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Rovereto, Buon 20° anniversario Mart con “Giotto e il Novecento” (VIDEO)

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“Giotto e il Novecento” è la mostra che celebra i primi vent’anni del Mart di Rovereto, inaugurato il 15 dicembre 2002. Duecento opere di cui una cinquantina provenienti dal proprio patrimonio museale segnano l’eredità di Giotto nell’arte degli artisti moderni e contemporanei. Da Carlo Carrà a James Turrell, passando per Sironi, Martini, Fontana, Matisse, Klein, Rothko. Alla ricerca della grande lezione giottesca: la rivelazione del trascendente e la capacità di dare forma all’invisibile

[ Mart Museum in Rovereto – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto ]

 

di GianAngelo Pistoia

Rovereto – Realizzato nel 2002 dall’archistar Mario Botta, il Mart è la prima architettura contemporanea italiana pensata per essere un museo. Il vero cuore del progetto è la piazza circolare con l’iconica cupola in acciaio e vetro, diventata il simbolo stesso di Rovereto. Concepita come luogo delle relazioni e dei saperi la piazza è animata, oltre che dal museo, da un importante auditorium, dalla biblioteca civica e dal bistrot dello chef stellato Alfio Ghezzi, nel quale l’esperienza culinaria incontra il design italiano del XX secolo.

Il patrimonio di un museo d’arte ne rappresenta l’identità e ne racconta la storia. Il Mart conserva, tutela e valorizza circa ventimila opere d’arte che attraversano quasi due secoli di storia, dall’Ottocento ai giorni nostri con particolare attenzione alle vicende italiane. I maggiori capolavori sono esposti a rotazione e molte delle opere del Mart vengono concesse in prestito a importanti musei e istituzioni culturali con cui il Mart collabora.

L’attuale percorso lascia senza fiato, attraverso dipinti e sculture del primo Novecento realizzate da grandi maestri come Fortunato Depero, Giorgio de Chirico, Umberto Boccioni, Felice Casorati, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini, Luigi Russolo, Luigi Bonazza. Il Mart organizza ogni anno decine di mostre nelle sue quattro sedi: a Rovereto il Museo di Botta e la Casa d’Arte Futurista Depero, a Trento la Galleria Civica e il Palazzo delle Albere. Si va dalle grandi rassegne tematiche alle retrospettive su singoli artisti o periodi, dalle mostre di ricerca ai focus di approfondimento sul patrimonio museale. L’attuale progetto culturale ruota intorno alla relazione tra antico e contemporaneo: alla ricerca delle connessioni tra la storia, i grandi classici e i linguaggi del XX secolo, il Mart pone a confronto epoche distanti, offrendo nuove stratificate letture.

[ Mart Museum in Rovereto – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto ]
La struttura stessa del museo celebra le forme classiche del Pantheon, rievocato nelle forme e nelle proporzioni della cupola, e dell’impluvium romano che caratterizza la fontana posta sotto la cupola stessa. La proposta espositiva basata su confronti e parallelismi è una delle cifre stilistiche riconosciute al museo di Rovereto che già nel 2013 proponeva una straordinaria mostra su Antonello da Messina, a cura degli studiosi Ferdinando Bologna e Federico De Melis. Per l’occasione, le opere del maestro quattrocentesco venivano messe a confronto con la ritrattistica contemporanea, raccolta in un progetto curato dal filosofo francese Jean-Luc Nancy.

In tempi più recenti, l’eclettico Vittorio Sgarbi ha rinnovato questa felice intuizione. Il palinsesto del Mart attraversa i secoli, i maestri classici e moderni dialogano tra loro e con le opere di una collezione pubblica tra le più ricche d’Europa. Negli ultimi anni si sono susseguite: “Caravaggio. Il contemporaneo” nel 2020, “Picasso, de Chirico, Dalí. Dialogo con Raffaello” e “Botticelli. Il suo tempo. E il nostro tempo” nel 2021, “Canova tra innocenza e peccato” la scorsa primavera.
Inaugurata il 6 dicembre ed aperta fino al 19 marzo 2023, quest’inverno è la volta della mostra“ Giotto e il Novecento”. L’interessante esposizione – scaturita da un’idea di Vittorio Sgarbi ed a cura di Alessandra Tiddia – è realizzata dal Mart di Rovereto in collaborazione con la ripartizione Musei Civici dell’Assessorato alla cultura del Comune di Padova.

