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Consiglio provinciale di Trento, 92 sedute per 285 ore d’aula: nel 2016 priorità allo Statuto

24 disegni di legge approvati, 86 gli ordini del voto, 32 le mozioni, 182 sedute di Commissione

Trento – Sono questi i numeri del 2015 che il presidente Bruno Dorigatti ha fornito ai giornalisti, nella consueta – e affollata – conferenza stampa di fine anno a palazzo Trentini. Dorigatti ha parlato di crisi della rappresentanza politica, di frantumazione sociale, della necessità di guardare lontano e di saper parlare con la ragione e non alla pancia dell’elettorato. Il presidente ha centrato il suo ragionamento soprattutto sul 2016 anno della nuova Consulta, chiamata a redigere un progetto di riforma dello Statuto di autonomia.

Scommessa centrale per il futuro del Trentino, ha detto, per la quale è necessaria anche una chiamata delle intelligenze e delle personalità trentine che hanno fatto la politica e la vita delle aziende negli anni passati. E che oggi potrebbero sedersi a un gruppo di lavoro informale e a costo zero, prezioso per approfondire le istanze del futuro Trentino e per seguire il lavoro della Consulta stessa (la cui legge istitutiva andrà al voto già a fine gennaio).

Dorigatti ha sottolineato la necessità del raccordo regionale e ha espresso ancora una volta il rammarico per la mancata gestazione di un organismo unico regionale per lo Statuto. Parlando dei lavori assembleari del 2016, ha ricordato i tre disegni di legge popolari – omofobia, democrazia diretta e mobilità pubblica – che attendono di essere discussi e votati. Il 2016 sarà anche l’anno del Dreier Landtag a Trento (21 aprile) e secondo Dorigatti sarà l’avvio di un nuovo corso dell’assemblea congiunta, sempre più da interpretare in raccordo con il Gect Euregio quale potere esecutivo, cui rapportarsi anche per avere esigibilità di mozioni e documenti approvati.

Di Euregio il presidente ha anche parlato per ribadire che non dovrà essere inteso come un grimaldello per affossare definitivamente l’ente Regione: il Sudtirolo non vuole ridargli competenze legislative, ma è decisivo definire assieme un ruolo di raccordo che sia comunque centrale, reale e garanzia per il futuro comune dell’autonomia, oggi così esposta ai venti neocentralisti che spirano in Parlamento.

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