Sono attualmente oltre 1600 le lavoratrici e i lavoratori cui la Provincia autonoma di Trento garantisce un’occupazione attraverso un modello innovativo di lavori socialmente utili – quello che da sempre chiamiamo Progettone – di cui 1200 assunti con contratto a tempo indeterminato
>Le interviste
intervista ministro Poletti
intervista vicepresidente Olivi
intervista presidente Inps Boeri
Trento – Dal 1990 ad oggi circa 8000 lavoratori disoccupati sono stati assistiti da questo strumento e 3500 sono stati portati fino alla pensione. Ma i numeri da soli non bastano a restituire appieno il valore di un’esperienza avviata 25 anni fa per dare una risposta concreta alle crisi di allora, offrendo un lavoro, e quindi un inserimento attivo nella Comunità, ad alcune fasce deboli di cittadini che per motivi diversi lo avevano perso, in particolare quelli più vicini alla pensione. Oggi, nella sede della ex-Whirlpoool, a Spini di Gardolo, l’evento del venticinquennale, con oltre 1000 presenze fra cui molti ex-lavoratori. Fra le presenze istituzionali, il presidente Ugo Rossi, il vicepresidente Alessandro Olivi e due ospiti d’eccezione, il ministro del lavoro e politiche sociali Giuliano Poletti e il presidente dell’Inps Tito Boeri. “Il Progettone cambia nel tempo – ha sottolineato il primo, riprendendo il ragionamento sviluppato poco prima da Olivi – ed è bene che sia così, è bene che voi vi interroghiate per capire in cosa è possibile cambiare. Fino ad oggi ha portato tante persone alla pensione, in futuro dovrà essere sempre più uno strumento ‘ponte’ da un lavoro ad un altro lavoro. Dobbiamo dire sì ai cambiamenti ed abituarci a considerarli parte della normalità, non emergenze”.
Per Boeri, “il Progettone ha rappresentato forse l’esempio più avanzato in Italia di collaborazione fra Inps e un ente locale. Se si generalizzasse un’esperienza di questo tipo, ne deriverebbe un messaggio importante: le persone che hanno bisogno di aiuto non devono rivolgersi a santi in paradiso o a potentati locali, se ne hanno diritto, ovvero se in possesso di certe caratteristiche, verificabili anche consultando le banche dati dell’Inps. Ciò può essere normale dove esistono amministrazioni che funzionano, come qui, ma non lo è in altre parti del Paese”.
Un evento d’eccezione, dunque, quello di oggi, in un luogo anch’esso d’eccezione, perché carico di memorie, un luogo che, è stato detto, verrà a breve reindustrializzato, e dove quindi si comincerà di nuovo a lavorare, dopo il precipitoso abbandono della Whirlpool dell’estate 2013.
Ad aprire i discorsi, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, che ha sottolineato il ruolo avuto dal Progettone nella valorizzazione del capitale umano, in particolare quello composto dai lavoratori e dalle lavoratrici ultracinquantenni
“Più di 8000 persone sono state prese in carico da questo strumento – ha detto a sua volta Rossi – . Un bell’esempio di come il Trentino abbia saputo mettere assieme solidarietà e sviluppo. Io stesso in passato come presidente di una cooperativa ho fatto esperienza con il Progettone. Oggi il Trentino è alle prese di nuovo con le stesse sfide: coniugare sviluppo, competitività e coesione sociale. Se lavoreremo con la stessa costanza e attenzione che abbiamo garantito in questi 25 anni, anche i prossimi 25 saranno positivi”.
