Tensioni Lega – FdI: terzo mandato un caso politico in Trentino e Friuli Venezia Giulia vicino alla crisi politica
“Le autonomie speciali – ha precisato il presidente trentino – come la Corte costituzionale ha detto tra le righe nella sentenza della Campania, hanno potere legislativo esclusivo su questa materia. Quindi riteniamo questo un atto contro l’autonomia del Trentino”. Matteo Salvini prova a minimizzare: “Si tratta di una questione locale”. E non entra proprio nell’altra crisi, quella del Friuli Venezia Giulia, deflagrata nel fine settimana (mentre Meloni era impegnata nell’incontro tra Ursula von der Leyen e J.D.Vance ospitato a Palazzo Chigi) sempre per un braccio di ferro con Fratelli d’Italia, in questo caso sulla gestione della sanità regionale

Trento (Adnkronos) – Nessuna occasione per iniziare a immaginare il futuro del Veneto dopo Luca Zaia, come era nelle suggestioni di tanti. Il governatore veneto la aspettava per parlarle (anche) di Venezia, e mostrarle le potenzialità di una città che non può essere “solo un lunapark”. Fedriga invece avrebbe voluto affrontare con lei la crisi politica che si è aperta a Trieste prima di decidere come uscirne. Ma in realtà, appena si tocca la materia elettorale, nella maggioranza i partiti tornano a guardarsi con sospetto. Nel giorno in cui incassa il via libera alla delega sui Lep, che in prospettiva dovrebbe sbloccare il cammino dell’Autonomia differenziata, la Lega, soprattutto la base, mastica amaro per il nuovo stop imposto dagli alleati al terzo mandato, questa volta per la provincia autonoma di Trento.
“Lo riteniamo un atto istituzionale molto pesante contro le prerogative dell’autonomia trentina, con una chiara valenza politica”. Lo ha detto ai giornalisti il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, commentando l’impugnazione da parte del Governo della legge sul terzo mandato. “Le autonomie speciali – ha aggiunto – come la Corte costituzionale ha detto tra le righe nella sentenza della Campania, hanno potere legislativo esclusivo su questa materia. Quindi riteniamo questo un atto contro l’autonomia del Trentino”. A Venezia, sfuma l’attesa dell’arrivo della premier Giorgia Meloni, che alla fine, però, dà forfait: una forte influenza la “costringe al riposo”, fanno sapere dal suo staff. Cancellati tutti gli impegni. Dunque, niente confronto col governatore del Friuli Venezia Giulia.
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I ministri della Lega hanno votato contro l’impugnazione della legge elettorale del Trentino, ha riferito Fugatti. “Hanno cercato – ha aggiunto – di difendere le prerogative dell’autonomia del nostro territorio”. Sul fatto che questo possa aprire una crisi nel Governo, Fugatti ha aggiunto: “Non mi occupo di tematiche nazionali” e ha preannunciato che “nei prossimi giorni valuteremo il da farsi. siamo nella fase della presa d’atto dell’importante scelta istituzionale pesante”. Ha comunque precisato che “un altro percorso di riforma dello Statuto sta procedendo, e questo va detto, e non riguarda le tematiche generali dell’autonomia differenziata”.
Le reazioni politiche
“In linea con il principio autonomista, la Lega sottolinea che tra le competenze primarie figurano anche quelle in materia elettorale – così le parlamentari della Lega, Vanessa Cattoi ed Elena Testor, in una nota dove si rimarca quanto al terzo mandato che “l’impugnativa è una scelta politica” -. Contestare la legge sul terzo mandato in Trentino equivale a violare i principi statutari della nostra autonomia e a equiparare la nostra regione alle altre, trascurando il valore distintivo delle regioni a statuto speciale. Queste ultime detengono una competenza legislativa esclusiva in tale ambito, come indirettamente riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza relativa alla Campania. L’autonomia del Trentino è un valore non negoziabile e fondamentale. Questo sia chiaro anche ai colleghi di maggioranza”.
