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Strada Brocon sp79 chiusa da mesi sul versante Vanoi per frana, operai Impianti: “Non vogliamo vergognarci di essere trentini”

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Dopo le molte segnalazioni da parte dei residenti del Vanoi, ora arriva una lettera degli operai impegnati sulle piste del Brocon che chiedono interventi urgenti per risolvere una situazione che si protrae da settembre, ferma restando la sicurezza per chi vi transita. Sciatori e tursti sono costretti ad una lunga deviazione via strada della Roa nel vicino bellunese

A piedi con lo zaino spalla, per raggiungere una delle zone interdette al traffico sulla sp79. Una scena che si ripete molto spesso in queste settimane nel Vanoi. In basso i notevoli cedimenti della strada del Brocon (lato Vanoi). Una situazione simile si era verificata anche a San Martino di Castrozza dopo Vaia, ma in quel caso la soluzione è stata trovata in tempi record.

Canal San Bovo/Tesino (Trento) – Pubblichiamo la lettera aperta degli operai impegnati sugli impianti del passo Brocon, costretti a pesanti disagi a causa della chiusura della strada. Ma si aggiungono in queste ore alla protesta anche maestri di sci, dipendenti amministrativi e i molti fornitori che arrivano dal Primiero/Vanoi costretti alla deviazione stradale da mesi via bellunese per arrivare alle funivie Lagorai.

“Sono cinque mesi che stiamo zitti – scrivono in una nota molto critica gli operai – e questo è il risultato, non vogliamo vergognarci di essere trentini, ma questa vicenda è stata trattata da terzo mondo, con tutto il rispetto per il terzo mondo”.

Nei giorni scorsi, dopo l’interrogazione sul passo Gobbera era intervenuto anche il consigliere provinciale Filippo Degasperi (M5S) sul caso del Brocon, per chiedere informazioni ala Provincia, consultabile a questo link (pdf).

Operai amareggiati

A firmare la lettera aperta diffusa in questi giorni, sono nove addetti del Primiero/Vanoi che ogni giorno si recano sul Brocon: oltre al caposervizio Fabio Brunet, anche Erwin Debertolis, Fernando Loss, Germano Cemin, Domenico Franceschinel, Alberto Segat, Michele Cemin, Davide Verga e Mirko Bernardin.

La lettera aperta

“La strada è stata chiusa dal 16 settembre – ricordano gli operai – appena sopra l’abitato di Ronco, comune di Canal San Bovo e doveva rimanere chiusa fino al 15 dicembre per permettere di eseguire i lavori boschivi in seguito alla famosa tempesta vaia. Durante tali lavori la strada è stata sottoposta a dei carichi eccessivi per cui era stata progettata e già prima delle forti piogge di metà novembre dava segni di cedimento del manto.

Ovviamente le forti piogge su più giorni di metà novembre hanno dato il colpo di grazia facendo cedere il manto stradale dal km 16+900 al km 17+200 che è calato di circa 40 cm, questo il 17 novembre. Da allora la strada è ufficialmente chiusa, ma tutti gli operai – continua la lettera – con cantieri sia edili sai boschivi nella zona soprastante hanno continuato ad andare avanti indietro dopo che qualcuno aveva messo del materiale su i due punti di dislivello del manto stradale in modo da agevolare il passaggio di vari mezzi, quelli pesanti compresi e noi eravamo tra i pochi ad utilizzare due autovetture, una sotto e una sopra la frana.

Improvvisamente, con le festività natalizie, quando i cantieri si sono fermati, qualcuno (Provincia? Comune?) si è posto il problema della sicurezza e ha deciso di mettere una sbarra legata con dei cordini a due pozzetti di cemento, così da vietare effettivamente il passaggio di mezzi tipo jeep, pickup o suv .

Noi ci siamo posti una domanda: il problema sicurezza esiste solo per i dipendenti delle Funivie Lagorai, maestri di sci, clienti e tutte quelle persone che gravitano intorno alla stazione e provengono da quella parte?

Poi è successo un tristissimo fatto : il 29 dicembre in località Ronco Busini, poco al disopra della frana, di notte un bimbo di 2 mesi è stato soccorso in gravi condizioni. E’ intervenuto l’elicottero e quindi i soccorritori sono stati verricellati direttamente sul posto, ma per il supporto via terra sono intervenuti vari mezzi in emergenza rompendo di fatto la sbarra. Probabilmente non sarebbe cambiato niente ma il fatto è comunque increscioso.

Così – continuano nella lettera gli operai – riparte la ‘sagra dei mezzi pesanti’ avanti ed indietro e ci vien da dire, loro si e noi no. E le ditte boschive ritornano dopo aver abbandonato tutto a metà novembre (ma non dovevano finire per il 15 dicembre? Non sono bastati tre mesi di chiusura…

Noi siamo convinti – continua la missiva – che in tutto il periodo natalizio visto che nessun lavoro di ripristino era partito, si sarebbe potuto tranquillamente istituire un senso unico alternato per i mezzi leggeri, ma purtroppo la nostra impressione è che la volontà politica di zona fosse quella di non consentire in alcun modo il transito, aldilà di ogni possibile scusa dettata dalla parola “sicurezza” e non dal buon senso.

Finalmente a metà gennaio partono i lavori di ripristino, iniziano con i fori dei micropali, ma anche qui l’impressione nostra, che passiamo tutti i giorni a piedi per il cantiere, è che la volontà di darsi da fare velocemente per ripristinare la viabilità proprio non ci sia e tutto procede a rilento.

Il sabato e la domenica la ditta non lavora, la strada rimane libera ma comunque chiusa e noi ribadiamo il fatto che sarebbe possibilissimo istituire un senso unico alternato, ma l’amministrazione pubblica ci conferma la priorità della sicurezza…

Arriviamo così al weekend scorso, precisamente domenica mattina 9 febbraio, alle 6:30 quando troviamo un appostamento della forestale che ci aspetta non a valle del cantiere, ma a monte con la precisa volontà di dare un avvertimento a tutti noi lavoratori, che ci spostiamo per guadagnarci uno stipendio e non per bracconaggio o qualsiasi altro tipo di attività illecita.

Fermo restando che formalmente transitando sul cantiere noi eravamo in torto, ribadiamo, è nostra profonda convinzione, che ci sia un forte boicottaggio nei nostri confronti e che ci sia veramente poca volontà di risistemare celermente la strada.

Sono 5 mesi che stiamo zitti e questo è il risultato, non vogliamo vergognarci di essere trentini, ma questa vicenda è stata trattata da terzo mondo, con tutto il rispetto per il terzo mondo”.

Gli addetti delle Funivie Lagorai – Passo Brocon (Trento)

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