[ Vittorio Sgarbi, president of Mart (video) – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto ]

È un’esposizione solenne e necessaria quella che il Mart dedica all’insegnamento di Giotto, il maestro che rivoluzionò la pittura medievale e che, secondo gli storici dell’arte, inaugurò l’era moderna. Se la strada per “Giotto e il Novecento” è stata aperta in anni recenti da diversi significativi studi – come il catalogo della mostra curata nel 2009 da Stefan Weppelmann e Gerhard Wolf dedicata al confronto fra Rothko e Giotto al Kunsthistorisches Institut Max Planck di Firenze e il saggio pubblicato nel 2012 da Alessandro Del Puppo su Giotto, Rimbaud, Paolo Uccello in relazione a Carrà – la mostra non poteva non realizzarsi al Mart di Rovereto la cui collezione permanente annovera decine di capolavori inequivocabilmente influenzati dall’attività di Giotto e la cui attività ruota intorno al confronto tra antico e moderno.

La mostra si apre con una grande installazione immersiva che riproduce la Cappella degli Scrovegni di Padova, il capolavoro assoluto di Giotto. Una sofisticata videoproiezione – costruita partendo dalle immagini ad altissima risoluzione realizzate dall’Università di Padova e messe a disposizione dai Musei Civici patavini – “trasporta” virtualmente i visitatori e le visitatrici del Mart all’interno del famosissimo ciclo di affreschi del XIV secolo, dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO. Fondamentale, a questo proposito, la preziosa collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Padova.

[ Immersive video projection of the Scrovegni Chapel – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto ]
Come spiega la curatrice Alessandra Tiddia: «la fortuna critica e visiva di Giotto, proseguita dal Trecento fino a noi, ha avuto un momento eclatante nell’Ottocento quando l’attenzione verso questo artista aveva assunto una valenza quasi mitica, complice l’enfasi posta su alcuni episodi della vita di Giotto, come quello celeberrimo dell’incontro fra Giotto e Cimabue, divenuto un soggetto caro alla pittura di storia in Accademia e un esempio di narrazione romantica.

Fu il clima antiaccademico delle avanguardie artistiche a favorire l’allontanamento dall’aneddotica esemplare della vicenda giottesca, e a far volgere l’attenzione degli artisti del nuovo secolo sulle modalità lessicali, formali, alla ricerca di una nuova espressività, di una nuova lingua. In un clima ancora futurista e avanguardista, nel 1916, Carlo Carrà pubblica sulle pagine della rivista “La Voce” un testo inatteso, “La Parlata su Giotto”, aprendo la sua ricerca allo studio di questo artista, che poi riprenderà nella monografia del 1924, edita dalla rivista “Valori Plastici”. La pittura di “quel massiccio visionario trecentista” è dunque nuovamente rivelazione per Carlo Carrà. Nell’arte di Giotto la sintesi fra plasticismo e colore, così attuale e vicina alla sensibilità contemporanea, assume una valenza mistica, universale, perenne, che attrae molti artisti del Novecento, specie quelli usciti dall’esperienza dell’avanguardia futurista, come lo stesso Carrà, ma anche Gino Severini o Fortunato Depero, che conserva fra le sue carte d’archivio una foto Alinari con la raffigurazione del Giudizio Universale agli Scrovegni di Padova.

