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Colf e badanti non in regola con il fisco, controlli della Guardia di finanza di Trento: due milioni di euro non dichiarati

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Individuata una quarantina di collaboratrici domestiche che, pur obbligate, non hanno presentato dichiarazioni dei redditi

Trento – La Guardia di Finanza del Trentino continua la propria opera per contrastare le varie forme di evasione fiscale e contributiva nel mondo del lavoro; negli ultimi tre anni sono stati segnalati a tassazione circa due milioni di euro percepiti ma non dichiarati da una quarantina di colf e badanti, in maggioranza provenienti dall’Est europeo, operanti prevalentemente nelle valli di Non e di Sole.

Le Fiamme Gialle della Tenenza di Cles (Trento) hanno iniziato nei primi mesi del 2017 un ciclo operativo di controlli sulle valli di propria competenza che, nel tempo, si estenderanno a tutta la provincia di Trento, a cura degli altri reparti territoriali della Guardia di Finanza.

I dati inerenti il recupero fiscale

Nel 2017 sono state trovate tredici collaboratrici domestiche, in prevalenza moldave e rumene, che hanno omesso di dichiarare complessivi 482.526,00 euro nei cinque anni precedenti; il numero è cresciuto nel 2018 a quindici, per un totale di 768.746,00 euro evasi, mentre per l’anno corrente sono già state segnalate dieci collaboratrici, anche in questo caso prevalentemente rumene e moldave, che hanno evaso 596.682,00 euro., per un totale complessivo di 1.847.954,00 euro.

In media, in uno spazio temporale di cinque anni, ognuna delle badanti sottoposte a controllo ha omesso di dichiarare circa diecimila euro per ogni anno. La prestazione lavorativa di “collaboratrice domestica” si inquadra come lavoro subordinato alle dipendenze di un datore di lavoro: diritti e doveri del lavoratore sono stabiliti da un contratto collettivo e, per la particolare valenza sociale dell’opera prestata, il legislatore ha nel tempo disposto alcuni trattamenti civilistici e tributari differenziati e agevolativi.

L’applicazione delle norme tributarie ai prestatori di lavoro presuppone che gli stessi siano in regola con il permesso di soggiorno o la residenza in Italia, che abbiano un contratto concluso a norma di legge e che abbiano un valido codice fiscale; il reddito derivante dall’attività di colf o badante ha alcune particolarità: il datore di lavoro, infatti, è un soggetto privato, non imprenditore, che non opera come “sostituto d’imposta” (non paga cioè le tasse direttamente e “per conto” del percettore del reddito).

Al momento del pagamento del dovuto non effettua alcuna ritenuta fiscale d’acconto, ma deve però – dopo aver pagato regolarmente i contributi trimestrali all’INPS – emettere un prospetto riepilogativo delle retribuzioni corrisposte nell’anno, sulla cui base le badanti dovranno presentare la dichiarazione dei redditi quando i redditi percepiti superano, annualmente, gli ottomila euro.
Il reddito da lavoro dipendente segue il principio “di cassa”, quindi i lavoratori devono dichiarare per ogni anno solare solo le retribuzioni effettivamente percepite.

Grazie alla collaborazione tra Guardia di Finanza e Inps che negli anni ha mostrato positivi frutti in termini di contrasto all’evasione contributiva, fiscale e al lavoro nero, è stato possibile controllare gli elenchi delle collaboratrici domestiche i cui datori di lavoro hanno versato i contributi con cadenza trimestrale, confrontandoli poi con le risultanze nelle banche dati in uso al Corpo per verificare che le stesse avessero adempiuto – in presenza di redditi percepiti superiori agli ottomila euro previsti dalla normativa fiscale – alla compilazione della regolare dichiarazione dei redditi, conducendo nell’ultimo triennio ai risultati sopra riportati.

Controlli in tutto il Trentino

Tale modus operandi verrà ora esteso e replicato a tutto il Trentino, con finalità preventive e repressive dei fenomeni più gravi: l’attività di colf e ancor più quella di badante ha sicuramente un’importante valenza sociale interna, dal momento che fornisce compagnia e assistenza a persone con disabilità o più avanti con gli anni e non autosufficienti, nonché una valenza di “supporto” alle famiglie delle badanti stesse nei paesi di origine, che traggono dall’opera prestata dalle collaboratrici domestiche un fondamentale sostegno economico.

Proprio per questo è importante che le collaboratrici domestiche, in particolar modo se straniere, ancorché comunitarie, siano da un lato correttamente informate circa i propri diritti (ottenimento di un regolare contratto e versamento dei contributi Inps), ma anche dei propri obblighi, non ultimi quelli tributari, nei confronti dello stato italiano, per non incorrere in omissioni che potrebbero costare care da un punto di vista sanzionatorio.

Nel caso di specie, stante la misura degli importi non dichiarati, non sono scattate le sanzioni penali per omessa dichiarazione (reclusione da diciotto mesi a quattro anni se gli importi superano annualmente i cinquantamila euro), bensì le sanzioni amministrative in materia tributaria, che prevedono l’applicazione di una sanzione pecuniaria dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute.

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