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Metodi mafiosi e armi illegali, due trentini in carcere

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Procuratore: “Persone estremamente pericolose”


Trento – Tentata estorsione commessa con metodo mafioso, porto abusivo di armi e incendio doloso. Sono questi, al momento, i reati contestati a due trentini, un 60enne pluripregiudicato originario della val di Sole ed un56enne della val di Non. I due avrebbero messo una testa di pecora mozzata fuori dall’abitazione di una famiglia di imprenditori ortofrutticoli della Val di Sole. Inoltre, secondo le indagini, sarebbero anche i responsabili dell’incendio che ha distrutto il Bicigrill di Pellizzano il 6 giugno scorso. I due, trovati in possesso di armi semiautomatiche con matricola abrasa e considerati particolarmente pericolosi, si trovano attualmente in stato di fermo nel carcere di Trento.

Le indagini, svolte dai carabinieri di Trento e di Cles e coordinate dal procuratore capo, Sandro Raimondi, e dal sostituto, Davide Ognibene, sono partite subito dopo il ritrovamento della testa di ovino fuori dalla casa di un imprenditore di Dimaro nella notte tra il 15 e il 16 giugno 2023. Il macabro messaggio era corredato da un biglietto insanguinato sul quale, in un perfetto dialetto calabrese, era scritto: “Questo te lo manda la famiglia che non scorda l’infamata. La prossima volta manderemo la testa di tuo figlio”.

Inizialmente gli inquirenti hanno indagato a 360 gradi, anche su possibili collegamenti con la criminalità organizzata. A quanto appurato in seguito, pare si sia trattato invece di un tentativo di intimidazione per estorcere 150.000 euro in ragione di un passaggio di proprietà di un maso, avvenuto legittimamente, tra la famiglia d’origine del 60enne fermato dai carabinieri e l’imprenditore solandro. Per quanto riguarda l’incendio del Bicigrill, invece, sono ancora in corso gli approfondimenti sul movente. “Sono state indagini non facili e articolate, che hanno richiesto l’impiego sei tecnologie sofisticate e dell’intuito degli investigatori e che hanno portato all’individuazione di due persone estremamente pericolose. L’età in questo caso è un dato significativo, perché mostra due uomini che hanno preso una direzione criminale precisa e hanno cercato i mezzi per perseguirla. Nelle intercettazione è emersa anche la volontà di resistere ad un’eventuale arresto con le armi e di scappare poi all’estero”, ha spiegato in conferenza stampa il procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi.

“Ci troviamo di fronte a soggetti di elevata pericolosità sociale, che giravano armati con fare intimidatorio e particolarmente aggressivo. È la prima volta che succedono dei fatti simili in Trentino. Per questo abbiamo pensato inizialmente a una rete più ampia”. Così, in conferenza stampa, il comandante dei carabinieri del Trentino, Matteo Ederle, in riferimento ai due trentini arrestati per tentata estorsione commessa con metodo mafioso, porto abusivo di armi e incendio doloso.

“Nel corso delle intercettazioni, abbiamo appurato che parlavano addirittura di un sequestro di persona per ottenere un riscatto, assieme alla volontà di procurarsi armi da guerra e di rifarsi una vita in Spagna per sottrarsi all’eventuale arresto. Inizialmente abbiamo pensato che ci fosse una realtà più ampia. L’intuizione e il collegamento con l’incendio al Bicigrill è stata possibile grazie al controllo delle pattuglie sul territorio, che hanno invidiato il 56enne, ritenuto il braccio operativo, sul luogo del delitto”, ha aggiunto Ederle.

Nel corso dell’indagine, i carabinieri del nucleo investigativo di Trento hanno passato al vaglio oltre 63mila conversazioni intercettate, sia telefoniche, che telematiche e ambientali. Numerosi anche i testimoni sentiti nel corso dell’indagine. “Riteniamo che il 60enne solandro fosse il mandante e il 56enne della Val di Non l’esecutore. Tra i progetti che i due contavano di realizzare, oltre al sequestro di una persona in Toscana, vi era anche la gambizzazione di una terza vittima. Questi due elementi hanno portato a un’accelerazione significativa dell’operazione”, ha precisato il tenente colonnello, Michele Capurso.

“Si tratta di eventi che hanno creato un forte allarme sociale e che hanno richiesto un’attenzione particolare. Fondamentale nell’indagine è stata la reazione delle vittime, che non hanno taciuto e si sono subito affidate alle forze dell’ordine, e del presidio del territorio delle pattuglia. Proprio grazie all’attenzione di due giovani militari si è potuto ricostruire i movimenti del 56enne e collegare l’incendio del Bicigrill, le cui motivazioni non sono ancora note”, ha concluso il comandante dei carabinieri di Cles, Guido Quatrale.

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