Enzo Coppola, dirigente del Servizio provinciale per il Sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale, a cui il Progettone fa capo, ha tracciato la storia di questo strumento, a partire dalla metà degli anni 80. Il Trentino all’epoca attraversava una fase difficile. Le chiusure della Grundig di Rovereto e di altre grandi fabbriche come Laverda, Samatec e Michelin produssero centinaia di disoccupati. Nel luglio 1985 ci fu inoltre la tragedia di Stava. Inizialmente il Progettone nacque per dare ai lavoratori disoccupati attività sostitutive sul piano del recupero ambientale. In seguito la gamma dei lavori si è via via allargata a lavori di custodia, di servizio alla persona, di gestione di servizi bibliotecari e museali e quant’altro, accogliendo quindi un numero crescente di donne. Oggi il 61% delle persone coinvolte nel Progettone sono lavoratori, il 39% lavoratrici. Il 68% dei lavoratori è impiegato in attività di servizio e 32% nelle attività per la cura del verde. Molte attività – pensiamo alle ciclabili – hanno generato anche delle ricadute esterne, con il coinvolgimento di piccole imprese locali nella realizzazione delle opere. “Il Progettone non è dunque sinonimo di assistenzialismo”, ha ribadito Coppola, snocciolando alcune altre cifre: nel 2015 gli interventi del Progettone hanno interessato 150 Comuni, 200 enti. 175 cantieri aperti nel verde, 450 chilometri di piste ciclabili gestiti, ed ancora, le aree di sosta, i parchi, gli eventi, i beni architettonici e culturali minori: tutto questo ha generato ricadute positive per la qualità della vita dei residenti ma anche nel turismo. Recuperare la dignità del lavoratore, mettere al centro la persona, è stata però la cosa più importante. Il partner fondamentale di tutto questo, la cooperazione, che ci ha creduto fortemente, assieme ai sindacati e alle istituzioni.
Ed ancora: sul palco si sono succeduti Marina Castaldo, vicepresidente della Federazione trentina della cooperazione, per la quale “la scommessa, fra la fine degli anni 70 e i primi anni 80, fu quella di trasformare una criticità in una opportunità, dando vita ad uno degli elementi fondamentali delle politiche attive e del lavoro che il Trentino abbia saputo costruire”, e Franco Ianeselli, segretario generale della Cgil, che ha ricordato come “con l’Agenzia del lavoro, con il Progettone, nacque l’idea di trovare delle soluzioni condivise alle crisi industriali e occupazionali. Oggi si parla molto di dialogo sociale, di tavoli, con alterne fortune. Noi in Trentino diciamo: guardiamo ai risultati che tutto questo ha prodotto in Trentino, in termini di coesione sociale. Ciò non toglie che questo strumento vada rivisto, alla luce dei sempre maggiori bisogni che deve affrontare”.
Stefano Endrizzi, sindaco di Ronzone, ha presentato l’esperienza con il Progettone di un ente locale, mentre Davide Riondino ha portato sul palco un po’ di sana verve teatrale, prima degli interventi più attesi. Il primo, quello del presidente dell’Inps Tito Boeri, per il quale “già il fatto che il Progettone sia durato 25 anni è prova della sua bontà. Ma sono due le caratteristiche fondamentali dell’esperienza: il fatto di essersi rivolta a lavoratori disoccupati in una fascia d’età critica (over 55), dove solitamente il reimpiego risulta molto difficile (avviene circa nel 10% dei casi); la seconda, l’avere rappresentato forse l’esempio più avanzato in Italia di collaborazione fra Inps e un ente locale. Se si generalizzasse un’esperienza di questo tipo, ne deriverebbe un messaggio importante: le persone che hanno bisogno di aiuto non devono rivolgersi a santi in paradiso se ne hanno diritto, ovvero se in possesso di certe caratteristiche, verificabili anche consultando le banche dati dell’Inps. Forse la cosa sembra meno importante in posti come il Trentino, dove vi sono amministrazioni pubbliche che funzionano, ma altrove assume un suo peso. Il Trentino può essere però un esempio per il Paese ed un terreno di sperimentazione anche in un altro settore: nel rapporto fra politiche attive e passive del lavoro, rapporto che deve essere strettissimo”.
Il vicepresidente Olivi, anche nella sua veste di assessore allo sviluppo economico e lavoro, ha esordito dicendo che è ora di dire un “basta molto chiaro all’idea che chi va nel Progettone ci va per non fare niente. Il Progettone è un luogo dove uomini e donne lavorano, si guadagnano lo stipendio. Senza il Progettone il Trentino sarebbe più povero socialmente ma anche sul piano della qualità del territorio”.