Urzì: “Decisione governo che rispettiamo e condividiamo”
“È una decisione del governo che come tale rispettiamo e condividiamo e che sortisce l’effetto che produce ogni impugnazione: non sospende l’efficacia attuale della legge ma la stessa viene sottoposta a un vaglio di costituzionalità da parte del massimo garante dell’ordinamento della Repubblica, ossia la Corte costituzionale. L’impugnativa quindi non è un giudizio di incostituzionalità ma il rinvio per un giudizio di costituzionalità, come una forma di garanzia verso coloro che parteciperanno alle elezioni, perché sappiano prima del voto se ne hanno diritto o meno. Così si evita il rischio di un ricorso incidentale che avverrebbe inevitabilmente solo dopo le elezioni con il rischio che dopo il voto la legge possa essere dichiarata incostituzionale e che vengano annullate le elezioni e anche quelle del presidente di regione o provincia. Con effetti drammatici sulla stabilità di governo dei territori, ha ribadito Alessandro Urzì, deputato e coordinatore di Fratelli d’Italia in Trentino Alto Adige, in merito alla decisione del Consiglio dei ministri di impugnare davanti alla Corte costituzionale la recente legge approvata dall’aula autonoma che darebbe la possibilità al presidente della Provincia di ricandidarsi per il terzo mandato.
“Un giudizio preventivo di legittimità costituzionale rappresenta una forma di garanzia verso il diritto elettorale dei cittadini per evitare che non corra il rischio di essere vanificato e dei candidati – ha aggiunto Urzì -. Peraltro è la modalità più trasparente e utile proprio anche per definire gli ambiti di competenza delle regioni e province autonome in materia di numero di mandati, ossia per definire su un piano non politico, perché ogni forza politica può avere la propria convinzione, ma giuridico e costituzionale se possa essere che un candidato possa godere del diritto elettorale passivo in una regione o provincia autonoma e non in una regione a statuto ordinario. Ossia se un cittadino possa candidarsi da una parte e dall’altra no. Infine una osservazione: il tema del numero dei mandati non riguarda nessuno in particolare, è una questione che riguarda esclusivamente le regole, e vale per tutti i candidati presidenti di regione, di ogni colore. Definire con certezza quale sia la regola a cui si deve obbedire certamente è un indubbio vantaggio per la democrazia e la stessa autonomia speciale. Perché dà certezza al diritto e fa salvi i diritti elettorali degli elettori e dei candidati”.
Assessore veneto Marcato: ‘Impugnativa segnale chiaro romanocentrico’
“In 24 ore abbiamo avuto questa impugnazione e la crisi in Friuli Venezia Giulia. Siamo alla vigilia delle trattative per la Regione Veneto, e io sono molto preoccupato perché sono segnali chiari”. Lo ha affermato l’assessore veneto all’economia, Roberto Marcato (Lega), commentando l’impugnazione governativa della legge elettorale del Trentino. “Da una parte – ha aggiunto – un segnale culturale, nel senso che abbiamo dei compagni di viaggio che dimostrano ancora una volta, ma com’è normale che sia, la loro matrice che è quella centralista, romanocentrica, nazionalista, che sicuramente non aiuta un processo di riforma federalista del Paese. Dall’altra parte faccio fatica a pensare che tutto questo non sia collegato. A novembre – si è chiesto Marcato – avremo l’autonomia in Veneto? Tutto il resto sono dinamiche romane che io francamente non conosco e non capisco perché a Roma si parla una lingua che a Venezia non si parla”, ha concluso.
