Nell’Ile de France, vicine alla città di Parigi, ci sono delle dimore storiche che esulano dai tradizionali itinerari turistici ma che meritano però di essere visitate. Fra queste l’abitazione settecentesca che ospitò il generale José de San Martin, il presbitero Théodore Marie Ratisbonne e l’abbé René Laurentin
NordEst – A Grand Bourg nel comune francese di Évry-Courcouronnes, a pochi chilometri da Parigi, si trova una casa-museo che è stata dimora in epoche diverse di tre illustri personaggi: il generale José de San Martin, il presbitero Théodore Marie Ratisbonne e l’abbé René Laurentin. Questa abitazione settecentesca, circondata da un ampio parco, non è però aperta al pubblico in quanto ora ospita un convento contemplativo della Congregazione religiosa di “Notre Dame de Sion”.
«Sono nato a Tours nel 1917 da una famiglia borghese. Nel 1934, dopo essermi diplomato all’Istituto di Santa Maria di Chole, entrai nel seminario di Parigi dove mi specializzai in filosofia e teologia. Ho conseguito la laurea in filosofia all’Università della Sorbona nel 1938. Stavo studiando teologia quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e venni arruolato, quale ufficiale, nell’esercito francese». Fatto prigioniero dai tedeschi, René Laurentin, fu internato in un campo di concentramento in Germania per ben cinque anni e per questo motivo le vennero conferite la “Croce di Guerra” e la “Legione d’Onore” dallo Stato Francese. «Subito dopo il mio rientro in Francia ripresi alla Sorbona gli studi interrotti in teologia e mi laureai nel 1946. Quello fu un anno importante per me – affermò René Laurentin – perché proprio l’8 dicembre, il giorno dedicato all’Immacolata Concezione, fui ordinato sacerdote a Parigi dal vescovo Blanchet». Negli anni successivi, dopo aver conseguito dei dottorati in mariologia e teologia, gli venne affidata la cattedra di teologia, dapprima all’Università Cattolica di Angers e poi in quella di Parigi. In Italia comincia ad essere conosciuto agli inizi degli anni Sessanta per aver seguito come “perito” ed anche come corrispondente del quotidiano parigino “Le Figaro” i lavori del Concilio Vaticano II.
E proprio sul terreno scientifico sgretolai obiezioni, falsità e calunnie: con un’opera di ben trenta volumi che suscitò l’interesse anche tra i non addetti ai lavori». Da allora, fino alla sua morte avvenuta a 99 anni nel 2017, non si è più fermato. Prete, giornalista, storico, René Laurentin ha scritto più di cento libri sulle apparizioni mariane, centinaia di articoli e la Beata Vergine niente poteva fare o dire che lui non lo sapesse. Dalle Filippine all’Australia bastava che qualcuno sussurrasse di aver visto la Madonna e Laurentin, finché la salute lo ha sorretto, partiva con la sua valigia “Sos Vierge”. «Per un teologo occuparsi di apparizioni è fonte di tribolazioni, per non dire di calamità – affermò Laurentin ma poi aggiunse – questi eventi agiscono sul bisogno di religiosità del nostro tempo e il Divino si può manifestare nelle forme più diverse, che devono essere vagliate, ma senza pregiudizi.
La fede si sta spegnendo e la Madonna è una madre che va per il mondo a riaccendere la speranza. Quella della Madonna è una fede che non si può perdere, che ha superato ogni crisi. É un culto semplice e umile. La gente per amarla e per pregarla non ha bisogno di libri né di parrocchie. La Madonna è vicina a noi, è la femmina, è l’eterna madre, il fenomeno più democratico e moderno della religiosità. Nei santuari mariani il contadino si confonde con il letterato. Nel mondo troppi fedeli soffrono di solitudine. E allora cercano i santuari. Perché il santuario è spirito ma anche corpo. È lacrime, digiuni e marce. Il santuario è gesti. La fede deve esprimersi attraverso i gesti».
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