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Aumentano i fallimenti in Veneto: +11%, 35 al giorno

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Tra le cause anche l’utilizzo spregiudicato del concordato

fallimento

Venezia – “Quanto Unioncamere ha fotografato nel suo ultimo studio sullo stato di salute delle imprese italiane conferma quanto vado ripetendo da mesi. Non soltanto il Veneto si colloca ai primi posti nazionali per l’aumento dei fallimenti (ben l’11,5% per cento in più rispetto al 2012), ma la crisi è aggravata sia dall’impossibilità di immettere liquidità nel sistema per il sequestro dei soldi dei veneti che il governo ha effettuato, sia per l’utilizzo ormai criminale del concordato preventivo”.

E’ il commento del Presidente del Veneto, Luca Zaia, alle anticipazioni su uno studio di Unioncamere che parla di un andamento di 35 fallimenti al giorno, tre ogni due ore. Effetto non soltanto di una crisi dei consumi e di un aumento dei costi della produzione, ma anche – dice Unioncamere – di un meccanismo che vede le imprese morire per crediti non riscossi da altre aziende e dell’utilizzo spregiudicato del concordato, il ricorso al quale è salito del 67,7 per cento.

“E’ vero che la Pubblica amministrazione onora tardi e male i suoi debiti, ma è altrettanto vero che quanto lamentano con me tanti imprenditori è reale: con la scusa della crisi, imprenditori senza scrupoli non onorano più i debiti verso altri imprenditori – riprende Zaia – A questo si aggiunga il ricorso selvaggio al concordato preventivo che da istituto creato per trovare un accordo in momento di difficoltà si è trasformato in una occasione di business. Si apre una attività, si contraggono debiti con artigiani e fornitori, poi con la scusa delle crisi si comunica che non si è in grado di pagare più del 10-15 per cento di quanto pattuito. E in un momento di crisi molti accettano. Insomma, qui c’è chi non paga il conto. O, per meglio dire, il conto lo pagano sempre i soliti onesti”.

“Qui nel Nord-Est l’impresa muore. E se muove l’impresa muore il lavoro, muore la comunità locale, si disgregano valori e certezze – conclude Zaia – Se ne può uscire soltanto con una cura da cavallo che non può più essere rimandata: liberare subito i soldi “veri” (1 miliardo 300 milioni) del Veneto che il governo ha sequestrato in tesoreria con la scusa del patto di stabilità per continuare a garantire le regioni sprecone; applicare subito costi e fabbisogni standard (quelli che già applichiamo nel Veneto) a tutte le Regioni e a tutta la pubblica amministrazione. Si libereranno dal giorno alla notte 30 miliardi da destinare ad aiuti alle produzioni e al lavoro. E, infine, arrivare rapidamente al federalismo fiscale che consenta ai veneti di gestirsi il saldo fiscale attivo di 18 miliardi che ora va a sostenere chi spende e spande. La concorrenza fiscale e burocratica dei territori limitrofi pesa come un macigno: a un’ora e mezza da Venezia, in Carinzia, le imprese trovano un regime fiscale al 25 per cento contro il nostro 68 per cento, oltre a una burocrazia snellissima rispetto al nostro ufficio complicazioni affari semplici che ti fa fallire ancor prima di cominciare l’attività. Così non si può andare avanti”.

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