Mattarella a Venezia
“Poc’anzi ricordava il Presidente Fedriga, che oggi celebriamo innanzitutto una ricorrenza di grande importanza, di grande rilievo: i 25 anni della riforma costituzionale che ha introdotto l’elezione a suffragio universale e diretto dei Presidenti delle Regioni. È significativo che, nonostante la Costituzione lasci agli Statuti regionali la possibilità di disporre in modo diverso, nessuna Regione abbia scelto una diversa modalità di investitura del Presidente. L’elezione diretta ha segnato l’avvio di un percorso riformatore che ha avuto il suo approdo in una significativa modifica del Titolo V della Costituzione con la quale è stato attribuito alle Regioni, unitamente ai Comuni, alle Province, alle Città Metropolitane, al pari dello Stato, il carattere di ente costitutivo della Repubblica, sulla base della comune derivazione dalla sovranità popolare. Sono state, inoltre, contestualmente incrementate, in misura rilevante, le competenze legislative delle Regioni. Il principio autonomista, presente sin dall’origine tra quelli fondamentali della nostra Costituzione, ha avuto in tal modo una più ampia attuazione. Il nuovo riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni ha richiesto del tempo per assestarsi. Nella fase iniziale si è manifestato, come è noto, un tasso elevato di conflittualità comprensibile che la Corte Costituzionale, con la sua giurisprudenza, ha tuttavia con il tempo ricondotto a livelli fisiologici, assicurando stabilità allo svolgimento delle funzioni tra i diversi livelli territoriali di governo.
L’autonomia ha trovato in questo modo un’adeguata valorizzazione ed è risultato evidente come essa si dimostri efficace e vantaggiosa per le collettività, particolarmente quando comporta l’esercizio di funzioni e competenze secondo una ragionevole applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, termini questi che – come sappiamo – la nostra Costituzione impiega con riferimento alle funzioni amministrative ma che costituiscono criteri validi anche con riferimento all’articolazione di quelle legislative. Vorrei richiamare brevemente l’attenzione su un particolare aspetto della governance multi-livello nel quadro della quale si esercitano le competenze delle Regioni. L’autonomia comporta il riconoscimento di determinate competenze da esercitare nel rispetto dei limiti stabiliti dal dettato costituzionale e al riparo da sconfinamenti altrui. Tuttavia, nell’esercizio delle loro attribuzioni, i diversi livelli di governo hanno la necessità di coltivare un rapporto tra di loro al fine di gestire le intersezioni, talvolta intense, tra le rispettive competenze. La gestione delle molteplici forme di intreccio – davvero molteplici – nel riparto delle competenze – in particolare tra Regioni e Stato – riveste un’importanza fondamentale per il buon esercizio dei rispettivi compiti nell’interesse dei cittadini.
La Corte costituzionale, al fine di orientare tali rapporti, ha da tempo enunciato il principio della leale collaborazione, ne hanno sempre parlato i Presidenti delle Regioni, anche in occasione di questi Festival. Affinché l’ordinamento della Repubblica funzioni, è indispensabile che Regioni e Stato collaborino proficuamente nel rispetto – ripeto – dei limiti delle competenze proprie stabilite dalla Costituzione o dalle leggi. Questo vale per i diversi livelli di Governo ma anche nei rapporti tra i poteri. Lo stesso Presidente della Repubblica, pur nella particolare peculiarità del suo ruolo, è tenuto ad adottare come metodo quello della leale collaborazione. Sono numerosi i casi in cui Regioni e Stato concorrono all’esercizio di una funzione attribuita dalla Costituzione in vista di un risultato comune. Diventa, in queste ipotesi, indispensabile la convergenza e un più corretto bilanciamento tra rispettive istanze ed esigenze. La collaborazione tra i diversi livelli di governo ha, come sappiamo, individuato sedi e spazi nelle diverse Conferenze che, in varie forme, l’hanno istituzionalizzata e resa un modus operandi al quale si ricorre sempre più spesso. Senza la pratica della leale collaborazione diviene impossibile tutelare interessi fondamentali della collettività.
