogna fare e agire, poi si fanno i conti. Le nostre due aziende, come ha ricordato Sandro, hanno uno stretto legame col territorio. Non scordiamo la terra da cui siamo partiti e dove siamo ancorati: per questo vogliamo essere promotori e costruire una relazione forte con la nostra città ed essere di esempio anche ad altri imprenditori”.

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