Lo sguardo, però, anche in questo 25esimo compleanno, non può non andare al futuro. E anche su questo versante Olivi è stato chiaro: “Il Progettone sarà sempre meno il luogo dove si approda fino alla pensione. Certo, questa rimane una funzione irrinunciabile per i segmenti più deboli del mercato del lavoro. Ma noi vorremmo anche puntare ad un obiettivo più importante, cioè a fare del Progettone un momento di transizione, di passaggio da una fase della propria vita lavorativa ad un altro. Dobbiamo creare una strumentazione affinché uomini e donne che entrano nel Progettone siano anche aiutati a ritornare nel mercato del lavoro.In questo sforzo dovremo coinvolgere sempre di più le aziende, la cooperazione, gli stessi lavoratori. Fin dal 2016, quindi, i lavoratori che entreranno nel Progettone saranno accompagnati dall’Agenzia del lavoro lungo un percorso di riqualificazione, per essere aiutati a trovare un nuovo impiego”.
Olivi ha delineato il profilo di un Trentino aperto, che mette esperienze come quella dell’Agenzia del lavoro a disposizione del resto del paese, “perché non credo che i lavoratori disoccupati del Trentino siano diversi dai lavoratori disoccupati del resto d’Italia”. In chiusura del suo intervento, un’illustrazione generale degli strumenti di welfare adottati dal Trentino, compreso il reddito di garanzia, l’equivalente del reddito di cittadinanza che si sta discutendo nel resto dell’Italia (il Trentino è l’unica regione ad avere adottato uno strumento del genere, che lo allinea alle esperienze più avanzate dell’Europa del Nord).
Molte dunque le suggestioni, e molti gli stimoli, che il ministro Poletti ha prontamente ripreso e commentato. ” Non dobbiamo più pensare ai problemi e ai cambiamenti solo come a delle emergenze – ha detto – . Il Progettone cambia nel tempo, voi vi interrogate per capire in cosa è possibile cambiare, in meglio, e questo è positivo. Il Progettone ha portato tante persone alla pensione, in futuro dovrà essere uno strumento ‘ponte’ da un lavoro a un altro lavoro. La nostra vita è fatta di elementi materiali, fisici, economici. Come diceva mio padre: ci vuole un bel coraggio ad essere felici. Questo progetto fa una cosa importantissima: combatte cioè la condanna peggiore, l’idea di essere inutile a sé e agli altri. Perché questo è il dato che si produce in chi non ha un lavoro, non ha un’opportunità. Perciò la valorizzazione della persona è tanto importante e deve essere presente in tutte le politiche di welfare.
Grazie per avere risolto tanti problemi in Trentino. Qui si sono elaborate risposte positive che possiamo cercare di estendere anche ad altre realtà. Anche fuori di qui ci sono i lavoro socialmente utili. Ma in certi contesti li abbiamo messi a punto per ragazzi di 20 anni. È una sciocchezza. A un ragazzo di 20 anni dobbiamo dare la possibilità di costruirsi un mestiere, un futuro. Invece, ci sono altri percorsi innovativi possibili, che possiamo mettere a punto. Ad esempio, il part time per i lavoratori che si avvicinano alla pensione. Ci vuole coerenza fra vita e lavoro. Veniamo da un’epoca in cui la vita era modellata in funzione dell’organizzazione del lavoro. Oggi si stanno producendo le condizioni per riconnettere in maniera più felice la relazione fra vita e lavoro. Lavoreremo di più perché vivremo di più: abbiamo bisogno quindi costruire un sistema più ragionevole. È giusto che uno arrivi fino all’ultimo giorno di lavoro con 38 ore settimanali di lavoro e poi, dal primo giorno di pensione, zero? Non sarebbe meglio un passaggio più graduale?”.
Infine, da Poletti, uno sguardo al futuro del Paese. “Dobbiamo continuare a lavorare affinché l’Italia rimanga un grande paese manifatturiero. E’ l’impresa che deve produrre nuovo lavoro e nuova crescita. Quando lo stato si è messo a fare panettoni non erano tanto buoni. Ognuno faccia la sua parte. Come qui, in un’alleanza fra tanti soggetti diversi. In un anno e mezzo abbiamo chiuso 50 tavoli di crisi nazionali, e mi sento di dire che attorno a quei tavoli abbiamo trovato sensibilità e attenzione, da parte di sindacati, enti pubblici, imprenditori. Questo è il futuro del paese: fare coagire tutti questi soggetti in termini positivi. Voi avete dimostrato che è possibile”.
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