Basti pensare alla materia sanitaria – poc’anzi evocata dal Presidente Fedriga – e a come, particolarmente in quest’ambito, il concorso di Stato e Regioni nel perseguire i medesimi obiettivi risulti essenziale, perché l’esercizio delle rispettive competenze ha un solo fine, doverosamente comune: il diritto alla salute dei cittadini. Un sistema soggetto a una dinamica di costi crescenti e per il quale, accanto al problema delle risorse – che sussiste, con alterne vicende, dal biennio 2008 / 2009 – si pongono esigenze di razionalizzazione e di riqualificazione per migliorare i servizi offerti ai cittadini. Una strategia unitaria e la collaborazione tra istituzioni sono necessarie per superare intollerabili divari tra i diversi sistemi sanitari regionali e garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sull’intero territorio della nostra Repubblica, obiettivi irrinunciabili di un Servizio sanitario nazionale. Un metodo – quello della leale collaborazione – che sembra dover presiedere anche alle politiche volte a promuovere le eccellenze nazionali, obiettivo che avete posto al centro dei lavori di questi giorni. Eccellenze che rappresentano dei punti di forza per la Repubblica ma che per essere adeguatamente valorizzate richiedono che se ne prenda coscienza e che si affrontino, attraverso riforme coraggiose, i punti di debolezza del sistema economico e istituzionale”.
In breve
La nuova sindaca di Merano Zeller si toglie la fascia tricolore poi si difende: ‘La porterò con rispetto”. Sta suscitando polemiche in Alto Adige il gesto della neo eletta sindaca di Merano Katharina Zeller che durante l’insediamento in Municipio si è subito tolta la fascia tricolore per poi appoggiarla sul tavolo. Nella scena, immortalata dalle telecamere, si sente Zeller chiedere al suo predecessore Dario Dal Medico che le indossa la fascia: “Sei sicuro che proprio devo?”, per poi togliersela subito dicendo “mettiamola via, dai”. Dal Medico reagisce infastidito e quando Zeller lo invita a tenere assieme la chiave della città, lui indicando la fascia dice: “Tu metti quella e io tengo questa (la chiave, ndr.)”. La sindaca ridendo risponde “Su dai, allora non la tieni”. L’assessore provinciale Chirstian Bianchi (Forza Italia) in un primo commento parla di un “grave atto nei confronti di tutti gli italiani di Merano da parte della neo sindaca di Merano Zeller. Tutti i meranesi di lingua italiana di Merano che l’hanno votata, spero si rendano conto della considerazione che lei ha nei loro confronti. Possiamo solo immaginare quale sarà l’attenzione nei loro confronti durante il suo mandato”. “Solidarietà e vicinanza all’ex Sindaco Dal Medico, costretto ad assistere ad una successione certamente poco degna per una città così importante”, conclude Bianchi. “Credo che Katharina Zeller avesse in mente qualcosa che nulla aveva a che fare con la fascia, abbia agito senza pensarci e semplicemente non si è resa conto che avrebbe urtato delle legittime sensibilità. Non dimentichiamo che i sindaci Svp, in genere, come dice anche lei, prediligono come simbolo della loro carica il medaglione con lo stemma del Comune, simbolo ufficiale previsto dalla normativa regionale sugli Enti Locali, e sono quindi poco abituati alla fascia”. Lo afferma il senatore Pd ed ex sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli che si era insediato esattamente 15 anni fa, il 19 maggio del 2010. “Il gesto – aggiunge – è stato un errore, ma escludo che vi sia stata volontà di vilipendio del Tricolore. Semplicemente, quando si diventa sindaci, una ridda di pensieri si accumula nella testa e può succedere di fare qualcosa di sbagliato. Ricordo in ogni caso che il sottoscritto si era dato una regola chiara: negli eventi in cui svolgevo la funzione di sindaco ufficiale di Governo, cerimonie, incontri ufficiali ecc., sempre fascia tricolore; alle feste organizzate nei Comuni, in cui rappresentavo la comunità di Bolzano ma non lo Stato, il medaglione; in tutti i casi dubbi, sia la fascia che il medaglione. Non ricordo polemiche”, conclude Spagnolli. Guarda le immagini TGR Bolzano (VIDEO)