[ “Piazza d’Italia. Pomeriggio d’Arianna” by Giorgio de Chirico – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / “I costruttori” by Massimo Campigli – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / Collezione VAF-Stiftung ]
Ma anche per Mario Sironi e Arturo Martini che elaborano, a livello rispettivamente pittorico e plastico, un linguaggio espressivo che rimedita le figure e le atmosfere giottesche, mentre Casorati le studia attentamente anche dal punto di vista cromatico, come rivelano i suoi appunti sulle cartoline degli Scrovegni conservate nell’Archivio Casorati e pure de Chirico è affascinato dalla concezione dello spazio nelle raffigurazione giottesche, anche di quel vuoto, oggi possiamo dire pre-metafisico, che costruisce e contribuisce alla narrazione pittorica degli affreschi giotteschi. Oltre Oceano, ritroviamo Giotto fra le passioni di uno dei massimi esponenti dell’Astrazione come Rothko, come anche nell’ammirazione coltivata dal maestro del Realismo Americano, ovvero Eduard Hopper, per il quale “l’arte che racchiude una verità fondamentale è sempre moderna.

Per questo Giotto è moderno come Cézanne”. Per Hopper tutta l’arte, anche quella del passato, è “sempre moderna” perché ha qualcosa da dire a chi vive nel presente, è contemporanea all’esperienza dell’osservatore non perché accade ora ma perché racchiude la verità. Il fascino esercitato da Giotto fu fondamentale anche per un altro dei protagonisti della contemporaneità, inventore di quel blu che prende il suo nome proprio a partire dalla rivelazione avvenuta al cospetto di alcuni pannelli monocromi nell’abside di sinistra della Basilica inferiore, all’interno della Basilica di San Francesco di Assisi, ovvero quella dedicata a San Giovanni Battista: Yves Klein ne fu molto impressionato al punto da avviare la sua ricerca esistenziale e artistica nella direzione della monocromia blu. La mostra intende farsi racconto di queste storie e ragioni, in un itinerario che, partendo da Carrà giunge sino a noi, seguendo le tracce della grande lezione giottesca, ovvero la rivelazione del trascendente che rende visibile ai nostri occhi e alle nostre sensibilità l’invisibile».

La ricostruzione digitale della Cappella degli Scrovegni di Padova, basata su immagini in altissima risoluzione realizzate dall’università patavina e messe a disposizione dai Musei Civici, costituisce l’incipit della mostra “Giotto e il Novecento”, un percorso che indaga la grande fortuna critica del maestro toscano nell’arte moderna e contemporanea. «Nei primi anni del Trecento, Giotto di Bondone (Colle di Vespignano, 1267 circa – Firenze, 1337) è chiamato a Padova ad affrescare la cappella privata della famiglia Scrovegni, dove realizza uno dei suoi maggiori capolavori: un ciclo di pitture sacre dedicate alle storie di Maria, di Cristo e dei santi Gioacchino e Anna che si snodano su tre livelli lungo le pareti, mentre la controfacciata rappresenta il Giudizio Universale e la volta è decorata con stelle e pianeti del firmamento.

[ The Scrovegni Chapel in Padua – © courtesy of the Municipality of Padua, Culture, Tourism,
Museums and Libraries Department ]
Un’opera straordinariamente innovativa per realismo, espressività e senso dello spazio, che anticipa un linguaggio figurativo che fiorirà più di un secolo dopo – chiosa Vittorio Sgarbi e aggiunge – la notorietà di Giotto aumenta nel corso dell’Ottocento, grazie alla diffusione delle stampe e delle fotografie che riproducono gli affreschi giotteschi della Cappella degli Scrovegni e alla sua apertura al pubblico, nel 1882, dopo che la medesima era stata acquistata dal Comune di Padova.

Da allora, moltissimi artisti hanno potuto visitarla, rimanendo affascinati dal blu oltremare della volta stellata, dalle architetture e dalle figure che Giotto dipinge con un nuovo senso plastico, dall’umanità espressa dai gesti e dai volti. Nel Novecento il mito romantico di Giotto, fanciullo prodigio scoperto da Cimabue, lascia il posto a un’attenzione che si concentra sui valori formali e cromatici della sua pittura, senza dimenticare la sua intensa valenza spirituale. Attraverso sette sezioni tematiche, la mostra del Mart di Rovereto, ripercorre la storia di un intenso dialogo con l’arte del Maestro toscano, dalla “Parlata su Giotto” (1916) di Carlo Carrà alle soluzioni plastiche di Arturo Martini; dai saldi volumi delle figure dipinte da Mario Sironi e altri protagonisti della pittura murale agli spazi metafisici di Giorgio de Chirico; dalle atmosfere rurali, strettamente legate ai valori tradizionali promossi da movimenti artistici come Novecento Italiano e Valori Plastici all’astrazione internazionale del secondo dopoguerra, particolarmente interessata al ruolo del colore. In tutte queste opere possiamo rintracciare la grande lezione giottesca: la rivelazione del trascendente e la capacità di dare forma all’invisibile».

[ Exhibition “Giotto and the Twentieth Century” at the Mart – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto ]
Al Mart, varcata la virtuale “Cappella degli Scrovegni” si dischiude al visitatore un percorso che da Carrà giunge, attraverso il Novecento italiano, alle esperienze di Matisse, Rothko, Albers, Klein, per avviarsi verso la fine della mostra con l’installazione “Thyco Blue” di James Turrell, un altro portale esperienziale, che conclude il viaggio, durato più di un secolo, attraverso le suggestioni giottesche. Procediamo però per “step”. Seguendo un ordine cronologico e tematico l’esposizione prosegue tra opere di grandi autori e autrici del XX e XXI secolo accomunati dalla passione per la figura di Giotto, studiato, imitato, o preso a modello di perfezione e spiritualità. Per alcuni il richiamo è esplicito e dichiarato: è il caso, per esempio, dei grandi maestri italiani del secolo scorso che rintracciarono in Giotto il principale testimone di un’eternità alla quale guardare. Tra Metafisica, Valori Plastici e Realismo Magico, i protagonisti della prima parte della mostra sono i dipinti di Carlo Carrà, le pitture murali di Mario Sironi, le soluzioni plastiche di Arturo Martini, gli spazi sospesi di Giorgio de Chirico, ma anche gli ideali stilistici di Gino Severini, Massimo Campigli, Achille Funi, Ubaldo Oppi.

[ “Composizione TA” by Carlo Carrà – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / Collezione VAF-Stiftung
“Condottiero a cavallo” by Mario Sironi – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / Archivio Mario Sironi]
Suddivisa in sette sezioni, la mostra prosegue tra Atmosfere Rurali e Sacre Maternità nelle quali i soggetti bucolici e le figure femminili esprimono quel richiamo e quell’idealizzazione della tradizione tipica del periodo tra le due grandi guerre. Ne sono rappresentanti in mostra, tra molti altri, Albin Egger-Lienz, Ardengo Soffici, Pompeo Borra e Tullio Garbari. Il mito di Giotto non tramonta nel secondo dopoguerra, anzi influenza tanto i linguaggi figurativi, quanto il nuovo astrattismo. In mostra si incontrano i lavori di Gastone Celada e Lorenzo Bonechi, la sintesi formale e pura di Fausto Melotti, le geometrie senza tempo di Giorgio Morandi e la pittura astratta di Giorgio Griffa e di Serge Poliakoff. Nelle ultime sale, l’arte più recente non è meno debitrice alla lezione medievale di quanto lo sia quella del primo Novecento. Tanto gli europei Henri Matisse, Yves Klein e Josef Albers quanto gli statunitensi come Mark Rotko riconoscono il loro debito nei confronti di Giotto, ispiratore assoluto. In particolare, a influenzare alcuni tra gli artisti più conosciuti è il suo celebre blu. Un colore che non è più mera tinta sull’opera, ma diventa spazio ultraterreno sul quale si affacciano le tele bucate di Lucio Fontana. L’equilibrio che i contemporanei riconoscono a Giotto e ai suoi cieli è alla base anche della spazialità delle campiture sfumate di Mark Rothko o dei quadrati di Josef Albers.

Lo stratificarsi di elementi iconografici insito nello studio della storia dell’arte riconosce nell’opera di Giotto una modernità astratta, una tensione spirituale e trascendentale che rivive, per esempio, nella grande installazione immersiva di James Turrell, maestro contemporaneo della luce e dei colori e studioso della percezione. “Tycho Blue” è una stanza di puro e luminoso blu, realizzata a partire dai progetti dell’artista del 1969 e mai più riallestita. Chiudono la mostra le installazioni di due artiste, Chiara Dynys e Tacita Dean, il cui lavoro rinnova ancora una volta il dialogo con Giotto, uno dei più grandi maestri di tutti i tempi.
Nella mostra “Giotto e il Novecento”, più di duecento opere esposte segnano l’eredità di Giotto nell’arte degli artisti moderni e contemporanei: da Carlo Carrà a James Turrell, passando per Sironi, Martini, Fontana, Matisse, Klein, Rothko. Ben cinquanta sono le opere provenienti dal patrimonio del Mart, tra cui “Le figlie di Loth” di Carlo Carrà. Scelto come immagine guida della mostra, il celebre capolavoro è anche l’opera-simbolo delle collezioni museali del museo roveretano. Nel 2019 è stata riprodotta a rilievo per consentirle la fruizione anche alle persone cieche o ipovedenti.

[ “Le figlie di Loth” by Carlo Carrà – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / Collezione VAF-Stiftung “Icaro” by Henri Matisse – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / Biblioteca della Fondazione Cariparma ]
Appartengono inoltre al Mart altre due opere di Carrà, “La Carrozzella” e “Composizione TA (Natura morta metafisica)”; diverse sculture di Arturo Martini, tra cui “Il poeta Cechov”; otto opere di Mario Sironi, tra cui “L’Astronomia” e “Condottiero a cavallo”; due “Piazze di Italia” di Giorgio de Chirico; due paesaggi e due nature morte di Giorgio Morandi; due teatrini di Fausto Melotti; due “Concetto spaziale” di Lucio Fontana e “Study for Homage to the Square: Still Remembered” di Josef Albers. Infine opere di Pompeo Borra, Massimo Campigli, Achille Funi, Tullio Garbari, Giorgio Griffa, Renato Paresce, Alessandro Pandolfi, Serge Poliakoff, Mario Radice e preziosi materiali di archivio.

Oltre ai capolavori provenienti dal patrimonio del Mart, le altre opere che compongono la mostra “Giotto e il Novecento” sono state prese in prestito da alcune tra le più importanti collezioni pubbliche e private europee, archivi, fondazioni e gallerie. Tra le istituzioni: Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Musei Vaticani, Casa Museo Boschi di Stefano, Museo Revoltella, Fondazione Magnani Rocca, Fondazione Musei Civici di Venezia, Museo del Novecento di Milano, Museo del Novecento di Firenze, Panza Collection Mendrisio, Peggy Guggenheim Collection, Tiroler Landesmuseen Innsbruck e ovviamente Musei Civici di Padova.

[ “Study for Homage to the Square – Still Remembered” by Josef Albers – © courtesy of the Mart Museum “Natura morta” by Giorgio Morandi – © courtesy of the Mart Museum in Rovereto / collezione privata ]
A testimoniare la fortuna di Giotto nell’immaginario collettivo, in mostra anche una selezione di storici materiali del marchio italiano Fila che a Giotto dedica diverse linee di prodotti: album da disegno, pastelli e pennarelli prodotti tra gli anni ’30 e ’60, sulle cui confezioni campeggia l’iconica vignetta raffigurante il giovane Giotto al cospetto del maestro Cimabue.

La mostra “Giotto e il Novecento” è completata da un ricco catalogo edito da “Sagep Editori” che racchiude contributi critici di Vittorio Sgarbi, Alessandra Tiddia, Alessandro Del Puppo, Alessio Monciatti, Alexander Auf der Heyde, Daniela Ferrari, Elena Pontiggia, Federica Luser, Sergio Marinelli, Federica Millozzi, Marta Nezzo, Mauro Pratesi, Gražina Subelytė, Nico Stringa, Peter Assmann, Sergio Marinelli e Victoria Noel-Johnson. Radio Monte Carlo è media partner della mostra. L’esposizione è visitabile fino al 19 marzo 2023 al Mart di Rovereto.


Per ulteriori informazioni: www.mart.tn.it/mostre/giotto-e-il-novecento-153937

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